I provvedimenti indifferibili ex art. 473bis.15 c.p.c.
Mariachiara Vanini
17 Luglio 2024
Il contributo approfondisce la disciplina dei provvedimenti indifferibili di cui all'art. 473 bis.15 c.p.c. , soffermandosi sulle problematiche più significative dell'istituto. Anche la Suprema Corte, infatti, ha rilevato come la scarna disciplina normativa ha favorito lo sviluppo di molteplici problemi interpretativi: in particolare, non è chiaro se tali provvedimenti siano reclamabili ed eventualmente al ricorrere di quali presupposti, se godano del regime di ultra efficacia, quale sia il loro rapporto con i provvedimenti temporanei ed urgenti resi in prima udienza.
L'approfondimento delinea sinteticamente i caratteri principali dell'istituto, il contenuto della misura adottabile inaudita altera parte, la sua natura cautelare e i conseguenti presupposti necessari per l'adozione, chiarendo in cosa consista il fumus boni iuris ed il periculum in mora.
Quanto al procedimento per l'adozione dei provvedimenti indifferibili, si muove dal dato normativo e si analizzano le questioni aperte e le prassi invalse nei Tribunali, in particolare con riferimento alla possibilità di adottare i provvedimenti anche d'ufficio ovvero nel corso del procedimento nonché di fissare udienza entro quindici giorni, rinviando all'esito l'adozione della misura.
Infine, ci si sofferma sulla reclamabilità dei provvedimenti indifferibili, evidenziando i tre orientamenti sviluppatisi e la soluzione recentemente offerta da Cass. civ., sez. I, 30 aprile 2024 n. 11688.
L'istituto
L'art. 473bis.15 c.p.c. consente al Presidente (o a un giudice da lui delegato) di adottare, assunte quando occorre sommarie informazioni, i “provvedimenti necessari”, nell'interesse dei figli o anche delle parti, in caso di pregiudizio imminente e irreparabile o quando la convocazione delle parti potrebbe pregiudicare l'attuazione della misura.
Ciò avviene inaudita altera parte, salvo poi l'onere di fissare, con lo stesso decreto ed entro i successivi quindici giorni, l'udienza per conferma, modifica o revoca delle misure adottate, assegnando alla parte istante un termine perentorio per la notifica.
Si ritiene, pertanto, che il mancato rispetto di detto termine da parte del ricorrente comporti l'inefficacia del provvedimento emesso inaudita, salva l'eventuale rimessione in termine nel caso in cui il ritardo sia dovuto a causa non imputabile alla parte.
La formulazione della norma, che evidentemente è volta a tutelare delle situazioni di grave pregiudizio soprattutto per i minori coinvolti, rievoca la disciplina dei provvedimenti cautelari ante causam, prevista dall'art. 669 sexies, comma 2, c.p.c.; qui, tuttavia, il termine massimo di notifica non è indicato ma è qualificato come perentorio, a differenza di quanto disposto dall'art. 669 sexies, comma 1, c.p.c.
L'esigenza di una tutela anticipata rispetto all'udienza di comparizione parti era da tempo avvertita dalla dottrina e giurisprudenza più recente, che aveva ritenuto ammissibili i procedimenti cautelari nella fase presidenziale dei giudizi di separazione (cfr. Trib. Roma, 5 novembre 2015; Trib. Padova, 28 luglio 2016), e si è acuita a seguito della riforma, che ha previsto un significativo lasso temporale tra il deposito del ricorso e la prima udienza, durante il quale le parti rimangono prive di tutela.
Il contenuto dei “provvedimenti necessari” adottabili non è predeterminato e, quindi, può essere il più vario; la norma, infatti, si limita a richiamare i provvedimenti necessari «nell'interesse dei figli e, nei limiti delle domande da questi proposte, delle parti».
