Gli oneri di produzione documentale nei contratti bancari nella più recente giurisprudenza di legittimità

17 Luglio 2024

Il tema oggetto di indagine inerisce alla ricostruzione – o ad un suo tentativo – dell'onere di produzione documentale nell'ambito dei rapporti bancari laddove vengano in contesa movimenti patrimoniali privi di giustificazione e si imponga l'accertamento del corretto saldo di conto corrente. La questione involge da un lato un classico del diritto, ossia la corretta individuazione del riparto dell'onere probatorio; dall'altro, la necessità o meno della completa ricostruzione dell'intero rapporto bancario (a volte di lunga durata) ad opera dell'attore. Tale tema evoca il principio di vicinanza della prova di matrice giurisprudenziale, su cui tuttavia la giurisprudenza di merito e legittimità ha assunto  posizioni non univoche, evidenziando limiti e criticità dell'argomento in esame.

Il quadro normativo

La norma di riferimento è costituita dall'art. 2697 c.c., a mente della quale chi vuole far valere in giudizio un diritto deve fornire la prova dei fatti che pone a suo fondamento.

Senza pretesa di esaustività, può rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità (v. in particolare, Cass. civ., sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 33009, in Rep. Foro it., 2019, « voce Contratti bancari », n. 60) ha poi affinato tale nozione e nell'ambito più strettamente bancario ha confermato che la ripartizione dell'onere della prova deve fondarsi, oltre che sulla distinzione ex art. 2697 c.c. tra fatti modificativi, estintivi e impeditivi del diritto fatto valere, anche sul principio della riferibilità o disponibilità o vicinanza ai mezzi di prova, «riconducibile all'art. 24 Cost. ed al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dell'agire in giudizio».

Tuttavia, il giudice di legittimità ha evidenziato la sussistenza di un «limite concettuale» immanente al suddetto principio, tale per cui questo «non può essere invocato ove ciascuna delle parti acquisisca la disponibilità della prova (documentale) di cui si dibatta (il che accade, almeno di regola, nel caso di stipula di contratti bancari [...])». Parimenti, secondo la giurisprudenza di legittimità, il principio in questione non può diventare uno strumento interpretativo di inammissibile valorizzazione nel processo «della diversità di forza economica dei contendenti».

Il presupposto logico e giuridico degli orientamenti giurisprudenziali sopra riferiti è l'annoso problema della materiale disponibilità della documentazione contrattuale nei rapporti tra correntista e banca — e, conseguentemente, della disponibilità della prova in giudizio — il cui primo riverbero discende dalle disposizioni di diritto sostanziale contenute nel testo unico bancario.

Un ruolo centrale è rivestito dall'art. 117 t.u.b. che impone la conclusione in forma scritta per tutti i contratti bancari e la consegna di una copia degli stessi al cliente (comma 1). Alla violazione di tale obbligo generale di forma la norma riconnette la sanzione della nullità del contratto (comma 3) (salve espresse deroghe normative). Facendo ricorso ad un'interpretazione sistematica delle norme del t.u.b., si ritiene che il diritto a ricevere la documentazione contrattuale permanga in capo al cliente, oltre che al momento della sottoscrizione, anche ogniqualvolta questi ne faccia richiesta, sia che affermi di non averla mai ricevuta, sia di averla smarrita. Tale diritto non sarebbe peraltro soggetto ad alcuna decadenza, al contrario di quella decennale prevista invece per la documentazione contabile dall'art. 119, comma 4, t.u.b., a norma del quale la banca ha l'obbligo di conservare e fornire al cliente che ne faccia richiesta «copia della documentazione inerente a singole operazioni» purché poste in essere nei dieci anni antecedenti.

Sul piano processuale l'importanza di ricostruire i contenuti originari del rapporto tra banca e correntista assume un notevole valore pratico poiché, com'è noto, una larga parte del contenzioso del settore ha ad oggetto l'asserita applicazione di voci commissionali o tassi non pattuiti o, ancora, l'esercizio del potere di ius variandi unilaterale tramite l'invio di una proposta di modifica unilaterale di contratto in violazione delle forme previste dall'art. 118 t.u.b..

