Il contratto di mutuo condizionato non è un titolo esecutivo

15 Luglio 2024

Per la Cassazione deve escludersi che il contratto di mutuo condizionato possa costituire, da solo, titolo esecutivo, essendo necessario un ulteriore atto, necessariamente consacrato nelle forme richieste dall'art. 474 c.p.c. (atto pubblico o scrittura privata autenticata) che attesti l'effettivo svincolo della somma già mutuata (e ritrasferita alla mutuante) in favore della parte mutuataria e l'insorgenza, in capo a questa, dell'obbligazione di restituzione di quella somma.

Massima

Nel caso in cui venga stipulato un complesso accordo negoziale, in forza del quale una banca concede una somma a mutuo e la eroga effettivamente al mutuatario (anche mediante semplice accredito, senza consegna materiale del danaro), ma, al tempo stesso, si convenga che tale somma sia immediatamente e integralmente restituita dal mutuatario alla mutuante (e se ne dia atto nel contratto), con l'intesa che essa sarà svincolata in favore del mutuatario stesso solo al verificarsi di determinate condizioni, benché debba riconoscersi come regolarmente perfezionato un contratto reale di mutuo, deve però escludersi, ai sensi dell'art. 474 c.p.c., che dal complessivo accordo negoziale stipulato tra le parti risulti un'obbligazione attuale, in capo al mutuatario, di restituzione della somma stessa, in quanto tale obbligazione sorge – per volontà delle parti stesse – solo nel momento in cui la somma in questione sia successivamente svincolata in suo favore ed entri nuovamente nel suo patrimonio; di conseguenza, deve escludersi che un siffatto contratto costituisca, da solo, titolo esecutivo, essendo necessario un ulteriore atto, necessariamente consacrato nelle forme richieste dall'art. 474 c.p.c. (atto pubblico o scrittura privata autenticata) che attesti l'effettivo svincolo della somma già mutuata (e ritrasferita alla mutuante) in favore della parte mutuataria e l'insorgenza, in capo a questa, dell'obbligazione di restituzione di quella somma.

Il caso

Una società cessionaria di un credito scaturente da un contratto di mutuo ipotecario notificava al debitore precetto, avverso il quale veniva proposta opposizione ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c. Nell'atto di citazione veniva contestata sia la titolarità del credito, affermandosi che l'indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell'avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, non era idonea a dare adeguata prova dell'avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, sia l'esistenza di un titolo esecutivo, in quanto, nel caso di specie, la somma mutuata era stata erogata ma immediatamente restituita alla banca per essere trattenuta in un deposito infruttifero fino alla costituzione della garanzia ipotecaria; sia, infine, la nullità della clausola del contratto di mutuo che faceva riferimento all'Euribor ai fini della determinazione del tasso di interesse.

L'opposizione così proposta era respinta dal tribunale con sentenza, poi confermata anche in sede di gravame.

La questione

Avverso il provvedimento d’appello veniva proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi di censura; tra di essi particolarmente rilevante risulta il secondo motivo che permette alla Cassazione di prendere posizione sulla possibilità di configurare il mutuo condizionato quale titolo esecutivo.  

Veniva infatti chiesto alla S.C. se il fatto che l’importo mutuato fosse stato depositato su un conto infruttifero a garanzia delle obbligazioni assunte potesse o meno valere come sintomo della effettività della messa a disposizione della somma mutuata.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione cassa con rinvio la sentenza impugnata, affermando che il contratto di mutuo che preveda l'erogazione della somma alla parte mutuataria, la sua retrocessione alla parte mutuante e il suo svincolo solo al verificarsi di una determinata condizione, non costituisce titolo esecutivo in assenza dell'attestazione dell'avvenuto svincolo e che detta attestazione può avvenire solo tramite la stipula di un atto avente le forme prescritte dall'art. 474 c.p.c. (i.e. atto pubblico o scrittura privata autenticata).

Per la S.C. non è dubbio che il contratto di mutuo, il quale ha carattere reale e non obbligatorio, possa ritenersi regolarmente perfezionato in virtù della consegna e della messa a disposizione della somma mutuata in favore della mutuataria. Sennonché, nel caso portato alla sua attenzione, l'atto pubblico, oltre alla mera stipulazione del contratto di mutuo, conteneva ulteriori pattuizioni tra le parti, dalle quali emergeva che la somma mutuata, «effettivamente ricevuta dalla società mutuataria, era stata da quest'ultima nuovamente trasferita alla banca mutuante, mediante il suo deposito su un conto corrente vincolato presso la stessa». Pertanto, sebbene non fosse dubbio che l'atto pubblico così redatto integrasse gli estremi del mutuo, doveva escludersi la sussistenza di una «obbligazione attuale di pagamento di una somma di danaro a carico della società mutuataria ed in favore della banca mutuante, come richiesto dall'art. 474 c.p.c.», in quanto detta obbligazione non era da considerarsi efficace, giacché il suo sorgere era subordinato al verificarsi di condizioni successive alla stipulazione del contratto.