Il giudice, pertanto, dispone di ampia discrezionalità, che si esercita - generalmente - nei limiti delle domande proposte e con riferimento alle situazioni fatte valere in giudizio; tuttavia, quando il provvedimento riguarda i minori, la discrezionalità è ancor più ampia, non dovendo soggiacere ai limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
In particolare, può trattarsi sia di provvedimenti “anticipatori” di quelli della prima udienza ai sensi dell'art. 473bis.22 c.p.c. (già “presidenziali”, nei giudizi di separazione, divorzio, scioglimento dell'unione civile), connotati da straordinaria urgenza; sia di provvedimenti “a carattere conservativo” volti ad assicurare gli effetti della decisione finale.
Vista l'ampia formulazione della norma, si ritiene che i provvedimenti indifferibili richiedibili siano anche quelli a tutela dei diritti patrimoniali delle parti e non solo quelli relativi ai minori; ad esempio, provvedimenti atti a prevenire i trasferimenti della casa familiare, ad assegnare la casa familiare (cfr. Tribunale Nola, 25 maggio 2023 che, in un procedimento per separazione, ha assegnato la casa familiare alla moglie a fronte dell'allegazione di maltrattamenti e di minacce da parte del marito) oppure a disporre lo speciale sequestro di cui all'art. 473bis.36 comma 2 c.p.c.
Qualche dubbio si pone, invece, con riferimento alla possibilità di concedere un eventuale assegno di mantenimento o perequativo, poiché, da una parte, l'art. 473 bis.15 c.p.c. è un rimedio parzialmente alternativo ai rimedi speciali di cui agli artt. 145 e 316bis c.c.; dall'altra, tuttavia, pare contrario allo spirito della riforma negare alla parte, a tutela dei propri diritti economici, il ricorso al giudice sia ex artt. 145 e 316bis c.c. sia ex art. 473 bis.15 c.p.c. (evidentemente sempre in presenza di un pregiudizio imminente e irreparabile).
La natura cautelare dei provvedimenti ex art. 473 bis.15 c.p.c.
Occorre anzitutto chiarire se i provvedimenti indifferibili abbiano natura cautelare, in quanto da ciò discende l'applicabilità delle disposizioni del procedimento cautelare uniforme, ferma la clausola di compatibilità di cui all'art. 669 quaterdecies c.p.c.
Al quesito deve darsi risposta affermativa, alla luce del chiaro richiamo testuale al pregiudizio imminente e irreparabile, come del resto sostenuto anche dalla dottrina e come si legge nella relazione del massimario.
Anche la Suprema Corte ha recentemente confermato la natura cautelare dei provvedimenti indifferibili, valorizzando l'assonanza della norma col disposto, da un lato, dell'art. 700 c.p.c. e, dall'altro, dell'art. 669 sexies c.p.c., il che «dimostra, dunque, non solo la natura cautelare di detti provvedimenti (pressoché riconosciuta da tutti i commentatori della riforma), ma pure che la previsione di cui all'art. 473 bis.15 c.p.c. di cui si discute deve trovare applicazione laddove l'urgenza di provvedere al fine di salvaguardare le situazioni giuridiche soggettive interessate è massima e tale da non potersi attendere l'udienza prevista dall'art. 473 bis.21 c.p.c.» (Cass.civ., sez. I, 30 aprile 2024, n. 11688).
Pertanto, l'art. 473 bis.15 c.p.c.. introduce una nuova misura cautelare tipica, “speciale” rispetto a quella prevista dall'art. 700 c.p.c., il cui contenuto non è predeterminato dalla legge (anzi, quanto ai minori, è pure sottratto dalla corrispondenza tra chiesto e pronunciato) e presuppone una situazione di periculum concreto particolarmente intensa.
La previsione di uno strumento speciale per le ipotesi di pregiudizio imminente e irreparabile in ambito familiare ha determinato molti Tribunali a ritenere inammissibile, in questa materia, il ricorso ex art. 700 c.p.c., in ragione della natura residuale dello stesso.
Ne consegue l'applicabilità del procedimento cautelare uniforme, nei limiti della clausola di compatibilità, ad integrazione della (scarna) disciplina processuale dettata dall'art. 473 bis.15 c.p.c.
