L’appello alle sentenze rese con l’applicazione disposizioni del rito cd. Fornero

02 Luglio 2024

La disciplina dell’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’art. 18 della legge n. 300/1970 (ex art. 1, comma 47, legge n. 92/2012) continua ad applicarsi nella sua interezza ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023. Si applica quindi anche la disposizione dell’art. 1, comma 58, legge n. 92/2012 secondo cui “contro la sentenza che decide il ricorso” in opposizione, proposto prima di quella data, dovrà essere proposta impugnazione nelle forme del “reclamo” alla Corte di appello con “ricorso da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore”. 

Massima

Il reclamo ad una sentenza di opposizione ad una ordinanza “Fornero” è inammissibile poiché tardiva quando non è stata depositata nel termine di trenta giorni dettato dall'art. 1, comma 58, della legge n. 92/2012 secondo cui “contro la sentenza che decide sul ricorso è ammesso reclamo davanti alla corte d'appello. Il reclamo si propone con ricorso da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore”. Tale norma è ancora applicabile in ossequio all'art. 35 del d.lgs. n. 149/2022.

Il caso

La Corte d'Appello di Venezia, con la sentenza in commento, ha ritenuto inammissibile l'appello proposto nei confronti della sentenza del Tribunale di Padova che, in sede di opposizione ad ordinanza cd. “Fornero”, ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato al lavoratore.

In particolare, il lavoratore adiva il giudice di primo grado per ottenere l'accertamento e la dichiarazione di illegittimità del licenziamento irrogatogli. Nella fase sommaria il tribunale confermava il licenziamento e, come detto, nella fase di cognizione piena, il Tribunale confermava la liceità del recesso datoriale.

Il lavoratore, quindi, proponeva appello alla sentenza del Tribunale padovano impugnando la sentenza nel termine semestrale e non in quello di 30 giorni previsto dall'art.1, comma 58, della legge n. 92/2012. La società appellata, vincitrice in primo grado, eccepiva l'inammissibilità dell'appello in quanto il lavoratore appellante doveva rispettare il termine di impugnazione “speciale” previsto dal rito cd. “Fornero”. La Corte d'Appello di Venezia, con la sentenza in commento, accoglie l'eccezione preliminare della parte appellata in quanto la riforma Cartabia nell'abrogare il rito Fornero ex art. 37 lett. e) d.lgs. n. 149/2022 con riferimento ai procedimenti instaurati dall'1 marzo 2023, come nel caso sottoposto alla Corte lagunare, ha altresì previsto per i processi pendenti alla data del 28 febbraio 23 l'applicazione delle disposizioni anteriormente vigenti ex art. 35 d.lgs. n. 149/2022.    

La questione

La questione in esame è la seguente: la disciplina del “rito cd. Fornero”, formalmente abrogata dall'art. 37, lett. e), del d.lgs. n. 149/2022, è ancora integralmente applicabile per i procedimenti istaurati prima della sua formale abrogazione?

Le soluzioni giuridiche

La decisione che si annota è pervenuta alla conclusione di ritenere inammissibile l'appello proposto avverso la decisione del Tribunale di Padova che aveva ritenuto legittima l'ordinanza rese in sede di fase sommaria, secondo la disciplina del rito cd. “Fornero”. In particolare la Corte d'Appello di Venezia ha ritenuto che nel caso di specie l'appello andava proposto nella forma e nel termine decadenziale di 30 giorni previsto dall'art.1, comma 58, della legge n. 92/2012.

In particolare la Corte d'Appello di Venezia ha valorizzato il regime transitorio previsto dalla Riforma Cartabia che, nell'abrogare il rito Fornero ex art. 37, lett. e), d. lgs. n. 149/2022 con riferimento ai procedimenti instaurati dall'1 marzo 2023, ha previsto per i processi pendenti alla data del 28 febbraio 2023 l'applicazione integrale delle disposizioni anteriormente vigenti ex art. 35 d.lgs. n. 149/2022. In definitiva, secondo il Collegio lagunare, per i procedimenti introdotti con il rito Fornero prima dell'1 marzo 2023, e ancora pendenti al 28 febbraio 2023, “sopravvivono” tutte le norme processuali disciplinanti il rito Fornero che, quindi, devono trovare integralmente applicazione non solo nelle due fasi che sono “situate” dinanzi al giudice del lavoro di primo grado bensì anche in sede di impugnativa in Corte d'Appello. La soluzione del Collegio lagunare viene, in particolare, supportata dai lavori preparatori all'originario disegno di legge dove si affermava che ”In via generale, l'articolo 35 prevede al comma 1, al fine di consentire un avvio consapevole, da parte degli operatori, delle novità normative, che le disposizioni recate dal decreto legislativo hanno effetto a decorrere dal 30 giugno 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data, con la precisazione – a fugare possibili dubbi interpretativi – che ai procedimenti pendenti a quella data continuano ad applicarsi le disposizioni anteriormente vigenti.