Più precisamente, per la Cassazione poiché il deposito bancario ha natura di deposito irregolare, per cui la banca depositaria acquista la proprietà della somma di denaro depositata pur avendo l'obbligo di restituirla al verificarsi di alcune condizioni indicate nel contratto di mutuo, il ritrasferimento della somma in discorso al mutuatario richiede un successivo atto volontario della banca mutuante volta ad un nuovo trasferimento del denaro al mutuatario, in modo da far sorgere in capo a quest'ultimo l'obbligazione di restituzione della somma mutuata.  In mancanza di siffatto “svincolo”, la parte mutuataria non è messa in condizione di disporre della somma mutuata, la quale, dunque, resta ancora nella disponibilità della banca mutuante. Dunque, sino allo “svincolo” (i.e. al trasferimento della somma mutuata) ad opera della banca, «non solo sulla parte mutuataria non può ritenersi gravare alcuna obbligazione di restituzione della predetta somma, che si trova in realtà già nel patrimonio giuridico della banca, ma, addirittura, al contrario, è la banca che risulta obbligata (al verificarsi delle condizioni convenzionalmente previste) a trasferirla alla mutuataria».

Osservazioni

Con la sentenza in commento, la Cassazione prende posizione sulla controversa qualificazione del mutuo condizionato quale titolo esecutivo, compiendo (almeno a nostro avviso) un deciso passo indietro rispetto all'apertura manifestata dalla stessa giurisprudenza di legittimità nel recente passato.

In merito, come si è appena avuto modo di osservare, la Suprema Corte non mette in dubbio che il mutuo, quale contratto reale, si perfezioni non solo in caso di effettiva consegna della somma mutuata in favore del mutuatario, ma anche nell'ipotesi in cui il danaro venga messo a disposizione della parte mutuataria mediante un mero accredito contabile, in quanto in entrambi i casi la somma in discorso deve ritenersi comunque entrata nel patrimonio giuridico del mutuatario (in merito si v. la consolidata giurisprudenza espressa tra le altre da Cass. 21 luglio 1998, n. 7116; Cass. 15 luglio 1994, n. 6686; Cass. 12 ottobre 1992, n. 11116; Cass. 20 ottobre 2004, n. 17211; Cass. 27 agosto 2015, n. 17194).

Sennonché, la decisione in commento esclude che un siffatto negozio possa rivestire la qualità di titolo esecutivo e per giungere a tale conclusione afferma che laddove la somma mutuata, «effettivamente ricevuta dalla società mutuataria», venga depositata presso la banca mutuataria mediante il suo deposito su un conto corrente vincolato presso la stessa, deve ritenersi che la proprietà della stessa sia stata di nuovo costituita in capo alla banca, con obbligo di quest'ultima di restituirla a seguito del consolidamento della garanzia ipotecaria.

La decisione non prende posizione, tuttavia, sugli autorevoli precedenti rappresentati da Cass. 27 ottobre 2017, n. 25632 e Cass. 22 marzo 2022, n. 9229, secondo cui «Ai fini del perfezionamento del contratto di mutuo, avente natura reale ed efficacia obbligatoria, l'uscita del denaro dal patrimonio dell'istituto di credito mutuante, e l'acquisizione dello stesso al patrimonio del mutuatario, costituisce effettiva erogazione dei fondi, anche se parte delle somme sia versata dalla banca su un deposito cauzionale infruttifero, destinato ad essere svincolato in conseguenza dell'adempimento degli obblighi e delle condizioni contrattuali»; tale indirizzo – fatto proprio anche da Cass. 3 dicembre 2021, n. 38331, relativa a clausole negoziali contenute in un contratto di mutuo per le quali la mutuataria aveva riconsegnato, tramite note contabili, la somma mutuata alla mutuante, con il successivo pattuito ritrasferimento delle somme all'istituto bancario per la loro costituzione in deposito cauzionale infruttifero in attesa del definitivo svincolo delle stesse, e da Cass. 7 dicembre 2021, n. 38884, in cui il mutuatario aveva vincolato la somma mutuata a deposito infruttifero a garanzia del corretto adempimento degli obblighi accessori in capo al mutuatario – invero, è stato messo in discussione da parte della giurisprudenza di merito la quale ha messo in evidenza la discrasia intrinseca al contratto di mutuo allorché, la somma finanziata prima risulta erogata e poi, invece, vincolata e giacente presso la banca, in quanto tale prassi crea una situazione di vantaggio solo per quest'ultima che, fin da subito, si trova nella condizione di poter incassare le rate del mutuo risultanti dal piano di ammortamento (così ex multis Trib. Lagonegro, 20 marzo 2018, n. 89; Trib. Campobasso, 25 luglio 2017, per le quali un mutuo di tal genere non integra un titolo esecutivo se difetta dell'attestazione dello svincolo effettivo della somma mutuata tramite separato atto pubblico o di quietanza tramite scrittura privata autenticata; più di recente Trib. Fermo, 22 gennaio 2024, n. 51, in dirittodelrisparmio.it; in senso contrario si v. tra le molte Trib. Roma, 17 aprile 2020, n. 6283 e Trib. Civitavecchia, 29 gennaio 2020, n. 123).

