“Distrazione di azienda non vuol dire nulla…”. La Cassazione pretende siano indicati i beni e i valori sottratti alla curatela

Ciro Santoriello
19 Luglio 2024

La Cassazione torna ad occuparsi della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale quando oggetto di distrazione è l'avviamento della società.

Massima

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, oggetto di distrazione non può essere il cd. avviamento facente capo all'impresa fallita se, contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche l'azienda medesima o quanto meno i fattori aziendali in grado di generare l'avviamento.

Il caso

In sede di appello era confermata la condanna dell'amministratore di una società fallita per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale con riferimento ad una presunta distrazione del complesso aziendale della fallita, il quale sarebbe stato trasferito a vantaggio di una terza società, a sua volta nella disponibilità della moglie dell'amministratore – moglie che, in quanto titolare dell'impresa favorita dalla condotta di bancarotta, era ritenuta anch'essa responsabile del medesimo delitto.

In sede di ricorso per cassazione, le difese evidenziavano in primo luogo come i giudici di merito non fossero stati in grado di individuare quale sarebbe stato l'oggetto della distrazione, limitandosi a registrare l'asserita continuità tra la fallita e la società amministrata dalla moglie dell'imputato e nella quale egli stesso ha operato - continuità peraltro affermata sulla base di indici fattuali frutto, secondo le difese, di travisamento e non essendo stato provato lo sviamento della clientela, posto che il curatore avrebbe smentito nel corso della sua deposizione di aver accertato la circostanza. In secondo luogo, con riferimento alla concorrente esterna si sottolineava come la stessa fosse stata solo socia della fallita, senza svolgere alcun ruolo gestionale od operativo in seno alla medesima.

La questione

Dopo che per lungo tempo non si è mai dubitato che oggetto di distrazione fallimentare potesse essere anche l'azienda intesa quale complesso dei beni organizzati per l'esercizio di una attività imprenditoriale – specie se il trasferimento della stessa risultasse essere stato disposto senza adeguata contropartita -, la giurisprudenza ha iniziato un significativo ripensamento in proposito (il tema si presenta di frequente con riferimento al fenomeno dell'affitto di azienda: in dottrina, Fabbrini, Note sopra una ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione di beni dovuta ad affitto d'azienda precedente al fallimento, in Il dir. fall., 2006, II, 218; Vanni, Affitto di azienda e bancarotta per distrazione, in Fall., 2001, 811).

Partendo dal presupposto che ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, occorre che la relativa distrazione sia riferita a rapporti giuridicamente ed economicamente valutabili (Cass., sez. V, 19 marzo 2014, n. 26542), si è precisato che non ha rilevanza penale la mera prosecuzione dell'attività sotto altra forma da parte dell'imprenditore senza che vi sia stato un illecito travaso di tali rapporti da un soggetto giuridico all'altro. Queste considerazioni hanno indotto la Cassazione a valutare con particolare rigore la sussistenza del delitto fallimentare quando oggetto della condotta predatoria si ritenga essere il cd. avviamento.

A quest'ultimo proposito, è infatti oramai ius receptum che lo stesso non è suscettibile di distrazione se, contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche l'azienda medesima o quanto meno i fattori aziendali in grado di generare l'avviamento (Cass., sez. V, 30 novembre 2017, n. 5357). Da qui la considerazione che anche lo sviamento della clientela – rappresentando il credito di cui l'azienda gode nel settore commerciale un profilo essenziale del cd. avviamento - può costituire oggetto della distrazione, rilevante ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, solo qualora realizzi un atto di ingiustificata disposizione dei rapporti giuridici suscettibili di valutazione economica, cioè quando abbia ad oggetto la ingiustificata cessione di contratti già stipulati con clienti e dipendenti (Cass., sez. V, 15 gennaio 2018. n. 3816).

Le soluzioni giuridiche

Il ricorso è stato ritenuto fondato.

Secondo la Cassazione, era corretta la censura difensiva secondo cui la sentenza impugnata non aveva accertato l'effettivo oggetto della distrazione contestata agli imputati, limitandosi ad identificarlo con la "azienda" gestita dalla fallita, ricavando la prova di questa affermazione nel fatto che l'attività commerciale della azienda fallita era proseguita sotto le insegne della nuova società amministrata dalla moglie dell'amministratore della società fallita, costituita poco prima che quest'ultimo dismettesse la carica di amministratore della fallita.