I presupposti per l'adozione
Alla natura cautelare dei provvedimenti exart. 473 bis.15 c.p.c. consegue la necessaria sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora per la loro adozione.
Segnatamente, quanto al fumus boni iuris, occorre valutare la probabile fondatezza del diritto azionato, con un giudizio prognostico in base al quale la convocazione delle parti, l'ascolto del minore, l'assolvimento delle garanzie processuali possano compromettere la protezione del minore da un pregiudizio grave e non altrimenti evitabile.
L'onere della prova incombe sul ricorrente, ma – a differenza dei giudizi a cognizione piena – qui la cognizione qui è sommaria ed il giudice potrà ritenere sufficienti le allegazioni della parte qualora specifiche, attendibili e suffragate da un principio di prova.
Il giudice può, peraltro, assumere sommarie informazioni e, dunque, compiere un'attività istruttoria ufficiosa, almeno a tutela della prole minorenne (si pensi, alla possibilità di chiedere informazioni, senza particolari formalità, ai Servizi Sociali che hanno in carico il nucleo familiare).
Quanto al periculum in mora, le situazioni (eccezionali) che giustificano l'adozione dei provvedimenti inaudita altera parte sono due. La prima riprende la formulazione dell'art. 700 c.p.c. e consiste in un “pregiudizio imminente e irreparabile”; la seconda riprende la formulazione dell'art. 669 sexies c.p.c. e sussiste “quando la convocazione delle parti potrebbe pregiudicare l'attuazione dei provvedimenti”. Si pensi, in questo secondo caso, alle ipotesi di violenza, abbandono o pericolo di fuga con la prole minorenne.
Letteralmente, le due ipotesi si pongono come alternative, dato che l'art. 473 bis.15 c.p.c. usa la congiunzione disgiuntiva “o”, sicché sarebbe sufficiente la sussistenza di solo una di esse per giustificare l'adozione del provvedimento inaudita.
Ciononostante, l'opinione maggioritaria richiede non solo il pregiudizio imminente e irreparabile, ma anche il pericolo di non poter attuare concretamente il provvedimento d'urgenza richiesto; occorrerebbe, dunque, procedere ad un'interpretazione cumulativa (e, dunque, restrittiva) dei presupposti normativi in ragione dell'incisività del provvedimento e dell'assenza di un contraddittorio tra le parti, il che imporrebbe particolare prudenza, anche al fine di evitare abusi dello strumento
Il procedimento
L'art. 473 bis.15 c.p.c. prevede che il presidente/giudice delegato, ritenuti sussistenti i presupposti normativi, adotta i provvedimenti urgenti e, con il medesimo decreto, fissa entro i successivi quindici giorni l'udienza per la conferma, modifica o revoca dei medesimi provvedimenti, assegnando all'istante un termine perentorio per la notifica.
Pertanto, il presidente/giudice delegato emette due distinti decreti di fissazione dell'udienza (ovvero, come avviene nella maggior parte dei Tribunali, un unico decreto con doppia fissazione): uno ex art. 473 bis.14 c.p.c., con il quale «designa il relatore, al quale può delegare la trattazione del procedimento, e fissa l'udienza di prima comparizione delle parti assegnando il termine per la costituzione del convenuto»; un altro ex art. 473 bis.15 c.p.c., con il quale emette i provvedimenti indifferibili inaudita altera parte e fissa l'udienza interinale destinata alla sola «conferma, revoca o modifica» della misura provvisoria già concessa.
Si instaura, dunque, un subprocedimento di natura cautelare, nell'ambito del quale il convenuto può depositare una memoria (che non è quella del giudizio di merito) ove prende posizione sulla richiesta di provvedimenti urgenti avanzata dalla controparte.
Letteralmente, la norma prevede che l'udienza debba essere fissata entro quindici giorni solo in caso di «conferma, modifica o revoca dei provvedimenti adottati con il decreto», sicché, se alcun provvedimento inaudita viene adottato, nessuna udienza deve -in tesi- essere celebrata.
