Omessa pronuncia sull'istanza di distrazione delle spese di lite: il rimedio della correzione dell'errore materiale

27 Giugno 2024

L’ordinanza in commento offre l’occasione per ricostruire gli approdi giurisprudenziali in tema di correzione integrativa delle decisioni giudiziali, pratica sviluppatasi soprattutto in relazione alle ipotesi di omessa pronuncia sulla distrazione delle spese di lite.

Massima

In caso di omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese il rimedio esperibile è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali e il difensore è legittimato a proporre il relativo ricorso se nel corso del giudizio ne aveva formulato specifica richiesta.

Il caso

Il caso da cui trae origine l'ordinanza in commento può essere riferito come segue.

All'esito di un giudizio di legittimità, le Sezioni Unite hanno pronunciato sentenza di rigetto del ricorso, condannando la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore del controricorrente.

L'avvocato di quest'ultimo si era dichiarato antistatario nell'atto di controricorso, mentre nella decisione del giudice di legittimità si ometteva di disporre la distrazione delle spese in favore dello stesso.

Per tale ragione, l'avvocato antistatario ha presentato ricorso per la correzione dell'errore materiale della sentenza, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c.

La questione

La questione affrontata dal giudice di legittimità nell’ordinanza in esame concerne l’individuazione del corretto strumento a tutela dell’avvocato antistatario, nel caso di omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese di lite, dallo stesso avanzata nel corso del giudizio di legittimità.

Le soluzioni giuridiche

In sintonia con l'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, le Sezioni Unite, nell'ordinanza in esame, riconoscono nel procedimento di correzione delle sentenze di cui all'art. 287 c.p.c. – applicabile anche alle pronunce della Corte di cassazione in forza dell'art. 391-bis c.p.c. – il procedimento idoneo a porre rimedio alla mancata statuizione sulla distrazione delle spese di lite.

Qualificando tale mancanza come “errore omissivo, frutto di mera disattenzione”, la Corte accoglie il ricorso avanzato dall'avvocato antistatario, ordinando che il dispositivo sia rettificato nel senso di distrarre in favore di quest'ultimo le spese già liquidate in favore del controricorrente.

Due ulteriori precisazioni si rendono opportune. Innanzitutto, la Corte, richiamando la propria giurisprudenza, evidenzia che per l'accoglimento della richiesta di distrazione delle spese non è necessario che l'avvocato antistatario ne dichiari espressamente l'avvenuta anticipazione, trattandosi di una circostanza implicata dalla suddetta richiesta.

Da ultimo, è utile evidenziare che nella pronuncia in commento la Corte ritiene di aderire all'orientamento giurisprudenziale attualmente maggioritario, in ragione del quale esclude l'adozione di una pronuncia sulle spese relative al procedimento di correzione degli errori materiali definito.

Osservazioni

La pronuncia in esame rappresenta un'opportunità per approfondire gli sviluppi della giurisprudenza di legittimità riguardo all'istituto della correzione dell'errore materiale di sentenze ed ordinanze.

Dopo aver delineato il concetto di errore materiale, verrà esaminato l'ambito di applicazione di tale strumento, con particolare attenzione ai casi in cui la decisione giudiziale presenti omissioni correggibili.

a) Definizione di errore correggibile

Ai sensi dell'art. 287 c.p.c., possono essere oggetto di correzione le sentenze e le ordinanze non revocabili qualora il giudice che le ha pronunciate “sia incorso in omissioni o in errori materiali o di calcolo”.

In ragione della succinta lettera della richiamata disposizione, l'individuazione di una condivisa definizione di errore materiale riveste centrale importanza nel delineare l'ambito di applicazione del procedimento di correzione di cui agli artt. 287 ss. c.p.c. Inoltre, consiste in un passaggio necessario per poter distinguere il tipo di errore in esame da quello di giudizio, emendabile attraverso gli ordinari strumenti di impugnazione delle decisioni giudiziali.

Di recente, la giurisprudenza di legittimità si è espressa in modo da cristallizzare tale concetto, statuendo che per errore materiale debba intendersi un “difetto di corrispondenza fra l'ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione nel provvedimento, purchè questa sia evincibile dal confronto fra la parte inficiata dall'errore e le considerazioni contenute nella motivazione, per cui può dedursi che tale errore è dovuto ad una svista o ad una disattenzione” (cfr. Cass. civ., sez. un., 21 giugno 2018, n. 16415).

