Rendiconto dell'amministrazione di sostegno: impugnazione e regolamento di competenza
18 Luglio 2024
Massima In caso di impugnazione del conto finale dell'amministrazione di sostegno, la pronunzia declinatoria della competenza resa dal tribunale quale giudice dell'impugnazione è suscettibile di regolamento necessario di competenza. Il caso L'amministratore di sostegno della propria madre ha impugnato avanti al tribunale il decreto del g.t. di non approvazione dei rendiconti, ritenendo ingiustificati i prelievi effettuati per rilevanti importi. Il decreto contestava che l'a.d.s. avesse prelevato rilevanti importi dal conto corrente della beneficiaria, assumendo pure iniziative giudiziali autonome ed autoliquidandosi le parcelle professionali dal medesimo emesse, «senza alcun nulla osta o autorizzazione del g.t.». L'a.d.s. impugnava pertanto il diniego di approvazione del rendiconto mediante citazione avanti al medesimo tribunale. Questi declinava la competenza, ritenendo competente la corte d'appello, avanti la quale il processo veniva riassunto. La sentenza della Corte veniva gravata per cassazione, adducendo: la violazione del contraddittorio per mancata concessione delle memorie istruttorie e di quelle conclusionali, come pure del rito camerale in luogo di quello ordinario, infine contestando la competenza della Corte d'appello. La questione Ci si chiede se, in ipotesi di mancata approvazione del rendiconto redatto dall'amministratore di sostegno, la pronunzia declinatoria della competenza a provvedere resa dal giudice d'appello sia impugnabile mediante regolamento necessario di competenza. Le soluzioni giuridiche La Corte Suprema perviene alla declaratoria di inammissibilità del ricorso sulla scorta della presa d'atto che la sentenza del tribunale, adito in sede di appello, declinatoria della competenza, non era stata fatta oggetto di regolamento necessario di competenza. Si evidenzia che la riassunzione avanti al giudice dichiarato competente, anche ai fini cautelativi, non preclude di per sé la contestazione della competenza (v. Cass. civ., sez. I, 13 settembre 2006, n. 19654), che però resta preclusa dall'inutile scadenza del termine di cui all'art. 47 c.p.c. Nella specie il ricorrente, non avendo proposto separatamente regolamento di competenza, conduce la Corte alla declaratoria di inammissibilità del ricorso. Osservazioni I. La pronunzia che precede costituisce l'occasione per lumeggiare gli essenziali profili procedurali necessari alla ricostruzione del sistema di rimedi e controlli esperibili avverso il decreto del g.t., in tema di rendiconto finale di amministrazione di sostegno (art. 386, c.c., disposizione richiamata dall'art. 411 c.c., nei limiti della compatibilità). Per ricostruire la trama normativa della materia è necessario coordinare gli sparsi pezzi di legislazione sostanziale e processuale. II. Cessata l'attività gestoria nell'interesse altrui, il tutore (e, in caso di amministrazione di sostegno, l'amministratore di sostegno) è tenuto a presentare il conto finale di gestione “entro due mesi” (art. 385 c.c.). Il termine di presentazione del conto finale non è perentorio, dato che il g.t. lo può prorogare. La funzione del rendiconto consiste nel rendere possibile al tutelato ed al suo nuovo rappresentante «un sindacato pieno su tutta l'attività da quello spiegata e di rendere possibile al vecchio tutore di esercitare le azioni di credito verso l'amministrato per esborsi anticipazioni fatti nel suo interesse e che siano riusciti utili allo stesso» (Trib. Roma, 17 maggio 1958, in Temi romana, 1960, 562). III. Anzitutto, il rendiconto finale della tutela o dell'amministrazione di sostegno (a differenza del rendiconto annuale che il g.t. si limita a vistare: art. 380 c.c.), data