Reato di guida senza patente per violazione del C.d.S. commesso da un prevenuto: responsabilità penale d’autore

05 Luglio 2024

La persona sottoposta a misura di prevenzione personale, al pari di ogni altra, che guidi senza patente perché revocata o sospesa per precedenti violazioni del codice della strada, ne risponde come illecito amministrativo e non già come reato.

Massima

È costituzionalmente illegittimo l'art. 73 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 nella parte in cui prevede come reato la condotta di colui che - sottoposto a misura di prevenzione personale con provvedimento definitivo, ma senza che per tale ragione gli sia stata revocata la patente di guida - si ponga alla guida di un veicolo dopo che il titolo abilitativo gli sia stato revocato o sospeso a causa di precedenti violazioni di disposizioni del codice della strada.

Il caso

Il Tribunale di Nuoro ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 25 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell'art. 73 d.lgs. n. 159/2011, nella parte in cui punisce con sanzione penale chi, in precedenza sottoposto a misura di prevenzione personale, guidi un autoveicolo o un motoveicolo senza patente, in quanto revocata o sospesa, anche nelle ipotesi in cui la revoca o la sospensione del titolo abilitativo alla guida non conseguano all'applicazione della misura di prevenzione.

Il rimettente riferisce di dover giudicare in ordine alla sussistenza del reato previsto dal citato art. 73 del quale è imputata una persona destinataria, in via definitiva, dalla misura di prevenzione dell'avviso orale, disposto dal questore, cui è contestato di essersi posta alla guida di un'autovettura nonostante, in precedenza, la patente gli fosse stata sospesa, con provvedimento del prefetto, per guida in stato di ebbrezza, in violazione dell'art. 186 comma 2 lett. c) C.d.S.

La questione

La questione proposta al Giudice delle leggi attiene allo scrutinio di legittimità costituzionale dell'art. 73 d.lgs. n. 159/2011, per asserito contrasto con:

  • l'art. 25 Cost., in riferimento al principio di offensività, in quanto nei casi in cui la revoca o la sospensione della patente non siano conseguenza dell'applicazione della misura di prevenzione - che presuppone la pericolosità del soggetto - la previsione di una sanzione penale connessa alla violazione del divieto di guida senza patente finisce con il punire una qualità personale - l'essere, cioè, persona sottoposta alla misura di prevenzione - così configurandosi un caso di responsabilità d'autore;
  • l'art. 3 Cost., in riferimento al principio di ragionevolezza, perché l'essere sottoposto, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale, pur essendo circostanza del tutto estranea al fatto-reato (la guida senza patente), rende punibile una condotta che, se realizzata da qualsiasi altro soggetto, non assume alcun disvalore penale, essendo stata depenalizzata dall'art. 1 d.lgs. n. 8/2016.

Le soluzioni giuridiche

La Corte procede, preliminarmente, alla ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

L'evoluzione della disciplina della guida senza patente, è avvenuta secondo un risalente e costante parallelismo tra la fattispecie generale (di guida senza patente o con patente revocata o non rinnovata) e quella speciale (in cui la stessa condotta è posta in essere da chi è sottoposto a misura di prevenzione personale con provvedimento definitivo), le quali sono sempre state oggetto di distinte discipline sia quando entrambe hanno configurato fattispecie di reato, differenziate per gravità e pena edittale, sia quando la fattispecie comune è stata ri-depenalizzata, mentre quella speciale è rimasta reato. Infatti, se, da un lato, in materia di circolazione stradale, per effetto del d.lgs. n. 8/2016, la fattispecie di reato prevista dall'art. 116 comma 15 C.d.S., è stata trasformata (salva l'ipotesi di reiterazione) in illecito amministrativo, presidiato dalla sanzione pecuniaria da 5.100 a 30.599 euro, dall'altro, sul fronte del contrasto alla criminalità mafiosa, l'intervento legislativo non ha inciso sull'art. 73 cod. antimafia che, in quanto norma speciale rispetto a quella del codice della strada, continua a prevedere una fattispecie distinta di reato.

La Consulta ricorda di aver già evidenziato che le misure di prevenzione personale, applicate sia dall'autorità amministrativa che dall'autorità giudiziaria, presuppongono la riconducibilità della persona a una delle categorie di destinatari previste dal codice antimafia e l'attualità della pericolosità sociale del destinatario della misura per la sicurezza pubblica; tra gli obiettivi specifici dell'applicazione di tali misure, vi è quello di garantire l'attuazione della necessaria vigilanza da parte degli organi di pubblica sicurezza, anche attraverso la previsione di limitazioni della libertà di circolazione.