Molti Tribunali, tuttavia, hanno adottato un'interpretazione estensiva della norma, ammettendo la possibilità di fissare un'udienza entro quindi giorni anche in assenza di un provvedimento inaudita, allorquando è opportuno decidere in contradditorio su una situazione urgente e particolarmente delicata. Del resto, l'art. 473 bis.15 c.p.c. non esclude una sommaria istruttoria («assunte ove occorre sommarie informazioni»), compatibile con la convocazione della controparte.
L'applicabilità del rito cautelare uniforme comporterebbe anche l'ammissibilità della tutela ante causam, con possibilità per il giudice di provvedere anche previa instaurazione del contraddittorio (e non esclusivamente inaudita).
Sul punto, però, si registrano orientamenti diversi; in particolare, il Tribunale di Verona (dott. Massimo Vaccari, decreto in data 13 luglio 2023) ha escluso che i provvedimenti indifferibili possano essere emessi ante causam, in ragione: (i) della collocazione dell'art. 473 bis.15 c.p.c.. subito dopo quella che descrive il contenuto del ricorso (il che «rivela che il legislatore li ha considerati alla stregua di cautelari in corso di causa»), (ii) dell'assenza di una disciplina di raccordo tra fase ante causam e fase di merito, (iii) dell'assenza di una norma, quale l'art. 669 ter c.p.c., attributiva della competenza a valutare tali domande quando siano proposte prima dell'inizio del giudizio di merito, competenza che non può essere desunta in via interpretativa.
Non pare vi siano dubbi, invece, sulla possibilità di proporre la domanda ex art. 473 bis.15 c.p.c.. anche dopo il ricorso introduttivo, soprattutto nel tempo intercorrente tra il deposito di questo e la prima udienza; con istanza autonoma e anche da parte del convenuto o anche degli intervenienti.
Recentemente la Suprema Corte ha infatti ritenuto ragionevole che «la misura inaudita altera parte, proprio perché risponde alla necessità di assicurare protezione contro situazioni di grave ed urgente pregiudizio e che queste possono verificarsi anche in corso di causa, possa essere adottata anche nel prosieguo ulteriore del giudizio, imponendosi, comunque, sempre la fissazione di un'udienza ravvicinata per la sua “convalida” o meno. In tali sensi, del resto, risulta essere la stessa Relazione illustrativa al d.lgs. n. 149/2022.» (Cass. civ., sez. I, 30 aprile 2024, n. 11688).
Ci si chiede, inoltre, se il giudice possa assumere d'ufficio i provvedimenti urgenti di cui all'art. 473 bis.15 c.p.c.
Testualmente, la disposizione non prevede la necessaria istanza di parte; tuttavia, la relazione illustrativa al d.lgs. n. 149/2022 sembrerebbe escludere l'iniziativa ufficiosa, ove precisa che con l'art. 473 bis.15 c.p.c. «è stata ammessa, su istanza della ricorrente, in caso di pregiudizio imminente e irreparabile al diritto o di pregiudizio all'attuazione della misura, la possibilità che il presidente adotti provvedimenti opportuni».
La norma sul punto è ambigua: da una parte, non esclude espressamente un'iniziativa officiosa del giudice, e, dall'altra, fa riferimento alla domanda di parte quale limite esclusivamente in relazione all'adozione dei provvedimenti nell'interesse delle parti; di talché, a contrario, non sembra possa escludersi una iniziativa ufficiosa allorquando la misura sia adottata nell'interesse dei figli.
Del resto, la Riforma ha chiarito che, a tutela dei figli (minori, ma anche maggiorenni portatori di handicap grave, ex art. 473 bis.9 c.p.c.), il giudice gode di ampi poteri, «in deroga all'art. 112 c.p.c.» (art. 473 bis.2 c.p.c.).
Da ultimo, si osserva che i provvedimenti di cui all'art. 473 bis.15 c.p.c., come dell'art. 473 bis.22 c.p.c., possono essere adottati anche dal giudice d'appello, come espressamente previsto dall'art. 473 bis.34 c.p.c.; anche in secondo grado, infatti, potrebbero insorgere esigenze cautelari di particolare urgenza.
