La conciliazione giudiziale nel processo del lavoro

10 Luglio 2024

L’esperimento del tentativo di conciliazione rappresenta un adempimento nevralgico del processo del lavoro, poiché comporta una rapida definizione degli interessi in contesa e la deflazione del contenzioso giurisdizionale. Di seguito si approfondiranno i punti fondamentali nonché gli aspetti fiscali e contributivi dell'istituto.

Il tentativo di conciliazione: ambito e modalità di conduzione

Al tentativo di conciliazione sono dedicati i primi tre commi dell'art. 420 c.p.c., norma che disciplina l'udienza di discussione. L'individuazione dell'udienza di discussione, quale momento elettivo per l'esperimento del tentativo di conciliazione non impedisce, tuttavia, che lo stesso possa essere svolto in qualsiasi momento del processo, sino alla decisione della causa.

Il tentativo di conciliazione rappresenta uno degli snodi fondamentali del processo del lavoro e riveste una funzione nevralgica nella prospettiva delle parti, attesa la delicatezza degli interessi in contesa, quali il diritto al lavoro ed alla percezione della retribuzione, aventi copertura costituzionale negli artt. 1 e 36 Cost., che impone la celere definizione delle questioni devolute alla cognizione del giudice del lavoro.

Sotto il profilo dell'organizzazione giurisdizionale, il considerevole numero di conciliazioni giudiziali, che caratterizza l'attività delle sezioni lavoro, consente - attraverso l'incremento dell'indice di definizione dei procedimenti - di mantenere ruoli giudiziari relativamente contenuti, rispondendo con celerità alla domanda di giustizia e assicurando una celebrazione più accurata ed efficiente della totalità dei processi.

Nonostante il vasto armamentario di procedure conciliative e arbitrali antegiudiziali, tra cui la nuova negoziazione assistita, estesa alle controversie laburistiche per effetto dell'art. 2-ter d.l. n. 132/2014, introdotto dal d.lgs. n. 149/2022, la sede giudiziale rappresenta il momento privilegiato di definizione transattiva o conciliativa della lite, per una molteplicità di fattori concorrenti.

Il tentativo di conciliazione si colloca topograficamente all'esito degli adempimenti preliminari dell'udienza di discussione, id est la verifica dell'integrità del contraddittorio, della sussistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell'azione; inoltre, si accompagna allo svolgimento del libero interrogatorio delle parti, dal quale il giudice può trarre circostanze utili allo scopo di tratteggiare il cd ambiente conciliativo.

Al fine di consentire l'efficace svolgimento degli incombenti, il legislatore individua la presenza personale delle parti alla stregua di onere processuale disponendo, al comma 1 dell'art. 420 c.p.c., che la mancata comparizione personale, cui è equiparato il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa formulata dal giudice, senza giustificato motivo, costituisca « comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio ». Nello stesso senso depone la disposizione di cui all'art. 415 cpv. c.p.c., che regola la fissazione con decreto dell'udienza di discussione, « alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente ».

A temperamento del rigore dell'onere processuale di comparizione personale, la disposizione di cui all'art. 420 comma 2, c.p.c. consente alla parte di farsi sostituire da un procuratore generale o speciale, conferitario di poteri, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Le modalità di conduzione del tentativo di conciliazione sono frutto del bagaglio individuale di ciascun giudice, arricchito dalla pratica e dall'esperienza, espressione di tecniche non standardizzabili né agevolmente schematizzabili.

Il primo, fondamentale momento, è rappresentato dall'ascolto delle parti, se presenti personalmente, dei procuratori e dei difensori, al fine di comprendere se vi siano margini per una soluzione conciliativa della lite e se i contendenti abbiano, eventualmente, già posto le basi per la stessa, nell'ambito di una trattativa condotta in fase antegiudiziale.