L'omessa produzione del contratto di conto corrente e le sue conseguenze

La più recente giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che, con specifico riferimento alle conseguenze dell'omessa produzione del contratto di conto corrente, (v. in particolare, Cass. civ., sez. I, 26 aprile 2024, n. 11270 che rimanda alla motivazione della sentenza Cass. civ., sez. I, 6 febbraio 2024, n. 3310 nonché, in senso del tutto analogo, anche alle precedenti Cass. civ., sez. I, 3 aprile 2023, n. 9213, Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2023, n. 12993 e alla successiva Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2024, n. 4043), deve ritenersi gravante sull'attore, che agisca per l'accertamento del corretto saldo di un conto corrente(e per la restituzione di quanto versato in forza di clausole comunque invalide), la prova dell'inesistenza di una giusta causa dell'attribuzione patrimoniale compiuta in favore del convenuto, ancorché si tratti di prova di un fatto negativo. 

Inoltre, la Cassazione sottolinea che «nelle azioni suddette, colui che agisce allega la dazione senza causa di una somma di danaro non come adempimento di un negozio giuridico, ma come spostamento patrimoniale privo di causa, sicché può assolvere l'onere della prova di questo fatto al di fuori dei limiti probatori previsti per i contratti, atteso che detti limiti sono applicabili solo al pagamento dedotto come manifestazione di volontà negoziale e non a quello prospettato come fatto materiale estraneo alla esecuzione di uno specifico rapporto giuridico. Invero, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, i limiti legali di prova di un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem - così come i limiti di valore previsti dall'art. 2721 c.c. per la prova testimoniale - operano esclusivamente quando il suddetto contratto sia invocato in giudizio come fonte di reciproci diritti ed obblighi tra le parti contraenti, e non anche quando se ne evochi l'esistenza come semplice fatto storico influente sulla decisione del processo (cfr. Cass. civ., sez. VI, 4 marzo 2021, n. 5880; Cass. civ., sez. I, 19 febbraio 2015, n. 3336; Cass. civ., sez. I, 17 gennaio 2001, n. 566)». Dovendo qui solo aggiungersi che, quanto alla prospettata corresponsione di interessi anatocistici, varrebbe comunque la disciplina di cui all'art. 1283 c.c., come interpretato, in ambito di conto corrente bancario, dall'ormai consolidatasi giurisprudenza di legittimità.

Oneri probatori in tema di rideterminazione del saldo di conto corrente per espungere illegittimi addebiti

Con riguardo, poi, al tema degli oneri probatori in controversie, che vedano contrapposti banca e correntista, aventi ad oggetto la rideterminazione del saldo di un conto corrente bancario al fine di espungerne poste illegittimamente ivi addebitate, la recentissima Cass. civ., sez. I, 17 gennaio 2024, n. 1763 (in modo analogo anche v. Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2024, n. 4043, Cass. civ., sez. I,  14 febbraio 2024, n. 4067 e Cass. civ., sez. I, 29 febbraio 2024, n. 5387), ancorché non massimata sullo specifico punto, ha specificato (cfr., in particolare i par 2.9, 2.9.2. 2.9.4. 2.9.5. e 2.9.6 delle "Ragioni della decisione"), tra l'altro, che, nelle controversie aventi ad oggetto un rapporto di conto corrente bancario:

a) «(...) l'istituto di credito ed il correntista sono onerati della dimostrazione dei fatti rispettivamente posti a fondamento delle loro domande e/o eccezioni, tanto costituendo evidente applicazione del principio sancito dall'art. 2697 c.c.»;

b) «Una volta esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista (oppure la non debenza di commissioni di massimo scoperto o, ancora, il non corretto calcolo dei giorni valuta) e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, l'accertamento del dare ed avere può attuarsi con l'impiego anche di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto stessi (cfr. Cass. civ., sez. I, 25 luglio 2023, n. 22290; Cass. civ., sez. I, 18 aprile 2023, n. 10293).