In particolare, da tale definizione e da quelle sviluppate dalla giurisprudenza nel corso degli anni deriva che l'errore materiale, per poter essere emendato attraverso la procedura di cui agli artt. 287 ss. c.p.c., deve essere estraneo al giudizio ed irrilevante ai fini della decisione. Ciò comporta che la correzione dello stesso non può avere come conseguenza quella di modificare, integrare o correggere il contenuto del giudizio, cioè la volontà giuridica espressa nella decisione del giudice, che invece potrà essere sindacata solo attraverso gli ordinari rimedi impugnatori. Come è stato affermato ripetutamente dalla giurisprudenza, il procedimento di correzione pone rimedio ad un vizio meramente formale, mentre “lascia intatto il contenuto della decisione corretta” (tra le altre, cfr. Cass. civ., 31 marzo 2007, N. 8060).

L'estraneità al giudizio, come da ultimo definita, implica che l'errore materiale correggibile sia inerente al documento che veicola il significato della decisione, non già alla decisione stessa (cfr. Cass. civ., 31 maggio 2011, n. 12035). Come affermato anche nella pronuncia in esame, l'errore materiale deve essere rilevabile ictu oculi, cioè sulla base della sola lettura del provvedimento, mediante il confronto tra la parte di quest'ultimo viziata e quella priva di errori.

Ne consegue, inoltre, che l'errore deve essere involontario, cioè determinato da una “mera disattenzione” ­– per usare i termini della pronuncia in commento –, non ascrivibile ad alcuna espressione di volontà del giudicante. Occorre evidenziare che il requisito della involontarietà viene spesso presunto dalla giurisprudenza, qualora sussistano le altre caratteristiche proprie dell'errore correggibile, qui riferite.

Da ultimo, è pacifico che l'errore idoneo ad integrare un vizio di nullità della decisione sia emendabile esclusivamente tramite gli ordinari mezzi di impugnazione, come previsto dall'art. 161 c.p.c., non potendo ricorrere al procedimento di correzione ex art. 287 ss. c.p.c.

b) Omessa pronuncia sulla distrazione delle spese di lite e correzione integrativa

Come anticipato, l'errore od omissione correggibile si caratterizza per l'estraneità al giudizio.

Pertanto, è incontroverso che esula dall'ambito di applicazione della procedura di cui agli artt. 287 ss. c.p.c. l'ipotesi in cui l'omissione si sostanzi in una violazione della regola imposta al giudice dall'art. 112 c.p.c., che genera la nullità della pronuncia sindacabile dalle parti attraverso gli ordinari strumenti di impugnazione.

Difatti, qualora il giudice ometta di pronunciarsi su una domanda o eccezione avanzata dalle parti, la decisione sarà incompleta e, dunque, affetta da una omissione di giudizio, non da una omissione materiale correggibile.

A fronte di tali punti fermi, la giurisprudenza ha esteso l'ambito di applicazione dello strumento di correzione a quelle decisioni affette da omissioni che, sebbene astrattamente qualificabili come omissioni di giudizio, sono state considerate omissioni “materiali” e dunque rettificabili qualora il contenuto della pronuncia omessa risulti totalmente vincolato. In tali ipotesi, dunque l'omissione viene considerata come una mancanza materiale e non un vizio di attività o di giudizio da parte del giudice.

Facendo leva sul carattere “necessitato” dell'elemento mancante, la giurisprudenza – applicata dalla Corte nella pronuncia in commento – ha ammesso la correzione integrativa della decisione nell'ipotesi di omessa pronuncia sulla distrazione delle spese di lite (Cass. civ., sez. un., 7 luglio 2010, n. 16037, tra la giurisprudenza precedente v. Cass. civ., 18 giugno 2010, n. 14831) superando definitivamente il precedente orientamento – peraltro all'epoca maggioritario – che qualificava simile omissione come violazione dell'art. 112 c.p.c. emendabile con gli ordinari mezzi di impugnazione da parte del difensore dichiaratosi antistatario (tra le altre, v. Cass. civ., 8 luglio 2010, n. 16153).

Nella citata giurisprudenza delle Sezioni Unite, la pronuncia del giudice sulla distrazione delle spese di lite non è considerata come manifestazione di potere discrezionale del giudicante, ed è piuttosto qualificata come autonoma ed estranea rispetto al provvedimento sul merito.