Così facendo, ci si è assicurati che l'abrogazione delle norme preesistenti e l'applicazione delle nuove norme (si pensi, ad esempio, all'abrogazione del c.d. “rito Fornero” e alle nuove disposizioni in tema di procedimenti di impugnazione dei licenziamenti) operino contestualmente.”. L'entrata in vigore della riforma è stata poi anticipata con la legge di bilancio per il 2023 che ha modificato ex art.1 comma 380 legge n. 197/2022 l'entrata in vigore all'1 marzo 2023 prevedendo che ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si continuano ad applicare le disposizioni anteriormente vigenti. Alla luce di quanto detto nella decisione in commento è stato ritenuto che la disposizione abrogante l'art. 1, commi da 47 a 69, della L. n. 92/2012, contenuta nell'art. 37 del d.lgs. n. 149/2022 si applichi ai soli procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023. Con la conseguenza che i procedimenti pendenti a quella stessa data restano soggetti alle disposizioni previgenti. La pendenza del giudizio, afferma il giudice d'appello veneto, deve essere valutata unitariamente prendendo in considerazione la data della sua introduzione in primo grado ed essendo irrilevante l'atto di instaurazione del giudizio di appello. In definitiva, quindi, secondo la decisione che si annota, la pendenza del procedimento va intesa in senso unitario e non atomistico o frammentato in quanto per l'art.35 del Dlgs.n.149/22 ciò che conta è che il giudizio sia stato introdotto con il rito Fornero e che, al 28 febbraio 2023, tale procedimento sia ancora pendente, a prescindere se quest'ultimo si trova in primo grado o in appello.  

Osservazioni

L'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall'art. 18 della legge n. 300/1970” (ex art. 1, c. 47, L. n. 92/2012) continua ad applicarsi nella sua interezza ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023.

La decisione in commento appare particolarmente condivisibile sia per la sua chiarezza che per il suo ragionamento in diritto. Occorre premettere che l'art.35 del Dlgs.n.149/22, così come modificato dalla legge n. 197/2022, prevede, al primo comma, che “le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.”. Questa disposizione prevede uno spartiacque tra i procedimenti pendenti al 28 febbraio 2023, istaurati sotto la vigenza delle precedenti norme processuali, e quelli introdotti successivamente al 28 febbraio 2023, per i quali si applicano le nuove disposizioni processuali introdotte dalla Riforma cd. Cartabia.

Nel caso sottoposto alla Corte d'Appello di Venezia la fase sommaria e il giudizio di merito si concludevano dopo il 28 febbraio 2023 (i procedimenti erano stati introdotti prima del 28 febbraio 2023) e l'appello della sentenza veniva depositato in data 17 marzo 2024. L'appellante ha sostenuto che l'impugnazione era legittima ed ammissibile in quanto l'art. 49, c. 3, del d.lgs. n. 149/2022 prevede che “le impugnazioni dei provvedimenti, anche temporanei, è regolata dalle diposizioni introdotte nel presente decreto” e che, inoltre, l'art. 35, comma 4, del d.lgs n. 149/2022 prevede che le norme contenute nell'art. 434 c.p.c. novellato si applicano alle impugnazioni proposte successivamente al 28 febbraio 2023. Secondo l'appellante, quindi, le norme sulle impugnazioni introdotte dalle riforma Cartabia hanno una efficacia sostanzialmente “retroattiva” in quanto per tutte le impugnazioni si applicherebbero le nuove norme processuali a prescindere dal momento dell'introduzione dei procedimenti.

