Responsabilità civile
RIDARE

Luglio 2024: risarcimento da tardiva attuazione di una direttiva comunitaria e liquidazione del danno biologico

La Redazione
05 Agosto 2024

Nel mese di luglio 2024, la Corte di Cassazione si è occupata, tra le altre, delle seguenti tematiche: prescrizione del diritto al risarcimento del danno causato dalla tardiva attuazione di una direttiva comunitaria, responsabilità da cose in custodia e prova liberatoria, applicazione delle Tabelle di Milano nella liquidazione del danno biologico.

Sanzioni stradali e interruzione della prescrizione

Cass. civ., sez. III, 2 luglio 2024, n. 18152

Costituisce motivo di opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. il motivo con il quale viene dedotta l'avvenuta prescrizione dei crediti oggetto dell'intimazione nel periodo intercorso tra la data di accertamento delle violazioni amministrative e la notificazione del primo atto interruttivo - fattispecie relativa ad una opposizione al pagamento di una cartella esattoriale per violazione del codice della strada -. (Nel caso specifico, a prescindere dall'impugnazione della cartella di pagamento, il Tribunale avrebbe dovuto verificare se la cartella era stato il primo atto interruttivo della prescrizione e se era maturata la prescrizione del credito in contestazione come eccepito dal debitore, verificando anche l'interesse ad agire dell'attore).

Tardiva attuazione di una direttiva comunitaria e risarcimento del danno  

Cass. civ., sez. III, ord., 5 luglio 2024, n. 18408

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno causato dalla tardiva attuazione di una direttiva comunitaria è soggetta alla prescrizione quinquennale a partire dal 1° gennaio 2012, a nulla rilevando che il fatto generatore del danno, o il danno stesso, si sia verificato in epoca anteriore. Se alla data del 1° gennaio 2012 il tempo mancate al compimento della prescrizione fosse inferiore al quinquennio, continuerà ad applicarsi il previgente termine decennale. Se dopo il 1° gennaio 2012, ma prima del maturare della prescrizione, il creditore ne abbia interrotto il corso, a partire dall'atto interruttivo si applicherà il termine quinquennale.

Nel caso concreto, la prescrizione era stata interrotta nel 2008 ed il giudizio di primo grado era iniziato nel luglio del 2017. Pertanto, alla data di entrata in vigore della l. 183/11, il credito azionato, secondo le regole previgenti, si sarebbe prescritto entro 6 anni e mezzo. Tuttavia, dal 1° gennaio 2012 quel termine fu ridotto, ai sensi del combinato disposto dell'art. 4, comma 43, l. 183/11, e 252 disp. att. c.p.c., a cinque anni decorrenti dal 1° gennaio 2012. Il credito azionato si era dunque prescritto il 1° gennaio 2017 ed era già estinto al momento della successiva azione giudiziaria.

Responsabilità da cose in custodia e prova liberatoria

Cass. civ., sez. III, ord., 8 luglio 2024, n. 18518

Se la colpa del custode non integra un elemento costitutivo della sua responsabilità, la prova liberatoria che egli è onerato di dare, nell'ipotesi in cui il danneggiato abbia dimostrato il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, non può avere ad oggetto l'assenza di colpa, ma dovrà avere ad oggetto la sussistenza di un fatto fortuito o di un atto del danneggiato o del terzo che si pone esso stesso in relazione causale con l'evento di danno, caratterizzandosi, ai sensi dell'art. 41, comma 2, primo periodo, cod. pen., come causa esclusiva di tale evento. (Nel caso di specie che a fronte delle condizioni di luogo, strada percorsa di notte e con forte vento, il danneggiato non aveva tenuto una la condotta di guida diligente e prudente).

Risarcimento per intollerabilità dei rumori delle manifestazioni in piazza

Cass. civ., sez. III, ord., 9 luglio 2024, n. 18676

L'ente pubblico è soggetto all'obbligo di non provocare immissioni rumorose ed è responsabile dei danni conseguenti alla lesione dei diritti soggettivi dei privati, cagionata da immissioni provenienti da aree pubbliche, potendo conseguentemente essere condannata al risarcimento del danno, così come al "facere" necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità, dal momento che tali domande non investono - di per sé - atti autoritativi e discrezionali, bensì un'attività materiale soggetta al richiamato principio del "neminem laedere". (Nella specie veniva confermata la sentenza di condanna di un Comune della riviera ligure al risarcimento a favore dei residenti che avevano agito in giudizio per l'intollerabilità dei rumori dovuti agli eventi e alle manifestazioni tenute nella piazza durante l'estate).

Sinistro stradale: applicazione delle Tabelle di Milano nella liquidazione del danno biologico

Cass. civ, sez. III, ord., 16 luglio 2024, n. 19506

Nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, non essendo rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziali; il riferimento al criterio di liquidazione, predisposto dal Tribunale di Milano ed ampiamente diffuso sul territorio nazionale, garantisce tale uniformità di trattamento, in quanto questa Corte, in applicazione dell'art. 3 Cost., riconosce ad esso la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono.

Il valore delle tabelle milanesi va inteso non già nel senso che le dette tabelle ed i loro adeguamenti siano divenute esse stesse in via diretta una normativa di diritto, bensì nel senso che esse forniscono gli elementi per concretare il concetto elastico previsto nella norma dell'art. 1226 c.c. (norma questa che necessariamente viene in rilievo allorquando debba liquidarsi il danno non patrimoniale, che per definizione non si presta ad essere "provato nel suo preciso ammontare").