È di fondamentale importanza agevolare la comprensione, in capo alle parti, delle plurime utilità di una soluzione conciliativa, che consente di risolvere in tempi rapidi e in modo definitivo la conflittualità, evitare l'alea del giudizio e la connessa proliferazione dei relativi costi, nonché le ulteriori possibili articolazioni processuali, come i successivi gradi di giudizio.

Appare strategico, prima di sottoporre ai contendenti un'eventuale ipotesi conciliativa, individuare da parte del giudice il cd ambiente conciliativo posto che, nell'ambito di trattative già intercorse tra le parti, esse potrebbero avere già definito una forbice di valori, entro la quale è opportuno che il giudice si muova, assecondando le disponibilità esistenti.

L'individuazione di una proposta conciliativa, oltre che dalla percezione del cd ambiente della conciliazione, è certamente condizionata dalla valutazione prognostica dell'esito della causa, effettuata dal giudice all'atto della lettura preliminare del fascicolo.

Nei casi in cui tale valutazione non sia possibile, se non con estrema approssimazione, in ragione della necessità di esperire istruttoria orale o risolvere questioni a mezzo di approfondimenti tecnici (es: CTU contabile), la proposta conciliativa sarà effettuata, all'interno dell'eventuale forbice edittale già fissata dalle parti, sulla base di una duplice valutazione astratta, concernente la ripartizione degli oneri probatori e la maggiore o minore complessità di assolvimento degli stessi.

Il rifiuto ingiustificato della proposta transattiva

Il codice di rito contempla strumenti di propulsione dell'efficacia del tentativo di conciliazione prevedendo, ad esempio, che il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice senza giustificato motivo costituisca comportamento valutabile ai fini del giudizio. La disposizione trova completamento, nella generale disciplina delle spese di lite, ex art. 91, comma 1, ultima parte c.p.c., secondo cui, laddove la domanda venga accolta in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa, il giudice condanna la parte che ha rifiutato, senza giustificato motivo, la proposta, al pagamento delle spese processuali c.d. superflue, ovvero maturate dopo la formulazione della proposta, fatta salva l'applicazione dell'art. 92, comma 2, c.p.c.

Il riferimento teorico è quello dei doveri di leale collaborazione processuale, di cui all'art. 88 c.p.c., la cui violazione può dar luogo a conseguenze individuabili in termini di possibile eccezione alla regolamentazione delle spese di lite secondo soccombenza di cui all'art. 92 c.p.c.

Nello specifico settore laburistico, il rifiuto ingiustificato della proposta transattiva può essere altresì valorizzato ai fini della quantificazione dell'indennità risarcitoria, spettante in caso di accertamento di licenziamento non giustificato o di illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro, stante il riferimento, in seno all'art. 8 della l. n. 604/1966 (richiamato dall'art. 32 l. n. 183/2010) ed all'art. 18, comma 5, della l. n. 300/1970, tra i parametri per la quantificazione dell'indennità, al « comportamento delle parti », da intendersi comprensivo del contegno processuale dalle stesse serbato.

Il rigore della regola è temperato dal richiamo finale all'art. 92 c.p.c., che consente di operare, su base discrezionale, una compensazione totale o parziale delle spese, preservando la parte vittoriosa dalla soccombenza in punto di spese. Ulteriore temperamento è rappresentato dall'esimente del giustificato motivo di rifiuto della proposta, che ricorre quando l'aspettativa di conseguire il riconoscimento totale delle pretese azionate venga ritenuta dal giudice ragionevole o meritevole di affidamento, sulla base di una valutazione del caso concreto.

Il verbale di conciliazione: forma, contenuto ed effetti

Nel caso in cui, sulla base di spinte autonome o su impulso del giudice, le parti addivengano a un accordo, occorrerà formalizzare lo stesso trasfondendo le condizioni stipulate dalle parti in un verbale ad hoc (il cd verbale di conciliazione), da accludere al verbale di udienza, in seno alla quale esso viene formalizzato.

