I mezzi istruttori nel nuovo rito innanzi al Giudice di Pace
17 Luglio 2024
Con la riforma del processo civile, l'art. 316 c.p.c. ha disposto che il processo davanti al Giudice di Pace si svolga nelle forme del nuovo rito semplificato di cognizione in quanto compatibili, con ciò volendo significare che andranno vagliate le norme del processo semplificato ed applicate quelle compatibili con il rito innanzi al Giudice di Pace. Pertanto, oggi, il giudizio si introduce con ricorso e non più con citazione a comparire a udienza fissa. Il successivo art. 318 c.p.c. dispone che la domanda si propone con ricorso e deve contenere l'indicazione del giudice, delle parti, l'esposizione dei fatti e l'indicazione del suo oggetto. Bisogna, però, osservare che il richiamo dell'art. 316 c.p.c. alle forme del procedimento semplificato consiglia di corredare il ricorso con gli elementi di cui all'art. 281 undecies c.p.c. e, quindi, fra gli altri, anche l'indicazione specifica dei mezzi di prova, stante il richiamo all'art. 163, comma 3, n. 5 c.p.c.; tale cautela appare opportuna anche per il richiamo che fa l'art. 311 c.p.c. al procedimento innanzi al Tribunale. Tale interpretazione è anche opportuna sol che si consideri la natura del procedimento innanzi al Giudice di Pace, connotato da un'evidente speditezza e concentrazione. Il problema, però, sorge dal novellato art. 319 c.p.c. il quale, al comma 1, prevede che «L'attore si costituisce depositando il ricorso notificato o il processo verbale di cui all'articolo 316 unitamente al decreto di cui all'articolo 318 e con la relazione della notificazione e, quando occorre, la procura. Il convenuto si costituisce a norma dei commi terzo e quarto dell'articolo 281 undecies mediante deposito della comparsa di risposta e, quando occorre, la procura». Subito salta agli occhi che la costituzione dell'attore non può avvenire depositando il ricorso notificato (o il processo verbale) unitamente al decreto contenente l'udienza di comparizione delle parti, ma ben prima e, cioè, al deposito del ricorso. Appare evidente un difetto di coordinamento del legislatore che evidentemente non si è posto il problema procedurale una volta che ha mutato l'introduzione del giudizio da effettuarsi con ricorso e non più con citazione. Vi è, poi, l'art. 320 c.p.c. che, al comma 3, prevede che, se la conciliazione non riesce, il Giudice di Pace procede ai sensi dell'art. 281 duodecies commi 2, 3 e 4 e, se non ritiene la causa matura per la decisione, procede agli atti di istruzione rilevanti per la decisione. Nella vigenza della precedente normativa la giurisprudenza, data la facoltà di costituirsi fino alla prima udienza (sia per l'attore che per il convenuto), riteneva che la mancata indicazione specifica dei mezzi di prova non fosse causa di invalidità dell'atto introduttivo: «Nel giudizio civile dinanzi al giudice di pace, il contenuto dell'atto di citazione è disciplinato esclusivamente dall'art. 318 c.p.c., il quale, diversamente dall'art. 163, comma 1, n. 5), prescrive che l'atto contenga a pena di nullità unicamente l'esposizione dei fatti e l'indicazione dell'oggetto del giudizio, con la conseguenza che la mancata indicazione specifica dei mezzi di prova non è causa di invalidità dell'atto introduttivo.” (Cass. Civ., sez. III, 10 maggio 2023, n. 12610). Ed ancora, giurisprudenza più risalente ha osservato che: “Nel procedimento davanti al giudice di pace non è configurabile una distinzione tra udienza di prima comparizione e prima udienza di trattazione, onde deve ritenersi che le parti all'udienza di cui all'art. 320 c.p.c. possano ancora allegare fatti nuovi e proporre nuove domande o eccezioni, in considerazione del fatto che esse sono ammesse a costituirsi fino a detta udienza. Il rito è - tuttavia - caratterizzato dal regime di preclusioni che assiste il procedimento dinanzi al tribunale, le cui disposizioni sono pur sempre applicabili in mancanza di diversa disciplina, con la conseguenza che, dopo la prima udienza, in cui il giudice invita le parti a precisare definitivamente i fatti, non è più possibile proporre nuove domande o eccezioni e allegare a fondamento di esse nuovi fatti costitutivi, modificativi, impeditivi o estintivi. Tale preclusione, inoltre, non è disponibile da parte del giudice di pace, il quale non è abilitato a restringerne il meccanismo di operatività, rinviando la prima udienza, al fine di consentire attività altrimenti precluse, sì che anche l'omissione - da parte del giudice - dell'invito a precisare definitivamente i fatti non può evitare il verificarsi della preclusione in discorso. (Nella specie, ha osservato la Suprema Corte, il convenuto si è costituito avanti al giudice di pace solo alla udienza fissata per gli incombenti istruttori, deducendo che controparte aveva maggiorato il prezzo pattuito dell'Iva e proposto l'eccezione - ovvero la domanda riconvenzionale - di risoluzione del contratto solo in sede di precisazione delle conclusioni, che pure integrava l'allegazione di un fatto. (L'inadempimento della controparte, per tardiva consegna del materiale) impeditivo del sorgere del diritto del venditore a pretendere il prezzo. Essa - ha concluso la Suprema corte - era quindi preclusa, essendo stata introdotta in giudizio non alla prima, bensì alla ennesima udienza innanzi al giudice di pace)» (Cass. civ., sez. II, 2 aprile 2014, n. 7734). Date tutte queste premesse, pur nelle difficoltà interpretative date dal cattivo coordinamento delle norme della riforma, pare di poter affermare che fino alla prima udienza sarà possibile articolare i mezzi di prova, ma non oltre. È tuttavia fortemente consigliabile che, proprio per le medesime difficoltà interpretative, sia del tutto opportuno articolare i mezzi di prova già nel ricorso introduttivo per non incorrere in eventuali preclusioni in merito. |