Commento alle proposte di modifica in tema di liquidazione controllata nel Correttivo-ter

Fabio Cesare
17 Luglio 2024

L’Autore passa in rassegna le principali novità contenute nella bozza di Correttivo-ter in tema di liquidazione controllata, segnalando, tra l’altro, un'asimmetria nella disciplina regolante l’accesso alla procedura da parte dell’incapiente e i rischi portati dall’inserimento, nella relazione dell’OCC, di una valutazione sulla diligenza del debitore nell’assumere le obbligazioni. Viene commentata, inoltre, la scelta di normare la liquidazione del corrispettivo del gestore e del liquidatore in senso non necessariamente unitario.

Premessa

Lo schema del terzo decreto correttivo al codice della crisi disegna una liquidazione controllata dai contorni più incerti, perché destinata ad essere interpretata secondo la sensibilità di ogni singolo operatore. Il gestore dovrà indicare la diligenza impiegata nell’assumere le obbligazioni e dovrà attestare la possibilità di distribuire una qualche risorsa ai creditori, diversamente si dovrà accedere all’«esdebitazione dell’incapiente». Ma in questo modo si determinano posizioni soggettive non coperte dal sovraindebitamento, in aperta contraddizione con la natura universale del codice che all’art. 2, lett. c), destina il sovraindebitamento a ogni altro debitore cui non sia destinata una procedura concorsuale specificamente individuata.

Inammissibile la liquidazione controllata senza beni

La proposta di terzo correttivo approvata dal CdM rivisita ampiamente la liquidazione controllata applicabile al debitore in stato di sovraindebitamento, riducendone l'applicazione apparentemente per ampliare l'esdebitazione dell'incapiente, specificando il contenuto della relazione del gestore e coordinando alcune norme della fase esecutiva e amministrativa.

L'istituto in questione è quello finora più largamente utilizzato nel sovraindebitamento, poiché le condizioni di accesso non sono particolarmente stringenti rispetto alle altre procedure, anche per la prevista iniziativa dei terzi creditori, che renderebbe impossibile la verifica di condizioni soggettive impeditive.

La novità più rilevante è introdotta dal Correttivo-ter – art. 41 comma 1 – al terzo comma dell'art. 268 c.c.i.i.: quando la domanda è proposta dal debitore persona fisica è improcedibile se l'OCC non attesta che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditorii, anche mediante l'esercizio di azioni giudiziarie.

Se invece la domanda viene proposta da un creditore, solo l'incapienza certificata con la relazione del gestore, con allegati i documenti previsti dall'art. 283 c.c.i.i., può paralizzare la domanda: il debitore resistente può anche chiedere un termine per il deposito dell'elaborato del professionista se dimostra di aver depositato la richiesta di nomina del professionista dall'OCC.

L'asimmetria appare evidente: il debitore incapiente non può accedere alla liquidazione controllata, ma se l'istanza è del creditore, la procedura diventa ammissibile e il debitore può bloccarla se certifica i requisiti dell'art. 283 c.c.i.i.

La scelta del legislatore sembra percorrere una via già tracciata da alcune pronunce di merito (Trib. Palermo 30 settembre 2022) che prediligevano la via dell'efficienza rispetto a quella dell'esdebitazione, anche senza patrimonio da liquidare (App. Milano 21 aprile 2023).

Limitando la liquidazione controllata a chi dispone di un qualche attivo per i creditori, si frustrano tuttavia alcuni obiettivi del codice e si generano potenziali antinomie nel sistema.

E infatti l'art. 2, lett c), c.c.i.i. prevede che alle procedure destinate al sovraindebitamento possano accedere tutti i soggetti cui non sia destinata una specifica procedura concorsuale, in coerenza con la natura universalistica del codice, che non tollera di escludere posizioni soggettive dal suo ambito di applicazione.

Ora, i debitori privi di attivo potrebbero accedere in astratto all'istituto dell'“incapiente”, ma devono dimostrare di non essere in grado di produrre utilità rilevanti con cui pagare i creditori anche in prospettiva futura (art. 283 c.c.i.i.), il che significa …per il resto della vita lavorativa: la prova è diabolica e può rendere inammissibili la maggior parte delle richieste di esdebitazione immediata.

In più, vengono esclusi gli “immeritevoli” incapienti e coloro che hanno già avuto accesso all'istituto dell'art. 283 c.c.i.i., ammissibile una sola volta nella vita: questi soggetti non potranno accedere alla liquidazione controllata perché non hanno beni e non possono più utilizzare l'art 283 c.c.i.i.

L'incoerenza diviene evidente se si considera che il debitore senza beni può tranquillamente attendere l'istanza di un terzo e decidere di non sollevare l'eccezione di incapienza, così ottenendo l'apertura della procedura su impulso del creditore: quest'ultimo può infatti chiedere la liquidazione controllata senza beni, il debitore no.

La distonia appare ancor più evidente alla luce della circostanza che la liquidazione controllata può essere richiesta “senza beni” da parte delle persone giuridiche che non possono accedere all'esdebitazione ex art. 283 c.c.i.i., ma non dalle persone fisiche. Una simile disparità pone forse un tema di uguaglianza sotto il profilo dell'art. 3 Cost., soprattutto per quei soggetti che non avrebbero altre possibilità di accesso a istituti del codice della crisi: per quale motivo l'imprenditore collettivo incapiente può avere accesso alla liquidazione controllata e una persona fisica incapiente no?

Le novità sulla relazione del gestore

Il Correttivo-ter – art. 41 comma 2 – modifica anche il contenuto della relazione del gestore ex art. 269 comma 2, c.c.i.i.