Recente pronuncia di legittimità (Cass., sez. lav., 4 aprile 2024, n. 8898), ha definito la conciliazione giudiziale alla stregua di convenzione non assimilabile a un negozio di diritto privato puro e semplice, caratterizzata, strutturalmente, per il necessario intervento del giudice e per le formalità di cui all'art. 88 disp. att. c.p.c. e, funzionalmente, per l'effetto processuale di chiusura del giudizio nel quale interviene e per gli effetti sostanziali derivanti dal negozio giuridico contestualmente stipulato dalle parti.

La conciliazione è, pertanto, valida anche se abbia ad oggetto diritti indisponibili, poiché l'art. 2113, ultimo comma c.p.c. fa salve le conciliazioni intervenute ai sensi degli artt. 185, 410 e 411 c.p.c., in cui l'intervento in funzione di garanzia del terzo (autorità giudiziaria, amministrativa o sindacale), diretto a superare la presunzione di condizionamento della libertà di espressione del consenso del lavoratore, viene a proteggere adeguatamente la sua posizione.

In merito alle formalità della conciliazione, va rilevato come l'art. 88 disp. att. c.p.c. sia stato innovato dall'art. 3, comma 1-bis, d.l. n. 28/2020, norma di contenimento dell'esigenza pandemica da Covid-19, prevedendo la trasfusione del verbale di conciliazione, redatto con strumenti informatici, all'interno del verbale telematico di udienza, corredato da apposita dichiarazione del giudice, che tenga luogo della sottoscrizione delle parti, del cancelliere e dei difensori. Il verbale recante tale dichiarazione avrà, al pari del tradizionale verbale di conciliazione giudiziale, valore di titolo esecutivo, e gli stessi effetti della conciliazione materialmente sottoscritta in udienza.

Consistendo la condizione posta dalla norma nella redazione del verbale con strumenti informatici, indipendentemente dalle formalità di celebrazione dell'udienza con mezzi di collegamento a distanza ex art. 127-bis c.p.c., la dichiarazione sostitutiva della materiale sottoscrizione del verbale di udienza potrà avere luogo anche nei casi in cui l'udienza di formalizzazione dell'accordo venga celebrata in presenza, risultando comunque soddisfatta la condizione.

L'accordo potrà essere totale o parziale. Nulla impedisce, in caso di pluralità di domande o di parti processuali, che si addivenga a un accordo limitatamente a parte del contenzioso, o tra alcune soltanto delle parti con la conseguenza che, sottoscritto il verbale di conciliazione, la causa non potrà che proseguire relativamente alla quota non definita, o nei confronti delle parti estranee all'accordo.

Aspetti fiscali e contributivi della conciliazione

Al di fuori dei casi in cui la conciliazione verta su pretese in relazione alle quali operi una causa di esenzione da tassazione e contribuzione, il soggetto che eroga le somme dovrà farsi carico, in qualità di sostituto di imposta e soggetto tenuto al versamento della contribuzione, dei relativi oneri, variamente commisurati al titolo prescelto in relazione all'erogazione di danaro.

L'esclusione dal reddito imponibile (area no tax), e l'esenzione da obblighi fiscali e contributivi relativamente al titolo risarcitorio, sussistano per la sola voce di danno emergente , dovendosi, dunque, applicare l'ordinario regime fiscale per il lucro cessante (Cass., sez. lav., 3 febbraio 2021, n. 2472) e così, per il danno alla salute e alla professionalità, ma non per le ulteriori voci risarcitorie conseguenti alla mancata percezione di redditi da lavoro dipendente né per le indennità risarcitorie previste dalle norme sostanziali per il caso di accertata illegittimità del licenziamento. Del pari, esenti da tassazione e contribuzione risultano i cd rimborsi spese, ovvero le somme anticipate dal lavoratore nell'interesse del datore di lavoro, che costui potrebbe essere tenuto a restituire in sede conciliativa.

Alcune voci, come il TFR, le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di rimuovere gli ostacoli alla risoluzione del rapporto (cd incentivo all'esodo ), e le erogazioni a titolo di risarcimento del lucro cessante (soggette agli oneri fiscali) sono, invece, esenti da oneri di natura contributiva (cfr. art. 12 l. n. 153/1969).

