Le azioni di responsabilità in sede contabile e civile sono indipendenti alla luce della legge Gelli Bianco

La Redazione
05 Luglio 2024

Qualora l’azienda sanitaria sia condannata a risarcire i terzi danneggiati dall’errore commesso da soggetti legati all’ente da rapporto di servizio, la diminuzione patrimoniale che l’ente pubblico subisce integra danno erariale indiretto, il quale legittima l’azione di responsabilità contabile: tale azione, però, non esclude che la struttura sanitaria possa anche esperire le ordinarie azioni civilistiche di responsabilità.

Alcuni esercenti la professione sanitaria venivano condannati in sede contabile al risarcimento del danno erariale indiretto, causato alla struttura ospedaliera cui erano legati da rapporti di pubblico servizio, a seguito di condanna penale per omicidio colposo di un paziente. Per gli stessi fatti, venivano condannati anche in sede civile al risarcimento danni nei confronti della medesima struttura.

Ricorrevano dunque in Cassazione alcuni dei soccombenti, sostenendo che la duplice condanna al risarcimento in sede contabile e civile costituisse una violazione del ne bis in idem, stanti i medesimi fatti oggetto di causa, peraltro confermata, secondo i ricorrenti, dall'art. 9 comma 5 della L. Gelli Bianco, che concentrerebbe la tutela dinanzi al giudice contabile.

Le Sezioni Unite, tuttavia, confermano l'orientamento giurisprudenziale più recente, secondo cui le due azioni di responsabilità in sede contabile e civile sono autonome e indipendenti, per cui una non esclude l'altra.

Infatti, le due azioni di risarcimento tutelano interessi diversi: quella contabile attiene al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse; quella civile, invece, ha lo scopo di assicurare alla struttura il pieno ristoro del danno subito. Ciò, secondo la Cassazione, è rimasto invariato anche alla luce della l. 24/2017, il cui articolo 9 – benché abbia inserito maggiori tutele in capo agli esercenti le professioni sanitarie – non ha indicato la sede contabile come esclusiva per richiedere il risarcimento a favore dell'ente presso cui tali esercenti lavorano.

Infine, sottolinea la Corte, non si pone neanche un problema di cumulo del danno risarcibile in quanto, come ha stabilito la precedente Cass. civ., sez. un., 15 febbraio 2022 n. 4871, “il limite del divieto di duplicazione delle pretese risarcitorie impone di tener conto, con effetto decurtante, di quanto già liquidato in altra sede (contabile o civile, a seconda della priorità che in concreto si riscontra fra le azioni) e che quel limite potrà essere eventualmente fatto valere dal debitore anche in sede esecutiva”.

Per questi motivi, le Sezioni Unite hanno rigettato i ricorsi.

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