Essa dovrà esplicitamente contenere una (pericolosa) valutazione sulla diligenza del debitore nell'assumere le obbligazioni che hanno determinato la crisi: se l'indebitamento negligente non sia causa ostativa all'apertura della procedura, la valutazione potrà condizionare la successiva esdebitazione.

È pur vero che nelle relazioni del gestore sono sempre state analizzate le fonti del sovraidebitamento, ma l'esplicita normazione del requisito apre la strada a interpretazioni pericolose e devianti, fino a lasciar prevedere che le relazioni che non analizzano correttamente la  diligenza dispiegata dal debitore potrebbero essere inammissibili (anche se la sanzione non è prevista); oppure, al contrario, laddove l'indebitamento sia da considerarsi colpevole, si profilano opzioni ermeneutiche limite che potrebbero valorizzare la colpa anche come condizione di accesso alla liquidazione controllata.

Una simile possibilità dovrebbe essere scongiurata sempre dalla possibilità dell'istanza proposta da un terzo, che non deve produrre la relazione del gestore e dunque non deve nemmeno illustrare la diligenza del debitore per accede all'istituto.

Sarebbe stato meglio pertanto lasciare alla sensibilità del gestore la possibilità di specificare la diligenza del debitore, senza imporla normativamente.

La nomina del liquidatore giudiziale: scompare la motivazione obbligatoria

La bozza del decreto – art. 41 comma 3, lett. a) – precisa poi che possono essere nominati all’ufficio del liquidatore giudiziale il gestore che ha predisposto la relazione ovvero un altro professionista; ma, in quest’ultimo caso, non più con una motivazione qualificata, da trasmettere al Presidente del Tribunale.

Questa modifica renderà i liquidatori giudiziali più vicini alle sezioni concorsuali, con una ovvia tendenza a nominare i professionisti con i quali i giudici delegati hanno più confidenza: il rischio è che vi sia una minor libertà di giudizio in capo ai liquidatori giudiziali, che dovranno gestire procedure che interessano  per lo più individui con una vita futura da gestire e non realtà imprenditoriali da liquidare, con schemi che potrebbero rivelarsi assai inadeguati per la gestione di un sovraindebitamento.

In ogni caso, il professionista nominato all’ufficio deve obbligatoriamente essere attinto dai registri degli OCC domiciliati nel distretto di Corte d’Appello di riferimento.

Le novità della fase amministrativa e il compenso (unitario?)

La fase amministrativa viene ritoccata – art. 41 comma 5, lett. b), dello schema di decreto correttivo  – con la precisazione che la durata della procedura non può essere inferiore a tre anni salvo che non vi siano beni o diritti da esitare, nel qual caso la liquidazione può essere chiusa prima del triennio, in armonia con l'arresto della pronuncia della Consulta n. 6/2024.

Il legislatore del correttivo – art. 4 comma 8, lett. a) – interpreta poi la liquidazione del corrispettivo del gestore e del liquidatore in senso non necessariamente unitario, come ormai ritiene la giurisprudenza maggioritaria (Trib.  Torino 7 maggio 2024), rendendo poco attraente l'ufficio del gestore per i professionisti e con evidenti riflessi sulla possibilità di diffusione dell'istituto.

E infatti, se il gestore viene confermato liquidatore, il compenso è certamente unico e viene liquidato dal giudice al termine della procedura, tenendo conto di quanto pattuito con il debitore per la relazioneex art. 268 c.c.i.i. Ma il Correttivo-ter precisa che se il liquidatore giudiziale è un professionista diverso, deve essere liquidato solo il compenso di quest'ultimo e non quello dell'OCC.

Una simile distinzione potrebbe definire il credito del gestore come concorsuale, perché non soggetto alla liquidazione del Giudice, e dunque distinto rispetto a quello del liquidatore.

Il credito del professionista

Infine, l'art. 277 c.c.i.i. e l'art. 6 c.c.i.i. chiariscono che il pagamento del compenso del legale eventualmente nominato non è prededucibile, ma va regolato al privilegio.

Il tema trovava una soluzione non univoca in giurisprudenza: il mantra di un primo filone di pronunce ammette la prededuzione almeno nei limiti del settantacinque per cento del dovuto, facendo leva sulla funzionalità della prestazione rispetto alla procedura (Trib.  Treviso 19 aprile 2024; Trib. La Spezia 30 ottobre 2023; Trib. Roma 2 ottobre 2023); un altro gruppo di decisioni la esclude valorizzando la facoltatività del patrocinio (Trib. Genova 10 novembre 2023; Trib.  Savona 5 dicembre 2023; Trib.  Torino 3 agosto 2023).

L'idea che il patrocinio legale possa essere solo eventuale e che il relativo compenso possa essere ammesso senza la tutela della prededuzione potrebbe rendere – a ben vedere – velleitario l'obiettivo dell'early warning.

Gli avvocati sono infatti le prime sentinelle della crisi: se non è adeguatamente tutelato il coinvolgimento dei professionisti e il loro compenso, sarà difficile che la classe forense si formi adeguatamente e si dedichi con le migliori energie a spingere i debitori ad accedere all'istituto.

Inoltre, non appare per nulla garantito il debitore nella fase successiva all'apertura: si pensi al sovraindebitato “assistito” dal solo gestore che si vede riconoscere un mantenimento inadeguato, con l'apprensione di una quota di reddito superiore al massimo impignorabile ex art. 545 c.p.c.

Se la fase anteriore all'apertura viene gestita in modo dialettico con un professionsita, il debitore può sperare in un embrione di tutela; se la reazione del debitore alle scelte del liquidatore è affidata all'interlocuzione con l'ex gestore, i diritti del sovraindebitato privo di mezzi significativi non potranno che essere assai più rarefatti.

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