Assegni familiari ed ammissione al passivo fallimentare

04 Luglio 2024

Ci si domanda se l’importo degli assegni familiari debba o meno essere ammesso al passivo.

L'importo degli assegni familiari deve essere ammesso al passivo?

Gli assegni familiari sono una prestazione previdenziale a carico dell'INPS che il datore di lavoro anticipa per conto dell'Ente di previdenza.

La normativa è oggi radicalmente mutata. Dal primo marzo 2022 (art. 1 d.lgs. n. 230/2021) è stato introdotto l'assegno unico e universale, anch'esso gravante sull'INPS, per i figli a carico, ed è stato abrogato l'Assegno per il nucleo familiare e per i nuclei con figli e orfani. Esistono degli specifici casi in cui permangono gli Assegni per il nucleo familiare (ANF): assegni spettanti ai lavoratori del settore privato le cui ditte hanno cessato l'attività o risultano fallite. Si tratta di una prestazione economica erogata dall'INPS ai nuclei familiari dei lavoratori di ditte cessate e/o fallite e spetta ai lavoratori dipendenti del settore privato le cui ditte hanno cessato la loro attività, o risultano fallite, nel caso in cui per i periodi di attività lavorativa non siano stati corrisposti gli ANF al lavoratore dipendente, sempre che sussistano i requisiti previsti relativamente alla composizione e al reddito del nucleo familiare. L'importo dell'Assegno è calcolato in base a determinati parametri quali la tipologia del nucleo familiare, il numero dei suoi componenti e il reddito complessivo sempre del nucleo familiare. I relativi importi sono pubblicati ogni anno dall'INPS, in tabelle valide dal 1° luglio fino al 30 giugno dell'anno seguente (circolare INPS 30 maggio 2022, n. 65).

Orbene, trattandosi di prestazioni economiche gravanti sull'INPS, a parere di chi scrive non appare possibile ammettere al passivo l'importo degli assegni familiari ex se considerati.

La Corte di Cassazione ha infatti chiarito che alla carenza di prestazione lavorativa non può in ogni caso conseguire la corresponsione degli assegni in questione, sia perché questi presuppongono lo svolgimento di una pur minima attività di lavoro, sia perché, comunque, nell'ipotesi di carenza di prestazione lavorativa non si configura un diritto alla retribuzione. Resta poi da valutare se il diritto agli assegni possa derivare da un riconoscimento dello stesso Istituto previdenziale. Tale eventualità - sottolinea la suprema Corte - deve escludersi, nessun rilievo potendo assumere, a tali fini, le circolari dell'INPS, le quali non solo non possono derogare alle disposizioni di legge, ma neanche possono influire sull'interpretazione delle medesime disposizioni; e ciò anche se si tratti di atti provenienti dal Consiglio di amministrazione dell'Istituto e del tipo c.d. normativo, che restano comunque atti di rilevanza interna all'organizzazione dell'ente (Cass. civ., sez. lav., 27 marzo 2004, n. 6155).

È da ritenere, pertanto, che la risposta al quesito sia negativa: non appare possibile ammettere l'importo degli assegni familiari ex se considerati al passivo fallimentare. Trattasi, invero, di prestazioni economiche a carico dell'INPS che il datore di lavoro semplicemente anticipa per conto dell'Ente di previdenza e che presuppongono sempre lo svolgimento di una pur minima attività lavorativa. 

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