Giugno 2024: responsabilità degli amministratori indipendenti, rinvio alle S.U. sui crediti di società estinta, scelte gestionali errate e bancarotta

La Redazione
10 Luglio 2024

Nel mese di Giugno, la Cassazione ha rinviato alle Sezioni Unite la questione relativa ai crediti della società estinta e si è occupata di: fallimento in estensione del socio di società di persone, di responsabilità solidale per le obbligazioni delle società coinvolte in una scissione, dei limiti di responsabilità di una SGR per i debiti di un fondo comune estinto, di divieto di patto leonino, di prescrizione del diritto di regresso, di impugnazione di delibere assembleari da parte del socio che abbia dato in pegno la sua quota, delle conseguenze di condotte illecite del socio amministratore di una società di persone

Registrazione d'ufficio di contratto verbale di cessione d'azienda ai fini dell'imposta di registro

Cass. Civ. – Sez. Trib. 26 giugno 2024, n. 17642

In tema di imposta di registro, la registrazione di ufficio del contratto verbale di cessione di azienda, operata ai sensi dell'art. 15, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 131/1986, è fondata su di un autonomo presupposto che, da un lato, rende la disposizione inconciliabile con i criteri di interpretazione previsti (ai sensi dell'art. 20 dello stesso d.P.R.) a riguardo dell'atto presentato per la registrazione e che, dall'altro, impone una specifica verifica strettamente consequenziale ai dati di presunzione che la stessa disposizione correla al potere di registrazione di ufficio.

Fallimento in estensione del socio: i creditori della società non sono litisconsorti

Cass. Civ. – Sez. I – 25 giugno 2024, n. 17546

A seguito delle modifiche alla legge fallimentare, che hanno comportato il venir meno dell'iniziativa ufficiosa, i creditori che hanno proposto il ricorso di fallimento nei confronti di una società di persone non sono litisconsorti necessari nel successivo procedimento di fallimento in estensione previsto dagli artt. 15 e 147 L. fall. promosso a istanza del curatore, neppure ai fini della condanna alle spese processuali che il presunto socio potrebbe reclamare nei confronti dello stesso curatore. I predetti creditori non sono litisconsorti necessari neanche nel giudizio di reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento in estensione proposto dal socio illimitatamente responsabile, cui il fallimento sia stato appunto esteso, poiché l'oggetto della sentenza di fallimento in estensione è diverso da quello della sentenza di fallimento della società

Scissione e sorte dei crediti per contributi previdenziali

Cass. Civ. – Sez. Lav. – 21 giugno 2024, n. 17188

In considerazione dell'assimilazione delle obbligazioni per premi e contributi previdenziali alle obbligazioni tributarie, la speciale disciplina di cui al combinato disposto degli artt. 173, comma 13, d.P.R. n. 917/1986, e 15, comma 2, d.lgs. n. 472/1997, secondo cui - in deroga alla previsione dell'art. 2506-quater, comma 3, c.c. - le società partecipanti alla scissione rispondo solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni tributarie già gravanti sulla società scissa e relative a periodi di imposta antecedenti alla scissione, si applica anche ai crediti per contributi e premi dovuti agli enti previdenziali.

La cancellazione della società non implica la remissione dei crediti ancora pendenti

Cass. Civ. – Sez. I – 14 giugno 2024, n. 16607

La mera cancellazione di una società dal registro delle imprese non può, di per sé sola, per la sua evidente equivocità, reputarsi sufficiente a dedurne la remissione del credito fatto valere in giudizio, la quale deve essere, invece, allegata e provata con rigore da chi intenda farla valere, dimostrando tutti i presupposti della fattispecie, ossia la inequivoca volontà remissoria e la destinazione dichiarazione ad uno specifico creditore. Ne consegue che, in difetto di altri indici univoci sulla volontà remissoria, può ragionevolmente ritenersi che sia avvenuta, per effetto della cancellazione della società dal registro delle imprese, un trasferimento dei diritti di quest'ultima ai soci.

Alle Sezioni Unite la questione relativa ai crediti della società estinta

Cass. Civ. – Sez. I – 13 giugno 2024, n. 16477

La Corte rimette alle Sezioni Unite la questione relativa alla possibilità di configurare la tacita rinuncia ad alcuni dei crediti della società, sub iudice e illiquidi, e non compresi nel bilancio finale di liquidazione, ove questa venga cancellata dal registro delle imprese in pendenza di lite, con conseguente estinzione e impossibilità di trasferimento ai soci anche ai fini dell'art. 110 c.p.c.

La SGR non risponde col proprio patrimonio per i debiti Iva di un suo fondo comune estinto

Cass. Civ. – Sez. Trib. – 12 giugno 2024, n. 16285

In caso di estinzione di un fondo comune di investimento, non è configurabile una diretta responsabilità della società di gestione del risparmio che ha amministrato detto fondo con riferimento al mancato pagamento dell'IVA, salvo che l'Agenzia delle Entrate non faccia valere un autonomo titolo di responsabilità. La SGR non risponde con il proprio patrimonio, in via sussidiaria o solidale, degli eventuali debiti IVA gravanti sul fondo comune estinto dalla stessa amministrato.