La reclamabilità dei provvedimenti indifferibili
L'art. 473 bis.15 c.p.c. non disciplina il regime di impugnazione applicabile ai provvedimenti così adottati, sicché ci si interroga sulla loro reclamabilità e sull'organo eventualmente competente a decidere del reclamo.
In particolare, ci si chiede se il provvedimento di conferma del decreto adottato inaudita altera parte sia reclamabile ai sensi dell'art. 473 bis.24 c.p.c., considerato che tale norma limita la reclamabilità ai provvedimenti temporanei e urgenti di cui all'art. 473 bis.22 comma 1 c.p.c. ed a quelli «emessi in corso di causa che sospendono o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, nonché quelli che prevedono sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori ovvero ne dispongono l'affidamento a soggetti diversi dai genitori» (art. 473 bis.24 c.p.c.).
Il silenzio del legislatore ha comportato il diffondersi di tre orientamenti.
Il primo orientamento esclude la reclamabilità dei suddetti provvedimenti, in ragione della loro necessaria caducità, essendo destinati ad essere assorbiti dai provvedimenti temporanei e urgenti di cui all'art. 473 bis.22 comma 1 c.p.c.
Il secondo orientamento, valorizzando la previsione del già citato art. art. 473 bis.24 c.p.c., propende per l'ammissibilità del reclamo dinanzi alla Corte di Appello unicamente nell'ipotesi in cui i provvedimenti indifferibili sospendano o introducano sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, prevedano sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori, ovvero ne dispongano l'affidamento a soggetti diversi dai genitori.
Il terzo orientamento reputa che i provvedimenti indifferibili siano sempre reclamabili, dividendosi, tuttavia, poi sul rimedio concretamente utilizzabile (rectius: sul giudice competente a deciderlo): invero, alcuni ritengono che lo strumento cui fare riferimento sia il reclamo alla Corte di Appello, altri il reclamo al Tribunale in composizione collegiale.
Con rinvio pregiudiziale del 12 settembre 2023, il Tribunale per i Minorenni di Lecce ha chiesto alla Suprema Corte: (i) se avverso i provvedimenti indifferibili di cui all'art. art. 473 bis.15 c.p.c. (rectius: avverso l'ordinanza che conferma, ad esito dell'udienza di comparizione delle parti, il provvedimento indifferibile adottato inaudita altera parte) possa essere proposto, o no, il reclamo; (ii) se il giudice competente a conoscere il reclamo medesimo, ove esperibile, debba essere individuato nella Corte di Appello ovvero nel Tribunale in composizione collegiale.
Con sentenza in data 30 aprile 2024 n. 11688, la Prima Sezione ha aderito al secondo orientamento.
Anzitutto, la Corte di Cassazione ha ribadito la natura cautelare dei provvedimenti ex art. 473 bis.15 c.p.c., in ragione dell'assonanza di tale previsione col disposto, da un lato, dell'art. 700 c.p.c. e, dall'altro, dell'art. 669sexies c.p.c.; ciò dimostra sia la natura cautelare di detti provvedimenti, sia che la norma in esame trova applicazione laddove l'urgenza di provvedere al fine di salvaguardare le situazioni giuridiche soggettive interessate è massima e tale da non potersi attendere l'udienza prevista dall'art. 473 bis.21 c.p.c.
La reclamabilità dei provvedimenti indifferibili non può, tuttavia, fondarsi esclusivamente sull'incontestata natura cautelare degli stessi, poiché, in un contesto normativo siffatto (cfr. art. 473 bis.15 c.p.c., 473 bis.22, 473 bis.23 e art. 473 bis.24 c.p.c.), la mancata previsione di un meccanismo di reclamo avverso l'ordinanza con cui il giudice conferma, modifica o revoca i provvedimenti indifferibili appare rivelare un'intenzione legislativa che esclude la facoltà delle parti di impugnare l'ordinanza emessa dal giudice delegato. Ciò troverebbe giustificazione in molteplici ragioni, quali: (i) la necessaria caducità di tali provvedimenti; (ii) il fatto che, ove il legislatore ha voluto prevedere uno strumento di impugnazione dei provvedimenti provvisori, lo ha fatto all'art. 473 bis.24 c.p.c.; (iii) esigenze di economia processuale e di evitare la compresenza di provvedimenti di giudici di gradi differenti in relazione alla medesima questione fattuale.