Secondo la Corte di legittimità, i principi della giurisprudenza in tema di distrazione di azienda sopra richiamati non erano stati in alcun modo applicati dai giudici del merito, i quali non avevano precisato se fossero stati distratti beni strumentali o merci di pertinenza della fallita ovvero qualsivoglia rapporto giuridico rilevante, non potendosi perciò comprendere in che termini oggetto della distrazione sarebbe stata l'"azienda" condotta dalla società, né, alla luce di quanto ricordato in precedenza, questa può essere stata per l'appunto distratta solo perché i due imputati, un anno prima, avevano avviato una attività commerciale concorrenziale, nella quale sono state riversate le loro disponibilità, decidendo di abbandonare la primigenia società in quanto gravata da debiti. In questo senso, non rileva la presunta distrazione dell'avviamento, posto che il già menzionato difetto della prova del trasferimento dei fattori di produzione dello stesso impedisce di ritenere possa aver costituito oggetto di distrazione.

Quanto al presunto sviamento della clientela, a sua volta ritenuto funzionale alla distrazione dell'avviamento, anche tale conclusione pecca di genericità, atteso che non viene individuato (o anche solo evocato) un qualsiasi rapporto con un cliente in atto che sia stato effettivamente trasferito a quella che viene definita in sentenza come la new company, non potendo tale sviamento essere desunto dalla mera assonanza tra la denominazione delle due società.

Osservazioni

La sentenza della Cassazione prende posizione sulla possibilità di ritenere suscettibile di distrazione fraudolenta l'avviamento, condotta questa che si realizza soprattutto mediante nello sviamento della clientela.

Come accennato, sul punto la giurisprudenza si esprime tendenzialmente in senso negativo, anche se con alcune sfumature. In alcune decisioni, infatti, si afferma il rilievo penale della relativa distrazione perché trattasi di bene economicamente apprezzabile e, quindi, ontologicamente compreso nell'oggetto materiale della bancarotta patrimoniale (Cass. pen., sez. I, 27 giugno 2019, n. 28186, secondo cui l'avviamento aziendale senza adeguata contropartita costituisce oggetto di attività illecita di distrazione per effetto del compimento di atti di disposizione di beni, costituenti parte dell'azienda di cui l'imprenditore fallito era titolare, in grado di generare l'avviamento medesimo); a tale orientamento, se ne contrappone un altro più rigoroso (e maggioritario) che sostiene che l'avviamento è un'entità non separabile concettualmente dall'azienda e mera aspettativa per conseguire risultati economici maggiori (Cass. pen., sez. V, 8 marzo 2006, n. 9813; Cass. pen., sez. V, 11 dicembre 2012, n. 3817).

A nostro parere, la problematica in esame può essere affrontata nei seguenti termini. Da un lato, occorre riconoscere che la mancata conservazione dell'avviamento costituisce una lesione della garanzia patrimoniale, frustrando l'interesse del ceto creditorio alla potenziale realizzazione di quel plusvalore impresso dal medesimo all'azienda all'atto della liquidazione dell'attivo fallimentare in quanto l'avviamento commerciale rappresenta la capacità di profitto di un'azienda ed il suo valore come il plusvalore dell'azienda avviata, per cui esso non costituisce per l'imprenditore una mera aspettativa di fatto, costituendo, al contrario, un valore dell'azienda che lo incorpora. Quanto detto è dimostrato da molteplici parametri normativi, tra cui, ad esempio, gli artt. 2424 e 2426 c.c. che, rispettivamente, considerano l'avviamento "derivativo" una immobilizzazione immateriale, e ne consentono l'appostazione nello stato patrimoniale del bilancio nei limiti del costo sostenuto per la sua acquisizione, dovendosi peraltro chiarire che la mancanza di analoga disposizione per l'avviamento "originario" dipende dalla natura del bilancio - che misura l'utile effettivamente realizzato, mentre la valutazione dell'avviamento originario comporterebbe l'anticipazione di quelli futuri conseguibili in funzione dell'espansione e del consolidamento dei fattori che lo generano - e non significa che quest'ultimo non sia economicamente valutabile, in quanto viene di fatto valutato nel momento in cui l'azienda sia oggetto di cessione o comunque cessi il suo esercizio.