Al di fuori della ristretta area di esenzione fiscale e contributiva, il regime fiscale varierà a seconda del titolo prescelto dalle parti.

Il Ministero delle Finanze ha chiarito (cfr. circolare 23 dicembre 1997, n. 326), che, in forza dell'art. 2 comma 6 del TUIR, tutte le indennità e le somme o i valori percepiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente, comprese quelle che derivano da transazioni, di qualunque tipo (e quindi anche generali e novative ex artt. 1965 cpv. e 1976 c.c.), sono assoggettabili a tassazione ordinaria , come redditi di lavoro dipendente, sulla base dell'aliquota derivante dal cumulo con gli altri redditi percepiti.

Rientrano nella categoria reddituale di lavoro dipendente, e sono assoggettabili a tassazione ordinaria, le indennità comunque denominate (ad es. per ferie non godute, indennità sostitutive di trasporto) ivi comprese quelle di trasferta ed i rimborsi spese (salvo i casi di esenzione previsti dal comma 5 e ss. art. 51 del TUIR e delle spese anticipate dal dipendente in favore del datore di lavoro).

Sono, invece, soggetti al regime di cd tassazione separata , ai sensi degli artt. 17, comma 1, e 19 TUIR, il TFR e indennità equipollenti, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente, le altre indennità percepite una tantum in dipendenza della cessazione dei rapporti di lavoro, ivi inclusa l'indennità sostitutiva del preavviso, nonché le somme e i valori comunque percepiti al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio, a seguito di transazioni, relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro.

Fatta, dunque, eccezione per le erogazioni rientranti nell'area no tax , l'alternativa sarà, a seconda del titolo prescelto per l'erogazione, tra il regime di tassazione ordinaria e quello di tassazione separata, ex artt. 17 e 19 TUIR, la cui differenza riposa sul fatto che, nel caso di tassazione ordinaria, le somme percepite concorreranno a formare il reddito imponibile del soggetto che sarà assoggettato a IRPEF sulla base dell'aliquota per scaglioni progressivi mentre, nel regime di tassazione separata, il reddito verrà tassato in via autonoma e sulla base di specifici criteri di calcolo dell'aliquota, che normalmente tengono conto dell'aliquota media applicata nel biennio fiscale antecedente.

In conclusione

La conciliazione giudiziale rappresenta, dunque, sia nella prospettiva dei contendenti che in quella del giudice un momento di nevralgica importanza all'interno del rito laburistico. Come detto, essa consente di definire rapidamente la res litigiosa, garantendo a colui che rivendica un diritto il soddisfacimento, sia pure non integrale, della pretesa azionata, in tempi più rapidi rispetto a quelli di definizione della controversia in primo grado. Sotto lo speculare e complementare profilo dell'organizzazione del lavoro del magistrato, un elevato numero di conciliazioni rappresenta un efficace strumento di contenimento dei ruoli giudiziari, destinato a innescare cicli virtuosi: ruoli più contenuti consentono una trattazione più accurata del procedimento, ivi inclusa la fondamentale fase dell'interrogatorio libero e del tentativo di conciliazione, aumentando la probabilità di future conciliazioni.

In prospettiva futura, l'ambito della formulazione della proposta conciliativa giudiziale rappresenta uno dei potenziali campi di applicazione di sistemi di intelligenza artificiale, basati su modelli algoritmici, con funzione di ausilio del giudice.

La valutazione, da parte del sistema, di un ampio database di informazioni, concernenti frequenza e percentuale di accoglimento di domande su specifiche tipologie di controversie, potrà mettere a disposizione del giudice un'ipotesi di soluzione conciliativa, eventualmente da sottoporre alle parti, calibrata con precisione scientifica sulla valutazione dei rischi e delle probabilità di accoglimento della causa, così da rendere ancora più efficace, in termini di attitudine persuasiva, il tentativo di conciliazione.

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