Giudizio di rivendicazione: ciascun condomino ha un’autonoma legittimazione

La Redazione
18 Luglio 2024

Nel caso di specie, il Tribunale di Roma ha errato a dichiarare inammissibile l'opposizione allo stato passivo in oggetto, sia per non aver riconosciuto la legittimazione ad impugnare dei singoli condomini, sia per aver sindacato incidentalmente il vizio di annullabilità della delibera di autorizzazione assembleare e per non aver, comunque, concesso il termine per la regolarizzazione ai sensi dell'art. 182 c.p.c.

Per dirimere la controversia in esame, la Suprema Corte di Cassazione ha ricordato che:

  • «l'amministratore di condominio può esperire l'azione di rivendicazione di cui all'art. 103 l. fall. contro la procedura di liquidazione giudiziale diretta ad ottenere statuizioni relative alla titolarità ed alla restituzione di parti comuni, sia pure, trattandosi di azione che esula dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l'amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130 n. 4 c.c.), previa necessaria autorizzazione dell'assemblea, ex art. 1131 comma 1, c.c., adottata con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 4, dello stesso codice» (Cass. n. 40/2015; Cass. n. 5147/2003; Cass. n. 8589/1999; Cass. n. 4530/1993);
  • «allorché l'amministratore di condominio abbia proposto l'azione di rivendicazione delle cose comuni senza la preventiva necessaria autorizzazione dell'assemblea, quest'ultima può comunque ratificarne l'operato e sanare retroattivamente la costituzione processuale, dovendo a tal fine il giudice assegnare il termine ex art. 182 c.p.c. per regolarizzare il difetto di rappresentanza» (Cass., sez. un., n. 18331/2010).
  • «allorché l'amministratore abbia esperito un'azione concernente le parti comuni dell'edificio, ma eccedente dai limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c., previa autorizzazione dell'assemblea, il giudice non può accertare incidentalmente che la deliberazione autorizzativa non è stata approvata con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 4, c.c., in quanto una delibera adottata con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge è annullabile e perciò, ove non impugnata dai condomini assenti, dissenzienti o astenuti nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 1137 c.c., è valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio»
  • «sino a quando la delibera di autorizzazione alla lite annullabile non sia annullata (quale conseguenza dell'esercizio di un potere di parte e della necessaria pronuncia di una sentenza costitutiva), il giudice deve, dunque, ritenere legittimamente instaurato il contraddittorio, in quanto l'atto annullabile produce gli effetti di cui è capace finché non sia annullato e, ove sia decorso il termine per l'esercizio dell'azione di annullamento, esso resta definitivamente e automaticamente valido»
  • inoltre, «nel giudizio di rivendicazione ex art. 103 l. fall. volto ad ottenere contro la procedura concorsuale statuizioni relative alla titolarità ed alla restituzione di parti comuni dell'edificio condominiale, come in ogni altra controversia che riguardi diritti afferenti al regime della proprietà dei beni comuni del fabbricato, ciascun condomino ha un'autonoma legittimazione individuale – concorrente ed alternativa rispetto a quella dell'amministratore - di agire e resistere a tutela dei suoi diritti di comproprietario "pro quota", sicché è ammissibile l'opposizione dei condomini che, pur non avendo proposto distinte domande nel procedimento di verificazione dello stato passivo, intendano evitare gli effetti sfavorevoli del decreto pronunciato nei confronti del condominio» (Cass., sez. un., n. 10934/2019).

(tratto da: dirittoegiustizia.it)

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