Le misure di prevenzione personale hanno, quindi, una chiara finalità preventiva anziché punitiva, mirando a limitare la libertà di movimento del destinatario per impedire, o almeno rendere più difficoltosa, la commissione di ulteriori reati, consentendo al contempo all'autorità di pubblica sicurezza di esercitare un più efficace controllo sulle possibili iniziative criminose. L'indubbia dimensione afflittiva che ne deriva costituisce, quindi, una mera conseguenza collaterale di misure il cui scopo essenziale è il controllo, pro futuro, della pericolosità sociale del soggetto interessato, e non la punizione per ciò che ha compiuto nel passato (in tal senso, la sentenza 24/2019).

In altro scrutinio di legittimità avente a oggetto la medesima disposizione censurata, conclusosi con declaratoria di non fondatezza delle questioni allora sollevate, si è affermato che la norma, nel prevedere un trattamento sanzionatorio più severo rispetto a quello previsto dall'art. 116 comma 15 C.d.S., è finalizzata a tutelare l'ordine pubblico, potenzialmente posto in pericolo nelle ipotesi in cui sia violata la disposizione di cui all'art. 120 C.d.S., cui è ricollegata la necessità di porre limitazioni agli spostamenti, di impedire o ostacolare la perpetrazione di attività illecite e di rendere meno agevole il sottrarsi ai controlli dell'autorità nei confronti di soggetti pericolosi; sicché, l'essere sottoposto, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale - cui l'art. 120 C.d.S. ricollega l'impossibilità di porsi legittimamente alla guida - non si pone come evenienza del tutto estranea al fatto-reato previsto dall'art. 73 cod. antimafia (sentenza 211/2022).

Tutto ciò premesso, la Corte osserva la diversità della questione oggetto dell'odierno giudizio, che concerne il caso in cui il prevenuto sia stato colto alla guida senza patente, dovuta alla sua sospensione o revoca per cause ricollegabili - non tanto alla misura di prevenzione quanto - alla violazione di norme del codice della strada. 

La circostanza che tale ipotesi, al pari di quella di guida senza patente per essere stata revocata in ragione dell'applicazione della misura di prevenzione, ricada testualmente nell'area di applicazione dell'art. 73 cod. antimafia, che, senza distinguere, prevede il reato contravvenzionale sol perché la condotta sia stata posta in essere da un prevenuto, qualità che resta neutra rispetto all'illecito, configura un'inammissibile responsabilità penale d'autore.

Infatti, le qualità personali o i comportamenti pregressi non giustificano disposizioni che attribuiscano rilevanza penale a condizioni soggettive, salvo che tale trattamento, specifico e differenziato, non risponda alla necessità di preservare altri interessi meritevoli di tutela.

Ne deriva che la disposizione in esame, laddove incrimina lo “status” di sottoposto a misura di prevenzione personale, che non si riflette su una maggiore pericolosità o dannosità, e, quindi, offensività, della condotta, per aver guidato senza patente in quanto revocata o sospesa a causa della violazione delle disposizioni del codice della strada, contrasta con il principio di offensività (nullum crimen sine iniuria), che comporta che il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, possa reprimere sul piano penale soltanto condotte che consistano in comportamenti dal contenuto offensivo di beni meritevoli di protezione, anche sotto il profilo della loro mera esposizione a pericolo, previa valutazione, non risulti o arbitraria, di pericolosità del fatto incriminato.

Il trattamento sanzionatorio più grave rispetto a quello stabilito per altri soggetti, per i quali la medesima condotta rileva quale illecito amministrativo, non si giustifica, nemmeno sotto il profilo del principio di uguaglianza.

In conclusione, sia per il prevenuto, sia per gli altri soggetti, la condotta di guida con patente sospesa o revocata per violazione di norme del codice della strada, deve avere lo stesso trattamento giuridico; di talché, previa riduzione dell'ambito applicativo della fattispecie penale, con riespansione di quella dell'art. 116 comma 15 C.d.S., si applica la sanzione amministrativa, salva l'ipotesi della recidiva nel biennio.

L'art. 73 cod. antimafia è stato, quindi, dichiarato costituzionalmente illegittimo in parte qua.

Osservazioni

La sentenza risulta, senza dubbio, logica e condivisibile per quanto attiene all'ipotesi di chi guida gravato dalla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente.

Si deve, infatti, ricordare che la circolazione con patente sospesa, non integra la violazione dell'art. 116 comma 15 C.d.S., ma quella di cui all'art. 218 comma 6 C.d.S. - cui poi, consegue, la revoca della patente. 

Riferimenti

  • F. Piccioni, I Reati Stradali. Il diritto penale stradale nella pratica professionale - II edizione, Giuffrè Francis Lefebvre, 2021;
  • Napolitano - Piccioni, Depenalizzazione e decriminalizzazione, Santarcangelo di Romagna, 2016.

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