A fronte di tali considerazioni, l'applicazione della procedura di correzione ex art. 287 ss. c.p.c. appare la soluzione più idonea a garantire l'effettività del principio di ragionevole durata del processo, soprattutto in una situazione in cui l'omissione non incide in alcun modo sul contenuto del provvedimento da correggere.

c) Omissioni relative alla pronuncia sulle spese di lite

Il criterio di qualificazione dell'omissione rettificabile basato sulla natura vincolata della pronuncia omessa è emerso in giurisprudenza in numerose decisioni in tema di spese giudiziali.

In proposito, occorre primariamente evidenziare che sussiste in capo al giudice il dovere di provvedere sulla condanna alle spese di lite, ai sensi dell'art. 91 c.p.c.. Sicchè è pacifico che l'omessa statuizione sul punto integra una ipotesi di omissione di giudizio, non emendabile con la procedura di cui all'art. 287 c.p.c., poiché il giudice non ha esercitato il potere decisorio, peraltro necessariamente legato al merito della controversia.

Diversa è l'ipotesi in cui il giudice, pur decidendo nella motivazione la ripartizione delle spese di lite, ometta di liquidarle nel dispositivo della pronuncia. In proposito, a sanare il contrasto sorto in giurisprudenza, sono intervenute le Sezioni Unite con sentenza del 21 giugno 2018, n. 16415, estendendo anche a tali ipotesi l'applicazione del procedimento di correzione dell'errore materiale.

Nella citata pronuncia, le Sezioni Unite approdano a tale conclusione evidenziando la natura accessoria della liquidazione delle spese processuali rispetto alla decisione della controversia, in quanto estranea al merito e pertanto non idonea ad incidere sul contenuto sostanziale della pronuncia principale. Si afferma, dunque, che pur trattandosi di una decisione necessaria ed obbligatoria, in quanto prevista dall'art. 91 c.p.c., la liquidazione delle spese processuali si sostanzia in un'operazione tecnico esecutiva da realizzare sulla scorta di presupposti e parametri oggettivi fissati dalla legge, la cui omissione può essere integrata con il procedimento di correzione degli errori materiali.

Infine, maggiormente problematica è l'ipotesi in cui il contenuto del dispositivo sia divergente da quanto indicato nella motivazione della decisione. Qualora il suddetto contrasto sia insanabile, la giurisprudenza è ferma nell'escludere la possibilità di impiegare la procedura di correzione dell'errore materiale per rimediarvi. Tale circostanza, infatti, non consente di individuare “la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, determina la nullità della pronuncia ai sensi dell'art. 156, comma 2, c.p.c.” (cfr. Cass. Civ., 18 luglio 2023, n. 20977, che richiama Cass. civ., 19 dicembre 2022, n. 37079, Cass. civ., 12 marzo 2018, n. 5939 e Cass. civ., 17 dicembre 2009, n. 29490, ma v. anche Cass. Civ., sez. un., ord., 13 maggio 2013, n. 11348).

Tuttavia, non sono mancate delle aperture che hanno ammesso l'applicazione della procedura di correzione dell'errore materiale qualora il contrasto tra dispositivo e motivazione risulti solo apparente, potendo essere risolto attraverso una lettura complessiva del provvedimento (Cass. civ., 17 luglio 2015, n. 15088), o basato su una divergenza meramente quantitativa (Cass. civ., 21 giugno 2023, n. 17727, Cass. civ.,  10 maggio 2011, n. 10305).

Non può negarsi che, in mancanza di una espressa indicazione da parte del legislatore, l'applicazione estensiva del rimedio di cui all'art. 287 c.p.c. alle ipotesi in cui si renda necessario svolgere una, seppur minima, attività di interpretazione del provvedimento affetto fa errore materiale, può generare non pochi dubbi applicativi, evidenziando la fragilità dei confini tracciati in relazione al concetto di errore correggibile.

Riferimenti

S. Boccagna, Errore materiale e correzione dei provvedimenti del giudice, Jovene, 2017.

A. Carrato, Le Sezioni Unite estendono il rimedio della correzione di errore materiale alla pronuncia relativa alle spese processuali, nota a Cass. Civ., Sez. Unite, 21 giugno 2018, n. 16415, in corr. Giur., 10, 2018.

A. Carrato, Omessa liquidazione delle spese nel dispositivo e rimedi riparatori, nota a Cass. Civ., ord. 11 settembre 2017, n. 21048, in corr. Giur., 2017, 12, 1572.

A. Carrato, Omessa pronuncia sulle spese e contrasto tra motivazione e dispositivo sulla loro regolazione: gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità ed eventuali nuovi rimedi processuali esperibili, nota a Cass. Civ., sez. un., ord., 13 maggio 2013, n. 11348, in corr. Giur., 2014, 2, 267.

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