ZTL: più violazioni dello stesso illecito amministrativo creano un'unica infrazione

Cass. civ. sez. II, 17 luglio 2024, n. 19680

Le violazioni, anche in tempi diversi, della medesima norma (art. 7, comma 9, codice della strada) relativa alla circolazione di un veicolo non avente i requisiti amministrativi richiesti dalla legge - nel caso di specie, la mancanza del permesso di accesso a ZTL - devono, semmai, essere considerate come un'unica infrazione in quanto reiterazioni del medesimo illecito amministrativo (reiterazione specifica), ai sensi della legge vigente ratione temporis.

Responsabilità per negligenza delle banche verso il correntista

Cass. civ. sez. I, 18 luglio 2024, n. 19815

La girata per l'incasso di un assegno non trasferibile ad un banchiere diverso dal trattario, identificata nella clausola «per conoscenza e garanzia», apposta dal proprio cliente dopo che il titolo è stato girato dal prenditore apparente, è illegittima, perché viola l'art. 43, comma 1, legge assegni, ed obbliga la banca negoziatrice, nella esecuzione del mandato conferito, alla osservanza dei doveri di diligenza e cautela in ordine alla verifica della correttezza e regolarità dell'emissione e circolazione del titolo pervenutole, la cui violazione determina responsabilità risarcitoria, congiuntamente a quella della banca trattaria, la cui comparazione ha rilievo in sede di graduazione delle incidenze causali di ciascuna nella produzione dell'evento. (Il tema affrontato dalla Cassazione che nel caso in esame rigetta il ricorso delle banche, è quello della responsabilità risarcitoria per negligenza di due istituti di credito, colpevoli di aver assunto che un soggetto fosse il rappresentante del proprio cliente e non un mero fidefaciente).

Incidente in tribunale: risponde chi è responsabile e custode dei locali a uso ufficio giudiziario

Cass. civ., sez. III, sent., 23 luglio 2024, n. 20348

La solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio è prevista dal legislatore nell'interesse del creditore e serve a rafforzare il diritto di quest'ultimo, consentendogli di ottenere l'adempimento dell'intera obbligazione da uno qualsiasi dei condebitori, mentre non ha alcuna influenza nei rapporti interni tra condebitori solidali, fra i quali l'obbligazione si divide secondo quanto risulta dal titolo o, in mancanza, in parti uguali, pertanto l'impugnazione da parte di uno dei condannati, volta a sostenere la responsabilità anche di altro dei potenziali responsabili o una diversa misura della colpa tra i convenuti già condannati, presuppone il tempestivo e rituale dispiegamento davanti al giudice del merito della domanda di rivalsa nei confronti di costoro, non venendo meno, proprio in forza dell'art. 2055 c.c., la sua responsabilità per l'intero nei confronti del danneggiato: sicché, in difetto di tale domanda, la condanna non aggrava la sua posizione di debitore dell'intero, né pregiudica in alcun modo il suo eventuale diritto di rivalsa, non essendo stato dedotto in giudizio il rapporto interno che lo lega all'altro debitore; e, se domanda di rivalsa non vi è stata da parte di uno dei convenuti nei confronti degli altri indicati come corresponsabili e riconosciuti tali, allora i primi non hanno titolo per dolersi della sorte della domanda contro gli altri.

Nel caso di specie, la Cassazione rigettava il ricorso interposto dal Comune, rilevando che, per il periodo tra il 1° gennaio 1941 e il 30 agosto 2015, la manutenzione e custodia dei locali a uso ufficio giudiziario spettavano ai Comuni e che il trasferimento di competenze in favore del Ministero non ha modificato la titolarità delle posizioni di debito/credito sussistenti al momento del trasferimento). È stata data continuità al principio di diritto (Cass. n. 19606/2013) che, sotto la vigenza della legge n. 392/1941, l'obbligo di manutenzione degli immobili, adibiti a ufficio giudiziario, erano i Comuni.

Criteri di ammissibilità dell'impugnazione incidentale tardiva del coobbligato

Cass. civ., sez. III, ord., 26 luglio 2024, n. 20935

L'ammissibilità dell'impugnazione incidentale tardiva rivolta contro parti diverse dall'impugnante principale va valutata in concreto e non in astratto, in base al contenuto della sentenza impugnata. Pertanto, se quest'ultima abbia erroneamente qualificato come solidale una obbligazione in realtà parziaria, dovranno applicarsi i princìpi stabiliti da questa Corte in tema di solidarietà: e dunque ammettersi l'impugnazione incidentale tardiva proposta da uno dei condebitori solidali nei confronti del creditore, ed adesiva all'impugnazione principale proposta da altro condebitore nei confronti del medesimo creditore.

Il rifiuto del ricovero da parte del paziente non esclude automaticamente la responsabilità del personale sanitario

Cass. civ., sez. III, 30 luglio 2024, n. 21362

In tema di responsabilità sanitaria, la Suprema Corte ha precisato che il giudice di merito debba sempre indagare l’effettiva formazione della volontà espressa del paziente, anche qualora quest’ultimo rifiuti il ricovero dopo essere stato informato circa il proprio stato di salute e i relativi rischi. Difatti il consenso del paziente deve essere informatocompleto, consapevole ed esplicito: solo se correttamente informato, il paziente può liberamente autodeterminarsi e decidere se assumersi o meno il rischio derivante da un mancato ricovero. Di conseguenza, il rifiuto del ricovero del paziente successivamente deceduto non esclude (o non limita) automaticamente la responsabilità del personale medico che lo ha visitato. (Nel caso di specie, una donna – a seguito di errata diagnosi da parte dei medici del pronto soccorso – aveva rifiutato il ricovero ed era deceduta pochi giorni dopo per ischemia cerebrale; la Corte d’appello aveva ravvisato una corresponsabilità colposa in capo alla donna per il solo fatto di aver rifiutato il ricovero, senza indagare se tale rifiuto si fosse validamente formato).

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