Al contempo, però, non pare possibile attribuire a titolo di reato la distrazione dell'avviamento commerciale in sé, quando viene in considerazione come semplice passaggio, per la instaurazione di rapporti contrattuali futuri ed eventuali, di uno o più clienti della fallita, alla società o impresa con la quale il medesimo imprenditore prosegua la medesima attività produttiva (Cass. pen., sez. V, 11 dicembre 2015, n. 49115). In sostanza, se è vero che l'avviamento commerciale costituisce un valore dell'azienda che lo incorpora, ciò non significa automaticamente che esso sia suscettibile di autonoma disposizione, proprio in quanto inscindibile dall'azienda medesima, con la conseguenza che non è possibile configurare la distrazione dell'avviamento commerciale dell'azienda oggetto dell'impresa successivamente fallita se, contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche l'azienda medesima o quantomeno quei fattori aziendali in grado di generare l'avviamento (Cass. pen., sez. V, 5 febbraio 2018, n. 5357, secondo cui, tuttavia, l'avviamento può costituire l'oggetto materiale della bancarotta fraudolenta patrimoniale, sotto il profilo della distruzione, intesa come annullamento del valore economico di uno degli elementi del patrimonio dell'imprenditore, attuata mediante l'intenzionale dispersione, da parte dell'imprenditore, proprio dell'avviamento commerciale, anche in assenza di alienazione od eterodestinazione dei beni aziendali).

Conclusioni

A queste considerazioni pare ricollegarsi la decisione in commento secondo cui non può qualificarsi come distrazione ogni trasferimento di valore del patrimonio della società ad altra realtà produttiva - come verificatosi nel caso di specie, in cui si è riscontrato il trasferimento della clientela della società fallita a ad altra impresa con la quale il medesimo imprenditore ha proseguito la precedente attività produttiva - e ciò in quanto per potersi configurare la distrazione è necessario che si verifichi il depauperamento del patrimonio della società, cosa che appare ontologicamente impossibile nel caso di un bene immateriale come l'avviamento commerciale, che, se considerato in maniera avulsa dai rapporti patrimoniali e contrattuali sottostanti, rappresenta unicamente una potenziale capacità di reddito, ma non un rapporto giuridicamente rilevante ed economicamente valutabile, per cui la sua dispersione oggettiva, per l'autonoma scelta dei clienti di fruire dei prodotti della nuova impresa del medesimo imprenditore, non costituisce un fatto addebitabile a quest'ultimo.

Relativamente ai singoli profili che vengono a comporre l'avviamento, per quanto concerne i rapporti con i fornitori, la Cassazione ritiene che tali rapporti certamente non possono essere considerati suscettibili di una condotta depauperativa da parte dell'imprenditore, atteso che, pur essendo rapporti economicamente valutabili, essi certamente non rappresentano una posta attiva del bilancio aziendale, costituendo, al contrario, un debito per l'azienda: appare quindi, giuridicamente e, prima ancora logicamente, non configurabile la fattispecie di bancarotta patrimoniale nella misura in cui l'attività distrattiva abbia per oggetto rapporti economicamente valutabili che costituiscano una passività per l'azienda, se non nella misura in cui si configuri un depauperamento dell'attività attraverso l'aumento dell'esposizione debitoria per finalità estranee all'azienda.

Quanto alla movimentazione del personale da una società all'altra, ciò può, in astratto, considerarsi atto di disposizione del patrimonio sociale, dovendosi, in proposito, considerare i rapporti obbligatori sottostanti ai contratti di lavoro con i dipendenti, ossia i rapporti giuridici suscettibili di valutazione economica intrattenuti con essi dall'azienda; infatti, solo la cessione di tali rapporti comporta la cessione anche dall'avviamento aziendale, che necessita di adeguata ed autonoma retribuzione. Non è, al contrario, possibile ipotizzare la distrazione dei dipendenti nel senso di ritenere che, se gli stessi decidano di passare ad altra azienda, ciò implichi automaticamente un'attività di dissipazione o distrazione, in assenza, cioè, di elementi che possano delineare una condotta di istigazione del personale alla risoluzione volontaria del rapporto di lavoro, nella prospettiva di una riassunzione presso altra società concorrente.

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