Il tribunale di Roma sulla nozione di “valore di liquidazione” e applicabilità del cram down fiscale al concordato in continuità

La Redazione
15 Luglio 2024

Il tribunale di Roma fornisce alcuni chiarimenti in merito alle nozioni di valore di liquidazione ex art. 84 comma 5 e di valore di liquidazione ex art. 84 comma 6, c.c.i.i., concentrandosi poi sul dibattuto tema dell’applicabilità o meno del meccanismo del cram down ex art. 88 comma 2-bis, c.c.i.i. al concordato in continuità.

In un concordato preventivo in continuità diretta, la ricorrente chiedeva l'omologa forzosa ai sensi dell'art. 88 comma 2-bis e 112 comma 2, c.c.i.i.

In via preliminare, il tribunale fornisce alcune indicazioni circa le nozioni di valore di liquidazione impiegate dal legislatore nell'art. 84 comma 4 e nell'art. 84 comma 6, c.c.i.i.

Per determinare il valore di liquidazione ex art. 84 comma 4, occorre stimare il valore – deve ritenersi, alla data di deposito della domanda di concordato – che potrebbe trarsi dalla alienazione/realizzo in sede di liquidazione  giudiziale dell'intero patrimonio della ricorrente (azienda, beni estranei al perimetro aziendale, crediti, liquidità, eventuali utilità ritraibili da azioni risarcitorie o revocatorie); tale valore dovrà essere calcolato, quanto all'azienda, con riferimento al presumibile realizzo derivante dalla vendita della stessa in sede di esercizio provvisorio disposto dal Tribunale dopo l'apertura del procedimento liquidatorio ovvero al valore di liquidazione dei singoli beni aziendali laddove si ravvisi come non prevedibile - perché non conveniente - l'esercizio provvisorio rispetto alla cessazione dell'azienda ed alla vendita atomistica dei suoi beni. Questo valore di liquidazione, a ben vedere, altro non è che quello cui fa riferimento il medesimo articolo 84 al successivo comma 6, a proposito della regola della “relative priority rule”.

Quanto al valore eccedente quello di liquidazione esso consisterà nella continuità diretta nei c.d. flussi di continuità, ossia negli utili tratti dalla domanda di concordato in poi.

Sottolinea anche il tribunale che:

“nel concordato in continuità aziendale diretta, come è lecita la conservazione in capo al debitore della titolarità dell'azienda, allo stesso modo deve ritenersi lecito proporre ai creditori di non esercitare l'azione di responsabilità; naturalmente del valore che sarebbe stato ritraibile da tali azioni dovrà tenersi conto ai fini della determinazione del valore di liquidazione da ripartirsi con la regola della absolute priority rule, e ciò comporta che non tutta l'eccedenza generata rispetto al valore di liquidazione può essere distribuita secondo la regola della relative priority rule ma sino alla concorrenza del valore di liquidazione dovrà essere utilizzata per pagare integralmente almeno una parte del ceto privilegiato”.

Venendo al tema, ampiamente dibattuto in dottrina e in giurisprudenza (si veda Trib. Lucca 17 luglio 2023 e, da ultimo, Trib. Cosenza 12 giugno 2024), inerente l'applicabilità o meno del meccanismo del cram down  previsto all'art. 88 comma 2-bis, c.c.i.i. al concordato in continuità, il tribunale afferma di non condividere le difese di parte ricorrente (che sostenevano detta applicabilità). Ritiene, infatti, il tribunale che non si applichi al concordato in continuità aziendale l'art. 88 comma 2-bis c.c.i.i. attesa la “radicale divaricazione” sussistente nell'odierno codice tra il concordato liquidatorio e quello in continuità.

Come già affermato da altra giurisprudenza di merito, infatti, l'interpretazione che nega l'applicabilità del cram down fiscale e contributivo al concordato in continuità si lascia preferire innanzi tutto per un motivo letterale: l'art. 88 comma 2-bis, c.c.i.i. richiama espressamente “le percentuali di cui all'art. 109 comma 1” e l'art. 109 comma 1 regola le sole maggioranze del concordato liquidatorio.

Altro argomento impiegato dal tribunale – ripreso da Trib. Lucca 18 luglio 2023 – è il seguente: “la omologazione per effetto della c.d. ristrutturazione trasversale è stata introdotta in sede di esecuzione della direttiva 2019/1023 che se da un lato, come già detto, permette l'approvazione anche in presenza del voto favorevole di una sola classe, dall'altro non richiama mai la possibilità di considerare un voto non espresso da parte di un creditore (se non addirittura in senso contrario) come voto favorevole”.

Infine: “Non può non sottacersi, del resto, il fatto che una eventualità così incisiva come la possibilità di capovolgere l'espressione di voto di un creditore che si realizza attraverso il cram down (…) non può che derivare da una chiara previsione di legge, senza la quale deve valere la regola generale del rispetto della volontà espressa da ogni creditore attraverso il voto”.

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