Il divieto di patto leonino presuppone che tra le parti esista una società

Cass. Civ. – Sez. I – 11 giugno 2024, n. 16123

Il divieto di patto leonino, di cui all'art. 2265 c.c., si applica solo nell'eventualità che tra le parti stipulanti esista una società e non anche quando risulti accertata l'inesistenza di alcuna affectio societatis.

Per la prescrizione breve del diritto di regresso rileva la qualificazione del finanziamento come derivante dal rapporto sociale

Cass. Civ. – Sez. I – 11 giugno 2024, n. 16122

Il finanziamento di un socio a favore di una società può essere ritenuto derivare dal rapporto sociale solo se si alleghi e dimostri che la fonte di tale obbligazione deriva da una deliberazione riferibile alla società, espressa nelle forme proprie previste dalla legge per ciascun tipo societario. Quando invece il finanziamento sia stato eseguito dal socio-creditore senza alcuna previa autorizzazione (o successiva ratifica) da parte della società, il rapporto con la società è individuabile solo in via di fatto, per la mera constatazione che beneficiario effettivo del pagamento è la società, ma nessun "rapporto sociale" può essere invocabile nella specie, con la conseguenza che al relativo credito di regresso non può essere applicata la prescrizione breve che ha carattere eccezionale e deve, quindi, essere oggetto di stretta interpretazione.

Il socio che ha dato in pegno la sua quota conserva il diritto di impugnare la delibera in cui ha votato il creditore pignoratizio

Cass. Civ. – Sez. I – 10 giugno 2024, n. 16047

Il socio di società a responsabilità limitata che abbia dato in pegno la propria quota conserva il diritto a impugnare la deliberazione assembleare nella quale abbia votato in sua vece il creditore pignoratizio, atteso che dal combinato disposto degli artt. 2471-bis e 2352 c.c. si evince che il socio, la cui quota sia stata oggetto di pegno, perde il solo diritto di voto in assemblea, ma conserva, in difetto di diversa pattuizione, tutti gli altri diritti amministrativi connessi alla relativa qualità, ivi compreso quello di impugnazione delle deliberazioni contrarie alla legge o all'atto costitutivo.

Condotte illecite del socio amministratore di società di persone: non solo revoca, ma anche esclusione

Cass. Civ. – Sez. I – 10 giugno 2024, n. 16043

Nelle società di persone, e ancor più nella società semplice che ne costituisce l'archetipo di base, il cumulo delle qualifiche di socio e di amministratore non impedisce che le irregolarità o illiceità commesse dal solo amministratore determinino non solo la relativa revoca dalla carica, ma anche l'esclusione del socio per violazione dei doveri previsti dallo statuto a tutela della finalità e degli interessi dell'ente: posto che non è possibile distinguere la posizione di socio da quella di amministratore, la violazione dei doveri del socio può essere dedotta da comportamenti che minino l'affectio societatis sia in relazione ad atti di disposizione uti socius che da atti posti in essere nell'esercizio di funzioni gestorie o di controllo, parimenti rinvenibili in automatico nel patrimonio giuridico di tutti i soci.

Le scelte gestionali errate dell'amministratore non rilevano ai fini della bancarotta impropria

Cass. Pen. – Sez. V – (21 marzo) 6 giugno 2024, n. 22978

Per la sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose non rileva la mera circostanza che l'amministratore della società fallita abbia accumulato debiti per scelte errate, dovendo distinguersi l'aggravamento del dissesto conseguente ad operazioni dolose dall'aumento del passivo dovuto a scelte gestionali rivelatesi ex post errate e quindi dovute a comportamenti incolpevoli o anche solo colposi, poiché altrimenti il delitto coinciderebbe con la mera causazione dello stato di insolvenza e sussisterebbe in relazione a tutte le dichiarazioni di fallimento.

Sulla definizione di mutuo di scopo

Cass. Civ. – Sez. I – 5 giugno 2024, n. 15695

Il mutuo può essere qualificato di scopo solo allorché la clausola di destinazione coinvolga l'interesse diretto o indiretto dell'istituto finanziatore, mentre l'indicazione dei motivi per i quali il finanziamento viene erogato, non accompagnato da uno specifico programma contrattuale teso alla loro realizzazione, non basta ai fini di tale qualificazione.

Anche gli amministratori indipendenti sono responsabili

Cass. Civ. – Sez. II – 5 giugno 2024, n. 15685

Anche gli amministratori indipendenti possono essere chiamati a rispondere per le dinamiche gestionali dannose. Gli amministratori indipendenti cumulano le tipiche attribuzioni gestorie stricto sensu alle precipue competenze di monitoraggio dell'attività degli esecutivi, al punto che il loro ruolo attivo essenziale attiene proprio alla verifica dell'operato degli altri amministratori e dei manager, per evitare che vengano commessi abusi da parte di chi esercita il potere all'interno della società ed assicurare che la medesima società persegua nello svolgimento della propria attività i principi di trasparenza e correttezza. Resta quindi confermata, pure per gli "amministratori indipendenti", l'interpretazione giurisprudenziale in forza della quale a fronte di una vicenda di assoluta rilevanza per la gestione della società, quale un'offerta al pubblico finalizzata ad un aumento di capitale, sussiste in capo all'intera compagine amministrativa il dovere di attivarsi, e perciò la connessa rilevanza della loro condotta omissiva nella causazione dell'illecito.

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