l'importanza che lo stesso riveste, in quanto atto conclusivo dell'amministrazione di beni altrui, va “approvato” dal giudice. L'art. 386, comma 1, c.c. dispone che il conto finale di gestione vada prima sottoposto ed esaminato da: «protutore, minore divenuto maggiorenne o emancipato e, secondo le circostante, al nuovo rappresentante legale». Costoro possono «presentare osservazioni». Tuttavia, l'elencazione dei soggetti che possono esaminare il conto non appare esaustiva, se è vero che anche l'erede può esaminare il conto, potendo «agire a tutela dell'eredità» (Cass. civ., sez. I, 19 luglio 2000, n. 9479, in GC, 2001, I, 448). In materia di amministrazione di sostegno, mutatis mutandis, il diritto di esaminare il conto compete all'amministratore di sostegno e, come è stato giustamente osservato, anche al beneficiario, «ove abbia una sufficiente capacità di discernimento» (BONILINI, 577). Una lontana decisione di merito escluse dalla categoria degli «interessati» al contraddittorio sul conto finale i parenti entro il quarto grado (Trib. Latina 15 maggio 1952, in Foro it., 1953, I, 159). Per quanto i responsabili dei servizi sociali ed assistenziali siano tra i soggetti legittimati ad avanzare ricorso per nomina di a.d.s. (art. 406, comma 3, c.c.), gli stessi non sono legittimati a presentare osservazioni al rendiconto. Legittimati ad agire in giudizio per il rendiconto finale sono soltanto i soggetti indicati nel primo comma dell'art. 386 c.c., oltre, all'erede ed al beneficiario di a.d.s. Dato che il procedimento di rendicontazione non rientra tra le cause riguardanti la capacità di agire e lo status, si ritiene non necessaria la partecipazione del p.m. (Cass. civ., sez. I, 21 dicembre 2023, n. 35680, in IUS processo civile). Consegue che il p.m. difetta di legittimazione attiva con riguardo all'esercizio dell'azione di rendicontazione. IV. L'art. 386, comma 3, c.c. chiarisce che il decreto di approvazione del rendiconto finale è suscettibile di «impugnazione», su cui «provvede l'autorità giudiziaria nel contraddittorio degli interessati». A sua volta l'art. 45, comma 3, disp. att. c.c. chiarisce che in tal caso «provvede l'autorità giudiziaria in sede contenziosa». Per espresso disposto normativo, la competenza materiale per l'impugnazione del conto è rimessa al tribunale ordinario (art. 45, comma 1, disp. att. c.c.). Il tribunale, in composizione collegiale (art. 50 bis, capoverso, c.p.c., stante il provvedimento adottato dal g.t. con rito camerale; decreto), dovendo provvedere in sede contenziosa, pronunzia sentenza. Questo significa che il rito applicabile è quello ordinario di cognizione, non quello camerale e non contenzioso (art. 739 c.p.c.). L'atto conclusivo del giudizio è la sentenza. La sentenza pronunziata dal tribunale è appellabile (Cass. civ, sez. I, 1 luglio 2008, n. 17956. Nella giurisprudenza di merito, Corte App. Cagliari, sez. I, 30 novembre 2017, in IUS processo civile), tuttavia, non ricorribile per cassazione (Cass. civ., sez. IV, 8 febbraio 2022, n. 4029). Nel caso deciso dalla pronunzia in epigrafe, dato che il tribunale adito in sede di appello aveva declinato la competenza, andava avanzato regolamento necessario di competenza (art. 42 c.p.c.) avverso la pronunzia declinatoria, come statuito dalla nomofilachia. Pertanto, il ricorso sul punto avanzato dall'a.d.s. avverso pronunzia della corte d'appello è stato correttamente dichiarato inammissibile, stante acquiescenza dal medesimo ricorrente prestata in punto competenza (v. art. 329 c.p.c.). Riferimenti BONILINI, Dell'amministrazione di sostegno, in Bonilini Tommaseo, Milano, 2018, II° ed. MASONI, Il giudice tutelare, Milano, 2018. R. ROSSI, Amministrazione di sostegno, questioni e soluzioni, in Officina del diritto, Milano, 2019 |