Ciò posto, occorre rammentare che i provvedimenti indifferibili possono contenere misure assai invasive riguardanti la sospensione o la sostanziale limitazione alla responsabilità genitoriale, la modifica dell'affidamento ovvero della collocazione dei minori, ovvero il loro affidamento a soggetti diversi dai genitori. In questi casi, non ammettere l'impugnazione del provvedimento finisce per sacrificare gli interessi in gioco, soprattutto quelli che fanno capo al dovere di tutela del minore, nonché per comprimere gravemente l'ambito di intervento nella sfera dei diritti inviolabili della persona, in particolare del soggetto di minore età.
In definitiva, la Suprema Corte ha ritenuto ragionevole – poiché l'art. 473 bis.24 c.p.c. prevede lo strumento del reclamo alla Corte d'Appello, oltre che per i provvedimenti temporanei e urgenti resi alla prima udienza dal giudice istruttore (comma 1), anche per «i provvedimenti temporanei emessi in corso di causa che sospendono o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, nonché quelli che prevedono sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori ovvero ne dispongono l'affidamento a soggetti diversi dai genitori» (comma 2) –l'ammissibilità del reclamo, innanzi alla medesima Corte di appello, pure avverso l'ordinanza di conferma, modifica o revoca dei provvedimenti indifferibili resi inaudita altera parte ex art. 473 bis.15 c.p.c. esclusivamente allorquando il contenuto di questi ultimi coincida con quello dei provvedimenti di cui al comma 2 dell'art. 473 bis.24 c.p.c., e, dunque, ove sospendano o introducano sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, prevedano sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori, ovvero ne dispongano l'affidamento a soggetti diversi dai genitori.
La decisione della Suprema Corte è particolarmente significativa, sia perché conferisce chiarezza ad un ambito nel quale, appunto, si erano sviluppati diversi orientamenti, sia perché stabilisce un ragionevole equilibrio tra diverse esigenze (l'economia processuale, da una parte, la tutela di interessi sensibilissimi, dall'altra).
In conclusione
L'art. 473 bis.15 c.p.c. introduce un importante strumento processuale, volto ad offrire una rapida tutela in situazioni caratterizzate da particolare urgenza e dall'esigenza - resa ancora più stringente dopo la riforma Cartabia e le tempistiche ivi previste - di non attendere l'udienza di merito per un provvedimento a tutela di interessi particolarmente delicati dei minori e delle parti.
La scarna disciplina della norma, se da una parte ha dato adito a problemi interpretativi, dall'altra parte rappresenta una risorsa per le Parti in quanto, attraverso l'instaurazione di un subprocedimento di natura cautelare, si garantisce la possibilità di sottoporre al Giudice (sia in fase introduttiva sia nel corso del procedimento) situazione urgenti che richiedono un intervento immediato.
Anche il contenuto non predeterminato dei "provvedimenti necessari” ex art. 473 bis.15 c.p.c. permette al Giudice di emettere un provvedimento disegnato proprio in base alle peculiarità del caso di specie, che, come è noto, nell'ambito del diritto di famiglia sono le più variegate. Peraltro, la discrezionalità del Giudice, che generalmente si esercita nei limiti delle domande proposte, diventa ancor più ampia (non dovendo soggiacere ai limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato) quando si tratta di intervenire su soggetti minori.
In conclusione, l'art. 473 bis.15 c.p.c. – seppur richiederà in futuro interventi chiarificatori sotto molteplici aspetti – costituisce sicuramente un'importante risorsa processuale per gli operatori del diritto di famiglia al fine di garantire un immediato intervento in situazioni di particolare urgenza.
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