Debiti contributivi previdenziali omessi: la definizione agevolata è riferibile ai soli enti pubblici previdenziali e non alle Casse di previdenza professionali

18 Luglio 2024

La vicenda attiene alla definizione dell'ambito di applicazione dell'art. 6 d.l. n. 193/2016, conv., con modif., in l. 225/2016, che ha introdotto una definizione agevolata, fra gli altri, dei debiti di natura contributivo-previdenziale: ciò nel senso di ammettere la regolarizzazione della posizione contributiva dei lavoratori interessati, ai fini della maturazione dei requisiti pensionistici, senza il pagamento delle sanzioni e interessi altrimenti dovuti per ritardi e omissioni. La controversia attiene alla applicabilità di tale disposizione, oltre che ai debiti per contributi previdenziali nei confronti di Enti pubblici (quale l'Inps), anche a quelli che interessano enti previdenziali privati, quali le Casse di previdenza professionali.

Massima

L'art. 6 del d.l. n. 193/2016, conv., con modif., in l. n. 225/2016, – che con norma transitoria ha previsto, per i debiti di contributi previdenziali omessi o ritardati, la possibilità di regolarizzazione senza corresponsione di sanzioni e interessi di mora – si applica al solo caso di sanzioni e somme aggiuntive correlate a contributi previdenziali e premi dovuti agli enti pubblici previdenziali, come evidente dal richiamo all'art. 27, comma 1, d.lgs. n. 46 del 1999. Ne consegue che non possono fruire di tale definizione agevolata del debito contributivo, i professionisti iscritti a Casse di previdenza professionale (nel caso di specie CIPAG) e ciò in ragione della natura di soggetto giuridico privato della Cassa stessa, estranea quindi al perimetro applicativo individuato dalla norma, limitato agli enti pubblici previdenziali.

Il caso

Breve premessa

La previdenza obbligatoria italiana, dagli anni Novanta del Novecento, è stata interessata da un processo, da una parte, di progressiva uniformazione delle condizioni di maturazione e accesso ai trattamenti pensionistici e, dall'altra, di accentramento in capo all'Inps della maggior parte delle gestioni previdenziali.

Tale processo non ha interessato taluni settori lavorativi, in particolare quello delle professioni ordinistiche, per le quali continuano ad operare, ai fini della previdenza di base, le Casse professionali.

Tali Casse sono enti privati, sottratti – in ampia misura – alla normativa generale in materia di contribuzioni e prestazioni previdenziali, e destinatarie, ai sensi di legge, di rilevanti poteri di autonomia gestionale e regolamentare.

Tali premesse sono utili a un inquadramento della decisione in esame, che proprio nella autonomia e “diversità” delle Casse professionali trova sostanziale fondamento.

La vicenda giudiziale

Alla Cassazione aveva fatto ricorso la Cassa professionale dei geometri (CIPAG) in via di impugnazione del verdetto del giudice d'Appello, con il quale era stato riconosciuto il diritto di un iscritto, a vedersi liquidata - dalla Cassa medesima - la pensione di vecchiaia, a fronte della regolarizzazione di una quota parte del relativo debito contributivo, attuata secondo le modalità agevolate previste dall'art. 6, comma 1, d.l. n. 193/2016, conv., con modif., in l. 225/2016.

I motivi di ricorso, al giudice di legittimità, da parte della CIPAG, si sono concentrati essenzialmente sulla inapplicabilità dell'art. 6 cit. ai debiti previdenziali diversi da quelli di cui sia creditore l'Inps (o comunque un ente pubblico). Al riguardo, va rammentato come la norma in questione, in via eccezionale e transitoria, abbia previsto la possibilità per i lavoratori di “saldare” l'eventuale, ritardato/omesso pagamento di contributi previdenziali, senza l'applicazione degli - altrimenti necessari - importi accessori, a titolo di sanzione e interessi.

Tutta la questione ruota quindi attorno all'ambito di applicabilità di tale “definizione agevolata”, prevista dalla norma in questione, e, nello specifico, alla sua riferibilità agli obblighi contributivi nei confronti di enti privati (quali le Casse di previdenza professionale): dalla ammissione o dalla esclusione di tale applicabilità derivava, nel caso di specie, il riconoscimento/disconoscimento del diritto a pensione, cioè dell'integrazione dei presupposti contributivi a fondamento dello stesso.

Le questioni

La Cassazione, nell'accogliere il ricorso della CIPAG, effettua un excursus complessivo della fattispecie, volto a dare evidenza agli elementi di diritto che la portano a sovvertire le decisioni assunte nei due gradi di merito.

Il punto di partenza è quindi l'art. 6 d.l. n. 193/2016, cit. il quale ha disposto che “relativamente ai carichi affidati agli agenti della riscossione [oggi: Agenzia delle Entrate-Riscossione] dal 2000 al 2016, i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere sanzione comprese in tali carichi, gli interessi di mora …” (comma 1); la norma dispone poi che “[non] sono esclusi dalla definizione di cui al comma 1 i carichi affidati agli agenti della riscossione recanti … sanzioni … irrogate per violazioni tributarie o per violazioni degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali” (comma 10, lett. e-bis).

Il periodo finale della norma, laddove fa riferimento a “contributi e premi dovuti dagli enti previdenziali” è stato oggetto di interpretazione autentica da parte dell'art. 11, comma 10-bis, l. n. 45/2017, il quale ha sostanzialmente chiarito che la definizione agevolata può interessare sia il caso di violazione di obblighi contributivi dovuti dall'ente previdenziale, sia quello di violazione degli obblighi contributivi nel caso in cui il debitore sia l'iscritto all'ente previdenziale.