Questi ultimi, infatti, non costituiscono l'unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto. Essi - come rimarcato dalla già menzionata Cass. civ., sez. I, 27 dicembre 2022, n. 37800 (e sostanzialmente ribadito dalle più recenti Cass. civ. n. 10293/2023 e Cass. civ. n. 22290/2023 sopra menzionate) - consentono di avere un appropriato riscontro dell'identità e della consistenza delle singole operazioni poste in atto. Tuttavia, in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l'andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni.

In tal senso, allora, a fronte della mancata acquisizione di una parte dei citati estratti, il giudice del merito: i) ben può valorizzare altra e diversa documentazione quale, esemplificativamente, e senza alcuna pretesa di esaustività, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni oppure, giusta la previsione degli artt. 2709 e 2710 c.c., le risultanze delle scritture contabili (ma non l'estratto notarile delle stesse, da cui risulti il mero saldo del conto in tal senso v. Cass. civ., sez. I, 10 maggio 2007, n. 10692 e Cass. civ., sez. I, 25 novembre 2010, n. 23974), o, ancora, gli estratti conto scalari (cfr. Cass. civ., sez. I, 22 dicembre 2023, n. 35921; Cass. civ., sez. I, 18 aprile 2023, n. 10293; Cass. civ., sez. VI, 27 ottobre 2020, n. 23476; Cass. civ., sez. VI, 30 giugno 2020, n. 13186), ove il c.t.u. eventualmente nominato per la rideterminazione del saldo del conto ne disponga nel corso delle operazioni peritali, spettando, poi, al giudice predetto la concreta valutazione di idoneità degli estratti da ultimo a dar conto del dettaglio delle movimentazioni debitorie e creditorie (come già opinato proprio dalla citata Cass. civ. n. 13186/2020, non massimata, in presenza di una valutazione di incompletezza degli estratti da parte del giudice del merito) oppure come sancito da altra recentissima pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (v. Cass. civ., sez. I, 29 gennaio 2024, n. 2607) - anche la stampa dei movimenti contabili risultanti a video dal database della banca, ottenuta dal correntista avvalendosi del servizio di home banking, se non contestata in modo chiaro, circostanziato ed esplicito dalla banca quanto alla sua non conformità a quanto evincibile dal proprio archivio (cartaceo o digitale); ii) parimenti, può attribuire rilevanza alla condotta processuale delle parti e ad ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell'art. 116 cod. proc. civ.»;

c) «È innegabile peraltro che, malgrado la richiamata, vasta tipologia di documentazione utilizzabile per la integrale ricostruzione delle operazioni che si sono susseguite sul conto (spesso in un arco temporale anche molto ampio), non sia possibile addivenire a quel risultato, sicché solo in tale ipotesi al giudice di merito sarà consentito utilizzare, dandone adeguata giustificazione, i metodi di calcolo che ritenga più idonei al raggiungimento comunque di un risultato che rispecchi quanto più possibile l'avvenuto effettivo sviluppo del rapporto tra le parti»;

d) «In quest'ottica, dunque, potrà certamente trovare applicazione anche il criterio dell'azzeramento del saldo o del cd. saldo zero, il quale, pertanto, altro non rappresenta che uno dei possibili strumenti attraverso il quale può esplicitarsi il meccanismo della ripartizione dell'onere probatorio tra le parti sancito dall'art. 2697 cod. civ.».

Modalità di effettuazione dei conteggi

La medesima pronuncia, inoltre, indica le modalità di effettuazione dei conteggi da parte del giudice (o del consulente di ufficio da lui eventualmente nominato), ove ritenga di avvalersi del criterio dell'azzeramento del saldo (così non escludendo, dunque, diverse modalità di ricalcolo del saldo medesimo), per l'ipotesi di riscontrata incompletezza degli estratti conto.