Occorre rilevare, così come ha fatto la decisione del Collegio lagunare, che il regime transitorio previsto dall'art.35, comma 1, del Dlgs. cit., come successivamente modificato, prevede espressamente che ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si continuano ad applicare integralmente le disposizioni anteriormente vigenti senza alcuna distinzione tra il primo e il secondo grado. Quel che conta, in definitiva, è che il procedimento sia stato istaurato prima del 28 febbraio 2023 e che al 28 febbraio 2023 sia ancora pendente. Ne consegue che la disposizione abrogratrice dell'art. 1, commi da 47 a 69, della legge n. 92/2012, contenuta nell'art. 37 del d.lgs. n. 149/2022 si applichi ai soli procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023. Il procedimento, quindi, per essere destinatario della nuova disciplina, deve essere nuovo mentre si applicherà la previgente disciplina quando l'impugnazione riguarda un procedimento che era stato istaurato prima del 28 febbraio 2023. E la pendenza, così come correttamente rilevato dal giudice della sentenza in commento, deve essere valutata unitariamente prendendo in considerazione la data della sua introduzione in primo grado essendo, invece, irrilevante l'atto di instaurazione del giudizio di appello.

Sul punto la Cassazione, con la decisione n. 16347 del 20 agosto 2004 (richiamata nella decisione in commento), ha stabilito che “Giova, al riguardo, premettere che, ai fini della disciplina di cui all'art. 90 della legge n. 353/1990 (come modificata e sostituita, da ultimo, mediante il d.l. n. 432/1995, convertito, con modificazioni, nella legge n. 534/1995), secondo la quale ai "giudizi pendenti" alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale data, l'individuazione, per un verso, della "pendenza" del procedimento va fissata, nei giudizi che iniziano con citazione, nel momento della "notificazione" di quest'atto (a differenza di quelli introdotti con ricorso, là dove rileva la data del deposito dello stesso), mentre, per altro verso, il termine "giudizio" va considerato unitariamente, sì che occorre avere riguardo alla data della citazione introduttiva del giudizio di primo grado e non anche dell'eventuale atto di instaurazione del giudizio di appello (Cass. civ. 18 febbraio 1999, n. 1358; Cass. civ. 9 settembre 2003, n. 13147).

Nella specie, pertanto, non appare dubitabile che al procedimento per cui è causa debbano trovare applicazione le disposizioni del c.d. "vecchio rito".

Questo principio è stato ribadito anche dalla decisione a Sezioni Unite della Cassazione n. 28055/2008, la quale ha stabilito che: “Ai fini della disciplina transitoria dettata dalla legge n. 353/1990, art. 90 (come modificata e sostituita, da ultimo, mediante il d.l. n. 432/1995, convertito, con modificazioni, nella legge n. 534/1995) ai "giudizi pendenti" alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale data. Ne consegue che, da un lato, nei giudizi che iniziano con atto di citazione, l'individuazione della pendenza del procedimento va fissata nel momento della notificazione di quest'atto; e che, dall'altro, il termine "giudizio" va considerato unitariamente, sicché, trattandosi dell'applicazione di una norma processuale inerente al secondo grado, occorre avere riguardo alla data della citazione introduttiva del giudizio di primo grado e non anche dell'eventuale instaurazione del giudizio di appello (cfr. Cass. 17 novembre 2005, n. 23317; 20 agosto 2004, n. 16347).

Nessun dubbio quindi che, come correttamente ha rilevato la Corte territoriale, essendo stato il giudizio in esame introdotto dinanzi al Tribunale in data anteriore al 30 aprile 1995, i termini a comparire fossero, anche in secondo grado, quelli indicati nella formulazione originaria dall'art. 163-bis c.p.c.: trenta giorni per le notificazioni da eseguirsi nella circoscrizione del tribunale, dovendo il giudizio aver luogo in detta circoscrizione; termini che, nella specie, risultano essere stati rispettati.”. Anche nella decisione in commento la norma processuale applicabile non può che essere quella “speciale” prevista per il rito Fornero, ossia l'impugnativa, con reclamo in Corte d'Appello, della decisione entro 30 giorni dalla sua comunicazione o dalla notifica, se anteriore, in quanto il procedimento era stato istaurato prima del 28 febbraio 2023.

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