Le soluzioni giuridiche

È proprio attraverso l'approfondimento del contenuto di tale norma che la Cassazione matura la propria decisione, arrivando ad escluderne, dal perimetro applicativo, gli enti giuridici di diritto privato, quali sono le Casse professionali.

In tal senso si osserva come l'art. 6 cit. (secondo quanto evidenziato anche da Corte Cost. n. 29/2018), in via derogatoria e temporanea, abbia inteso far fronte alle evenienze congiunturali conseguenti alla soppressione del concessionario Gruppo Equitalia ed al subentro, nelle relative attività di riscossione, dell'Agenzia delle Entrate.

L'obiettivo della norma – oltre che di incrementare i livelli di gettito e adempimento spontaneo – è stato soprattutto quello di evitare che il soggetto della riscossione subentrante (AdE) si trovasse ad avere, da subito, un pesante arretrato, tale da condizionare l'avvio e l'implementazione della attività; arretrato sul quale avrebbero inciso in maniera gravosa, le sanzioni e interessi moratori. Ciò confermerebbe la natura eccezionale, circostanziale, della norma e la sua conseguente “stretta applicazione”.

D'altra parte, è il portato letterale della norma (art. 6, comma 1, ultima parte, da considerare in stretta interdipendenza con il comma 10, lett. e-bis cit.) a circoscriverne l'ambito operativo con riguardo alle sanzioni e somme aggiuntive di cui all'art. 27, comma 1, D.lgs. n. 46 del 1999, cioè quelle correlate a contributi previdenziali o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali.

Con la conseguenza che non vi rientrano le Casse previdenziali dei professionisti, data la loro personalità giuridica di diritto privato.

Si tratta di una conclusione, osserva la Corte, rispettosa dell'autonomia in materia di regime sanzionatorio per inadempienze contributive, riconosciuta alle Casse professionali dalla l. n. 140/1997. Alle Casse non si applica, quindi, il generale regime sanzionatorio, essendo dotate di un distinto potere determinativo al riguardo, che certamente può essere derogato dal legislatore, ma che nel caso di specie non è stato derogato, come evidente dal richiamo ex art. 27 cit. alle sole sanzioni correlate a contributi previdenziali o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali.

Se ciò è vero, ad avviso della Corte, è altrettanto vero che il pagamento parziale del debito – cioè, soli contributi senza sanzioni e interessi – non consente di computare la relativa anzianità contributiva ai fini della maturazione del diritto a pensione.

Al riguardo, la Cassazione in commento si rifà a precedenti approdi della giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n. 10431/2017) – successivi alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 5076/2015 – ai sensi dei quali, anzitutto, nei regimi previdenziali propri dei liberi professionisti, le sanzioni per ritardato o ommesso pagamento dei contributi, in luogo di una conseguenza afflittiva, prefigurano una predeterminazione legale del danno cagionato all'ente previdenziale. Alla luce di ciò è stato evidenziato come, in tali sistemi previdenziali, “non trova applicazione il principio di automaticità delle prestazioni di cui all'art. 2116 c.c., per modo che l'erogazione delle provvidenze [pensioni] non è collegata alla maturazione dei presupposti per il sorgere dell'obbligazione contributiva, ma al suo integrale adempimento”.

Da ciò l'importante conseguenza che “l'integralità dell'adempimento […] al fine di riconoscere il diritto alla pensione […] debba concernere non soltanto l'obbligazione principale, relativa ai contributi, ma, in ragione del vincolo di dipendenza genetico-funzionale [fra obbligo contributivo e sanzioni] anche quella accessoria, afferente alle sanzioni civili”.

In ragione della natura privatistica delle Casse di previdenza professionali, viene inoltre data evidenza all'art. 1901 c.c., che abilita l'assicuratore a sospendere la garanzia in caso di mancato pagamento del premio (inteso nella sua globalità), al fine di salvaguardare l'equilibrio economico e la solvibilità dell'ente previdenziale a fronte del mancato adempimento dell'assicurato, in ragione della già richiamata caratteristica delle sanzioni di costituire una predeterminazione legale del danno cagionato all'ente previdenziale.

Osservazioni

Va osservato che in tempi non lontani la stessa Corte di cassazione (v. Cass. n. 14864/2011 e ante n. 18148/2006) aveva argomentato in senso sostanzialmente opposto a quello appena rappresentato, ritenendo che, anche in caso di previdenza delle Casse professionali, le sanzioni pecuniarie irrogate al datore di lavoro, per l'omesso o ritardato pagamento dei contributi previdenziali, avrebbero natura diversa rispetto all'obbligazione contributiva stessa.

In pratica, mentre l'obbligazione contributiva sarebbe volta a costituire – presso l'ente gestore – la provvista necessaria all'erogazione delle prestazioni previdenziali e assistenziali, la sanzione civile sarebbe piuttosto il rafforzamento dell'obbligazione contributiva mediante l'irrogazione di una pena pecuniaria al trasgressore.

Va altresì osservato che la sentenza in esame ha ritenuto non pertinente, al caso de quo, il richiamo fatto dal resistente in giudizio, ad altro approdo di legittimità – Cass. n. 15643/2018 – con il quale era stato riconosciuta la maturazione del diritto a pensione in favore del professionista (anche in quel caso un geometra) nonostante il versamento solo parziale dei contributi dovuti.

Al di là dei contenuti sostanziali di tale pronuncia, la Cassazione in commento rileva come la stessa avesse a riferimento una quaestio facti diversa, afferente al pagamento solo in parte dei contributi e non l'omissione del pagamento delle sanzioni.

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