La disciplina delle impugnazioni nella bozza di Correttivo-ter al codice della crisi

26 Giugno 2024

Il contributo analizza le ipotesi di modifica dell’art. 51 del c.c.i.i. in tema di impugnazioni, alla luce dello schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al codice della crisi (cd. Correttivo-ter).

A meno di due anni dalla sua definitiva entrata in vigore, il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza viene già fatto oggetto di nuove ipotesi di modifica da parte del legislatore. Si evidenzia l'aggettivo “nuove” poiché, come noto, la genesi del d.lgs. n. 14/2019, che ha introdotto il codice, di per sé particolarmente travagliata, è stata seguita da una serie di decreti correttivi e singole modifiche legislative – anche per effetto della crisi pandemica – che ne hanno anche ritardato oltremodo l'entrata in vigore.

Orbene, tra le varie ipotesi di modifica e integrazione del nuovo codice vi è la norma riguardante le impugnazioni (art. 51 c.c.i.i.).

Tale norma prevede che contro la sentenza del tribunale che pronuncia sull'omologazione del concordato preventivo, del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione o degli accordi di ristrutturazione oppure dispone l'apertura della liquidazione giudiziale, le parti possono proporre reclamo con ricorso da depositare nella cancelleria della corte di appello nel termine di trenta giorni.

La prima modifica ipotizzata riguarda i requisiti del ricorso ed è prettamente terminologica: la norma ad oggi vigente prevede al comma 2 lett. c) che il ricorso deve contenere l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l'impugnazione, con le relative conclusioni. La bozza del decreto correttivo modifica i termini “esposizione dei fatti e degli elementi di diritto”, con il termine “motivi”, e ciò al fine di omogeneizzare la terminologia con quella della disciplina generale del processo (così la Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al c.c.i.i. di cui al d.lgs. n. 14/2019). La nuova lett. c) del comma 2 è dunque la seguente: “Il ricorso deve contenere: c) l'esposizione dei motivi su cui si basa l'impugnazione, con le relative conclusioni;”.

Al comma 6 il legislatore, prevedendo che il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, sia notificato a cura del reclamante e non della cancelleria, intende correggere un errore nella disciplina del procedimento di notifica del reclamo, che, come si legge nelle Relazione illustrativa citata, rappresenta tipicamente un onere di chi propone il reclamo e non, appunto, della cancelleria, e puntualizza la decorrenza del termine di notifica (dieci giorni dalla comunicazione del decreto) per rendere più chiaro e quindi più efficiente il procedimento. Il comma 6 modificato è quindi il seguente: “Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, è notificato a cura del reclamante al curatore o al commissario giudiziale e alle altre parti entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto.”.

Altra ipotesi di modifica riguarda il comma 12 dell'art. 51, il quale, si specifica nella Relazione illustrativa, viene riformulato per meglio chiarire il procedimento di notifica della sentenza che definisce il reclamo e per fugare i dubbi sorti su quale cancelleria sia tenuta a provvedervi, se quella del tribunale o quella della corte d'appello, con la precisazione che l'onere deve essere assolto dalla seconda, che ha immediata cognizione della sentenza. La nuova formulazione del comma 12 dell'art. 51 è dunque la seguente: “La sentenza è notificata alle parti e comunicata al tribunale, nonché iscritta al registro delle imprese a norma dell'articolo 45 a cura della cancelleria della corte d'appello”.

Infine, in tema di responsabilità aggravata, viene sostituito il comma 15 per risolvere alcuni dubbi applicativi e interpretativi emersi e segnalati rispetto alla formulazione vigente sull'accertamento di ipotesi di mala fede o colpa grave. Il fine, si legge nella Relazione illustrativa, è quello di semplificare la disposizione e al contempo garantire opportuna evidenza alla possibilità per il giudice di revocare l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato della parte che ha agito o resistito con mala fede o colpa grave. Pertanto, si legge nella Relazione illustrativa, il primo periodo viene sostituito dall'inserimento di un ultimo periodo che richiama sia il regime generale di regolazione delle spese di lite di cui all'art. 96 c.p.c., sia la revoca del patrocinio a spese dello Stato prevista dall'art. 136, comma 2, del Testo unico in materia di spese di giustizia. Il riferimento al regime dettato dal codice di rito è inserito in maniera ancor più netta così come il richiamo alle disposizioni del citato art. 136, comma 2, del d.P.R. n. 115/2002 va a sostituire le disposizioni espunte, che sostanzialmente ne riproducevano il contenuto. È invece mantenuta, sia pure con minime modifiche redazionali, la disposizione che consente la condanna alle spese anche del legale rappresentante che ha conferito la procura alla lite per la società o l'ente costituito in giudizio, se ne viene accertata la mala fede.

Infine, viene riformulata la disposizione in base alla quale, in caso di mala fede del legale rappresentante, è prevista la sua responsabilità solidale anche rispetto all'obbligo di versamento del doppio del contributo unificato previsto dall'articolo 13, comma 1-quater dello stesso Testo unico. La norma sostituita al comma 15 dell'art. 51 è quindi la seguente: “In caso di società o enti, il giudice accerta, con la sentenza che decide l'impugnazione, se sussiste mala fede del legale rappresentante che ha conferito la procura e, in caso positivo, lo condanna in solido con la società o l'ente al pagamento delle spese dell'intero processo. Nella stessa ipotesi e in presenza dei presupposti previsti dall'articolo 13, comma 1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, il legale rappresentante è tenuto, in solido con la società o l'ente, al pagamento dell'ulteriore importo previsto dallo stesso articolo 13, comma 1-quater. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 96 del codice di procedura civile e dall'articolo 136, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002”.

In conclusione, le ipotesi di modifica dell'art. 51 c.c.i.i. appaiono principalmente di coordinamento (quando non semplicemente di natura terminologica, si pensi all'inserimento del termine “motivi” tra i requisiti del reclamo) con il contesto generale del diritto processuale.

Vengono opportunamente corretti alcuni errori (la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza spetta ovviamente al reclamante) e si chiariscono, con una sorta di interpretazione autentica  resa ancor più evidente con la Relazione illustrativa, alcuni importanti dubbi interpretativi relativi alla notifica della sentenza che definisce il reclamo: sappiamo adesso con certezza che tale onere grava sulla cancelleria della corte d'appello.

La modifica più significativa riguarda il comma 15 in tema di responsabilità aggravata, sia in ordine alla revoca dell'ammissione al gratuito patrocinio della parte che ha agito o resistito con mala fede o colpa grave, con maggiore evidenza di tale possibilità da parte del giudice; sia, tra l'altro, in ordine alla condanna alle spese anche del legale rappresentante che ha conferito la procura alla lite per la società o l'ente costituito in giudizio, qualora ne sia accertata la mala fede. Anche in questo caso si tratta però più di un aggiornamento e di un perfezionamento della norma che di una modifica di natura sostanziale.

In definitiva, le ipotesi di modifica in tema di impugnazioni, opportunamente rivisitate in un'ottica più generale di modifica dell'intero codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, appaiono opportune e in alcuni casi (laddove si tratta di correggere errori) doverose. L'auspicio è che il quadro normativo del nuovo diritto fallimentare (il termine è duro a morire) giunga ad una definitiva cristallizzazione e che, soprattutto, riesca nell'intento di salvaguardare l'impresa sin dal suo nascere rendendo effettivamente la liquidazione giudiziale null'altro che una extrema ratio.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.