Di tutto quanto appena riferito, tuttavia, non vi è traccia nella sentenza in commento, la quale si limita ad argomentare il proprio revirement sulla base di una norma, qual è l'art. 1834 c.c., di controversa e incerta interpretazione.

La disciplina legale del deposito bancario non si distingue infatti per l'esaustività. Le norme codicistiche si occupano, essenzialmente, del libretto di deposito (cfr. artt. 1835 e 1836 c.c.) e l'unica disposizione specificamente dedicata al deposito (art. 1834 c.c.) non fornisce una precisa definizione del contratto, ma ne descrive (più che altro) gli effetti.

Alla luce di un contesto normativo carente e della conseguente esigenza di colmare il vuoto disciplinare, è facile comprendere perché la natura giuridica del deposito bancario risulti, tuttora, controversa. Sono, però, tali e tante le ricostruzioni sull'inquadramento del contratto di deposito di danaro che non è possibile darne conto analiticamente in questa sede. In sintesi, conviene limitarsi a rilevare che esse oscillano tra la riconduzione dell'istituto nello schema del deposito irregolare (art. 1782 c.c.) o del mutuo (artt. 1813 ss. c.c.), mentre da tale prospettiva si discosta un'ulteriore corrente di pensiero che attribuisce una propria autonomia al tipo legale di cui all'art. 1834 c.c. (G.F. Campobasso, Deposito, III, Deposito bancario, in Enc. giur. Treccani, X, Roma, 1988, 1).

Queste brevi osservazioni rendono evidente come la soluzione offerta dai giudici di legittimità lasci quantomeno perplessi, anche alla luce del fatto che la qualificazione giuridica operata dalla decisione in epigrafe riguardo al mutuo condizionato induce a ritenere che esso abbia, più che natura reale, carattere obbligatorio, avvicinandolo così a figure simili di mutuo, quale quello contratto per la realizzazione di interventi edilizi. Come è stato giustamente notato (Cagliari, Il mutuo non è titolo esecutivo (stragiudiziale) quando manchi l'effettivo svincolo della somma erogata a favore del mutuatario, in Eclegal.it), «non può, tuttavia, sottacersi la differenza strutturale che caratterizza le due fattispecie, se si pensa che il ritrasferimento alla banca della somma erogata non è propriamente assimilabile a una mancata e non ancora attuale erogazione; sicché pretendere che anche lo svincolo trovi evidenza in un atto stipulato in forma pubblica potrebbe risultare particolarmente oneroso nell'economia complessiva dell'operazione di finanziamento».

In conclusione, è auspicabile che la Corte di cassazione ritorni sui suoi passi soprattutto quando si consideri che siffatta posizione, oltre a non trovare un'adeguata giustificazione sul piano interpretativo, appare in aperta contraddizione con l'ormai consolidato trend volto all'ampliamento dell'ambito di operatività dei titoli esecutivi giudiziali, circostanza che appare stridere con il restringimento del novero dei titoli stragiudiziali operato dalla decisione in commento.

Riferimenti

R. CAFARO, La struttura del contratto di mutuo, in R. CAFARO-P. PAGLIARO, Il contratto di mutuo, Milano, 2011;

L. CAPUTO, Contratto di mutuo condizionato e idoneità a costituire un titolo esecutivo, in questa Rivista, 2018;

S. CAPRIO, Il contratto di mutuo: un valido titolo esecutivo, in REF, 2020, 769;

A. CERRATO, L'inidoneità del contratto di mutuo cd. “condizionato” ad assumere la veste di titolo esecutivo, in questa Rivista, 2019;

R. METAFORA, L'idoneità del contratto di mutuo a fungere da titolo esecutivo e la sospensione dell'esecutorietà, in questa Rivista, 2019.

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