Riforma della disciplina degli emittenti strumenti finanziari diffusi
12 Luglio 2024
Introduzione La legge 5 marzo 2024, n. 21, recante disposizioni in materia di “Interventi a sostegno della competitività dei capitali e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati di capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice covile applicabile anche agli emittenti”, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della repubblica Italiana del 12 marzo 2024, n. 60 ed è entrata in vigore il 27 marzo 2024. La legge in esame è il risultato di un lungo procedimento avviato con la pubblicazione da parte dell'OCSE di un report commissionato dal MEF denominato “OECD Capital Market Review of Italy for 2020: Creating Growth Opportunities for Italian Companies and Savers (OECD Capital Market Series)”, al quale ha fatto seguito la pubblicazione da parte dello stesso MEF del Libro Verde su “La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita”, nel 2022. Benché la nuova legge capitali sia composta da ben 27 articoli, il presente Focus, tenuto conto della vastità dell'intera materia, si occuperà soltanto dell'art. 4 della legge medesima, teso a regolamentare, come si evince anche dal titolo del presente contributo, la riforma della disciplina degli emittenti strumenti finanziari diffusi. In estrema sintesi, l'art. 4 in esame ha soppresso gli obblighi che hanno accumunato le società con titoli diffusi alle società i cui titoli sono quotati in mercati regolamentati e, con l'introduzione dell'art. 2325-bis c.c., ha fornito la definizione di società emittente strumenti finanziari diffusi. È altresì modificato l'art. 2341-ter, comma 1, c.c., prevedendo l'estensione alle società con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione (MTF, Multilateral Trading Facilities: circuiti di negoziazione gestiti da enti privati che permettono la compravendita di strumenti finanziari già quotati presso una o più borse nazionali), l'obbligo di comunicazione alla società e dichiarazione in apertura di ogni assemblea dei patti parasociali, in origine previsto esclusivamente per le società che facevano ricorso al mercato del capitale di rischio. Infine, è stata prevista l'esclusione delle società con strumenti diffusi dall'applicazione della disciplina delle operazioni con parti correlate, prevista dall'art. 2391-bis, c.c. Il tentativo di razionalizzazione della riforma del diritto societario del 2003 e il contrasto al gold plating La previsione delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è stata una presa d'atto d'una realtà composita e variegata che fluttuava nella zona grigia del mare magnum delle società per azioni senza una ben precisa identità. La scelta del legislatore è stata quella di prevedere un modello di base unitario e le ipotesi nelle quali le società sarebbero state soggette a regole caratterizzate da un maggior grado d'imperatività in considerazione del ricorso al mercato del capitale di rischio. Sinteticamente, dunque, è possibile affermare che, pur essendo stato mantenuto un modello base unitario, la società per azioni si articola(va) su tre modelli:
Il legislatore aveva così inteso preparare un humus culturale propizio, una sorta di passaggio o gradino intermedio, affinché le società chiuse potessero determinarsi più facilmente ad una quotazione in borsa attraverso un periodo di “rodaggio”, durante il quale si sarebbero gradatamente abituate ad un sistema di norme imperative, senza mutamente repentini e, sotto certi aspetti, traumatici in relazione ad un modus operandi più rigoroso, complesso e costoso. Tuttavia, per una sorta di eterogenesi dei fini, il sistema così concepito non solo ha mostrato fin dall'inizio tutti i suoi limiti ma ha comportato, di fatto, l'applicazione alle società che si sono quotate su sistemi multilaterali di negoziazione (MFT), di grande parte della disciplina dettata per le società quotate in mercati regolamentati, eliminando, in tal modo, il gradino normativo intermedio che era stato previsto. Giova anche ricordare che la nozione di società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante era (ed è tuttora) sconosciuta al diritto dell'Unione europea, che, invece, aveva introdotto nel 2004 la figura dei sistemi multilaterali di negoziazione (MFT), molti dei quali dedicati alla quotazione delle PMI, come ad esempio, in Italia, Euronext Growth Market, gestito da Borsa Italiana S.p.A., su cui risultano attualmente quotate le azioni di circa 200 società, in parte anche società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante. Tale processo di razionalizzazione