Va rimarcato, infine, quanto alla mancata produzione in appello di documentazione depositata dalle parti (o da una di esse) in primo grado, che le Sezioni Unite della Corte di cassazione (v. Cass. civ., sez. un., 16 febbraio 2023, n. 4835), hanno enunciato i seguenti principi di diritto:

a) «In materia di prova documentale nel processo civile, il principio di "non dispersione (o di acquisizione) della prova", che opera anche per i documenti, prodotti con modalità telematiche o in formato cartaceo, comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un'efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione»;

b) «In materia di prova documentale nel processo civile, il giudice d'appello ha il potere/dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi (mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte) illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni»;

c) «Affinché il giudice di appello possa procedere all'autonomo e diretto esame del documento già prodotto in formato cartaceo nel giudizio di primo grado, onde dare risposta ai motivi di impugnazione o alle domande ed eccezioni riproposte su di esso fondati, il documento può essere sottoposto alla sua attenzione, ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perché ritirato e non restituito, o perché questa è rimasta contumace in secondo grado), mediante deposito della copia rilasciata alle altre parti a norma dell'art. 76 disp. att. c.p.c.»;

d) «In materia di prova documentale nel processo civile, il giudice d'appello può porre a fondamento della propria decisione il documento in formato cartaceo già prodotto e non rinvenibile nei fascicoli di parte apprezzandone il contenuto trascritto (oppure indicato) nella sentenza impugnata o in altro provvedimento o atto del processo ovvero, se lo ritiene necessario, può ordinare alla parte interessata di produrre, in copia o in originale, determinati documenti acquisiti nel primo grado»;

e) «In materia di prova documentale nel processo civile, se la parte ha puntualmente allegato nell'atto di appello il fatto rappresentato dal documento cartaceo avversario prodotto nel primo grado invocandone il riesame in sede di gravame, la controparte che omette la produzione di tale documento nel secondo grado subisce le conseguenze di un siffatto comportamento processuale, potendo il giudice -il quale ha comunque il dovere di ricomporre il contenuto di una rappresentazione già stabilmente acquisita al processo - ritenere provato il predetto fatto storico nei termini specificamente allegati nell'atto difensivo».

In conclusione

La questione del riparto dell’onere della prova ed ancor più dell’onere di produzione documentale nell’ambito del contenzioso bancario costituisce oggetto di un dibattito risalente e tuttora irrisolto anche alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità che dianzi è stata analizzata.

Anche le decisioni più recenti dimostrano la difficoltà di raggiungere un giusto equilibrio nel tema, inevitabilmente influenzato anche dalla condotta processuale delle parti e dal fatto storico concretamente esaminato nei singoli processi.

Lungi dal potersi ritenere raggiunto un approdo finale, quindi, in tema di onere di produzione documentale e sua sufficienza, al fine della ricostruzione del saldo contabile, la stessa giurisprudenza sembra non escludere la possibilità di ricorso a diversi metodi di calcolo (ancorché ne suggerisca uno in particolare che pure non esclude ogni altro) alla ricerca del c.d. saldo attendibile.

Guida all'approfondimento

Liace, Art. 117, in Comm. breve al Testo Unico Bancario, a cura di Costi e Vella, Milano, 2019, p. 720 ss.;

Carriero, Art. 117, in Comm. al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di Capriglione, II, Padova, 2001, p. 901 ss; Felicetti, Vicinanza alla prova e contratto di conto corrente: la Cassazione sul riparto (ancora incerto) degli oneri probatori, in Riv. Trim. Dir. E Proc. Civ., 1° marzo 2021, 265 ss.;

Dolmetta, Lo ius variandi bancario, Milano, 2012, passim;

Farina, La ricostruzione del contratto di conto corrente, in Obbl. e contr., 2012, p. 777 ss.;

Pagliatini, La nuova disciplina del cd. ius variandi nei contratti bancari: prime note critiche, in Contratti, 2012, p. 191 ss.;

Bencini, Produzione incompleta degli estratti conto corrente: alla ricerca del saldo attendibile, in D&G, 79, 2019, 5 ss.

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