non solo persegue l'obiettivo dichiarato di rendere più efficiente l'accesso delle imprese al mercato dei capitali, promuovendo una maggiore cultura finanziaria e consapevolezza da parte dei risparmiatori ma, al tempo stesso, rimuove vincoli normativi ed operativi, contrastando il fenomeno c.d. di gold plating: “the pratice of implementing national bodies going beyond what is required in EU legislation when transposing or implementing it at Memeber State level”, vale a dire, nel recepimento di direttive europee, l'introduzione da parte degli Stati membri, di specificazioni o regole aggiuntive, che possono andare ben al di là del dettato normativo contenuto nelle Direttive unionali, oppure detto in modo più sintetico, “norme che regolamentano oltre i requisiti imposti”. Le nuove disposizioni Il primo comma dell'art. 4, in esame, si occupa delle modifiche al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF):
Il secondo comma dell'art. 4 interviene sul decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, abrogando l'art. 19-bis, comma 1, lett. a), in tema di revisione legale dei conti, così eliminando dagli enti sottoposti a regime intermedio (ESRI) gli emittenti con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante, che, dunque, potranno affidare al collegio sindacale la revisione legale dei conti. Il terzo comma dell'art. 4 si occupa delle modifiche al codice civile. La lettera a) ha introdotto il seguente nuovo articolo: “Art. 2325-ter (Società emittenti strumenti finanziari diffusi). – Ai fini di cui all'articolo 2325 bis, sono emittenti azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante gli emittenti italiani non quotati in mercati regolamentati italiani i quali abbiano azionisti, diversi dai soci che partecipano in misura superiore al 3 per cento del capitale, in numero superiore a cinquecento che detengano complessivamente una percentuale di capitale sociale almeno pari al 5 per cento e superino due dei tre limiti indicati dall'articolo 2435 bis, primo comma. Non si considerano emittenti diffusi quegli emittenti le cui azioni sono soggette a limiti legali alla circolazione riguardanti anche l'esercizio dei diritti aventi contenuto patrimoniale, ovvero il cui oggetto sociale prevede esclusivamente lo svolgimento di attività non lucrative di utilità sociale o volte al godimento da parte dei soci di un bene o di un servizio. Non si considerano emittenti diffusi: 1) gli emittenti in amministrazione straordinaria dalla data di emanazione del decreto che dispone la cessazione dell'attività di impresa; 2) gli emittenti in concordato preventivo liquidatorio o in continuità indiretta dalla data di omologazione da parte dell'autorità giudiziaria; 3) gli emittenti nei cui confronti è dichiarata la liquidazione giudiziale o posti in liquidazione coatta amministrativa a norma del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, o delle leggi speciali; 4) gli emittenti nei cui confronti è stata disposta la totale riduzione delle azioni o del valore delle obbligazioni dalla data di pubblicazione del provvedimento di cui all'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180. Sono emittenti obbligazioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante gli emittenti italiani di obbligazioni, anche relative a diverse emissioni in corso, di valore nominale complessivamente non inferiore a 5 milioni di euro e con un numero di obbligazionisti superiore a cinquecento. Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano agli strumenti finanziari emessi dalle banche diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni. Gli emittenti si considerano emittenti strumenti finanziari diffusi dall'inizio dell'esercizio sociale successivo a quello nel corso del quale si sono verificate le condizioni previste dal presente articolo fino alla chiusura dell'esercizio sociale in cui è stato accertato il venir meno di tali condizioni. Nel caso previsto dall'articolo 2409 bis, secondo comma, si applica alla società di revisione l'articolo 155, comma 2, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Ai fini di cui all'articolo 2343 ter, per valori mobiliari e strumenti del mercato monetario si intendono quelli di cui all'articolo 1, commi 1-bis e 1-ter, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”; La lettera b) ha modificato l'art. 2341-ter, c.c. in tema di pubblicità dei patti parasociali, stabilendo che tale pubblicità sarà obbligatoria anche per le società con azioni negoziate in MFT; La lettera c) ha modificato l'art. 2391-bis, c.c. in tema di operazioni con parti correlate, le cui disposizioni saranno applicabili ora soltanto alle società quotate e non più agli emittenti strumenti finanziari diffusi. Da ultimo, sempre l'art. 4 in commento ha espressamente abrogato l'art. 111-bis, disp. att., c.c. La nuova definizione di società emittenti strumenti finanziari diffusi si pone in sostanziale continuità con il passato, con alcune precisazioni, anche in negativo. Si tratta, dunque, di emittenti italiani non quotati in mercati regolamentati italiani che abbiano azionisti diversi dai soci che partecipano in misura superiore al 3 per cento del capitale, in numero superiore a cinquecento che detengano complessivamente una percentuale di capitale sociale almeno pari al 5 per cento e superino due dei tre limiti indicati dall'art. 2435-bis, comma 1, c.c. (bilancio in forma abbreviata): i) euro 4.400.000 di totale dell'attivo patrimoniale; ii) euro 8.800.000 di ricavi delle vendite e delle prestazioni; iii) 50 dipendenti occupati in media durante l'esercizio. La legge prevede, come visto, diverse esclusioni, per lo più legate allo svolgimento di attività non lucrative oppure a situazioni di natura concorsuale. Per quanto riguarda le obbligazioni, sono considerati emittenti diffusi gli emittenti italiani che abbiano emesso obbligazioni il cui valore nominale sia complessivamente non inferiore a cinque milioni di euro e con un numero di obbligazionisti superiore a cinquecento. Le disposizioni che precedono non si applicano agli strumenti finanziari emessi dalle banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni. Da segnalare un'incongruenza di sistema. La norma precisa che, qualora la revisione legale dei conti fosse esercitata dal collegio sindacale, ai sensi dell'art. 2409-bis, c.c., “si applica alla società di revisione l'articolo 155, comma 2, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”, dovendo, in tal modo, il collegio sindacale informare la Consob (e gli organi di controllo) di fatti censurabili rilevanti. Giova ricordare in proposito (ut supra) che l'art. 4 in commento ha abrogato, tra gli altri, l'art. 111-bis, disp. att. c.c., che, appunto, si riferiva anche all'art. 155 TUF, ripristinandolo, tuttavia, nel nuovo art. 2325-ter, c.c., in evidente e stridente contrasto con il principio che vorrebbe sottratte al controllo della Consob tutte le società emittenti strumenti finanziari diffusi. Si tratta, con ogni probabilità d'un errore di coordinamento normativo perché, diversamente, non si spiegherebbe, da una parte, l'affermazione di un principio, qual è, appunto, il superamento dei controlli da parte della Consob e, dall'altra parte, il ripristino di tale controllo sotto forma dell'informativa alla stessa Consob da parte dell'organo di controllo di fatti censurabili rilevanti. In conclusione Se gli obiettivi del legislatore erano quelli di facilitare il processo di listing e la permanenza nei mercati, in particolare delle PMI; incoraggiare la partecipazione ai mercati dei capitali italiani da parte degli investitori; valorizzare le potenzialità del digitale ai fini dell'accesso al mercato di imprese e investitori e rendere il sistema di applicazione delle regole più efficiente ed efficace, è certamente possibile affermare che la c.d. “legge capitali” ed, in particolare, il suo art. 4 in commento, sembrano, se non aver centrato completamente l'obiettivo, aver compiuto un importantissimo passo in aventi in tal senso. Rimangono alcuni problemi da chiarire. In primis, senza più alcun obbligo d'informativa alla Consob (se non del tutto residuale ed incerta, come visto), senza più alcun elenco degli emittenti c.d. diffusi tenuto, com'è noto, dalla stessa Consob e in assenza di condizioni qualitative (come avvenuto finora), sembrerebbe che la qualificazione e l'individuazione di tali società come enti diffusi sia sostanzialmente autoreferenziale e legata a valutazioni solo ed unicamente quantitative. Forse, come adombrato dallo stesso Libro Verde del MEF su “La competitività dei mercati finanziari italiano a supporto della crescita” (“Come noto, le “società diffuse” rappresentano una categoria residuale, per taluni aspetti non più attuale alla luce della progressiva evoluzione della normativa europea applicabile agli emittenti strumenti finanziari negoziati su MTF e alle società operanti nel settore bancario e assicurativo”), tagliando i ponti con il passato, sarebbe stato opportuno archiviare l'esperienza delle società diffuse e adeguare definitivamente i nostri assetti finanziari, come fatto da altri partner dell'Unione, ai sistemi multilaterali di negoziazione, in alternativa ai mercati regolamentati. |