È evidente che la querela di falso serva ad eliminare un documento dal corredo probatorio di cui la controparte voglia fare uso e, pertanto, presuppone che il giudizio relativo sia in essere e non sia estinto; dunque l'unica via percorribile, come correttamente stabilisce il decreto in commento, è quella di proporre una querela di falso in via principale ed autonoma, sempre ovviamente, ove sussista un interesse della parte proponente.
Tuttavia, bisogna chiedersi se sia corretta la sede nella quale viene adottato tale provvedimento, cioè quella di cui all'art. 171 bis c.p.c.
A questo proposito bisogna osservare che la riforma Cartabia, introdotta con il d.lgs. n. 149/2022, nell'ottica di razionalizzazione e snellimento del processo civile, ha previsto un sistema di verifiche anteriori alla celebrazione della prima udienza di comparizione delle parti, al fine di verificare la sussistenza di tutti presupposti minimi affinché questo possa proficuamente svolgersi.
Così, l'introdotto art. 171 bis c.p.c. prevede che: «Scaduto il termine di cui all'articolo 166, il giudice istruttore, entro i successivi quindici giorni, verificata d'ufficio la regolarità del contraddittorio, pronuncia, quando occorre, i provvedimenti previsti dagli articoli 102, secondo comma, 107, 164, secondo, terzo, quinto e sesto comma, 167, secondo e terzo comma, 171, terzo comma, 182, 269, secondo comma, 291 e 292, e indica alle parti le questioni rilevabili d'ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, anche con riguardo alle condizioni di procedibilità della domanda e alla sussistenza dei presupposti per procedere con rito semplificato. Tali questioni sono trattate dalle parti nelle memorie integrative di cui all'articolo 171 ter».
Il richiamo è ai provvedimenti relativi all'integrazione del contraddittorio nel litisconsorzio necessario, alla chiamata del terzo per ordine del giudice, alla nullità della citazione e relative sanatorie, alla nullità della comparsa di risposta, alla dichiarazione di contumacia, al difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione, alla chiamata in causa del terzo, ad altri provvedimenti in materia di contumacia, oltre alle questioni rilevabili d'ufficio, alle condizioni di procedibilità della domanda ed ai presupposti per procedere con rito semplificato.
L'art. 171 bis c.p.c. prevede, poi, che, nell'ambito dei provvedimenti indicati al primo comma, il giudice «se necessario, fissa la nuova udienza per la comparizione delle parti, rispetto alla quale decorrono i termini indicati all'articolo 171-ter. Se non provvede ai sensi del secondo comma, conferma o differisce, fino ad un massimo di quarantacinque giorni, la data della prima udienza rispetto alla quale decorrono i termini indicati all'articolo 171-ter».
La ratio di tale previsione consiste proprio nello stimolare il contraddittorio su questioni fondamentali e di carattere preliminare per lo svolgimento del processo, tenuto conto anche del principio ribadito con la riforma del processo civile all'art. 101 c.p.c.
Alla luce di un simile impianto normativo, si può osservare che il decreto di cui all'art. 171 bis c.p.c., fra le questioni rilevabili in quella sede, può occuparsi anche delle questioni rilevabili d'ufficio di cui si ritiene opportuna la trattazione e, fra le questioni rilevabili d'ufficio, vi è certamente la carenza di interesse ad agire, come insegna la costante giurisprudenza.
A questo punto parrebbe del tutto legittimo il provvedimento emesso ai sensi dell'art. 171 bis c.p.c. che, evidenziata una questione rilevabile d'ufficio, decida in quella sede di conseguenza.
Tuttavia, ad una lettura più attenta, lo stesso art. 171 bis c.p.c. richiama le questioni rilevabili d'ufficio di cui il giudice «ritiene opportuna la trattazione»; ed è proprio il richiamo alla “trattazione” che coinvolge la svolgimento di una decisione basata sul contraddittorio delle parti.
Di conseguenza, si può dubitare che si possa direttamente risolvere e statuire su una questione relativa all'interesse ad agire in quella sede, dovendosi affrontare tale questione preliminare in seno al processo, ove sia possibile che si svolga compiutamente il contraddittorio tra le parti.
Questa è anche la previsione contenuta nello stesso art. 171 bis c.p.c. che prevede, appunto, un differimento d'udienza, se necessario, al fine di permettere alle parti di utilizzare i termini di cui all'art. 171 ter c.p.c. per il deposito delle memorie ivi previste.
Nel caso in commento, pertanto, la declaratoria di inammissibilità per mancanza di interesse ad agire integra la carenza di una condizione dell'azione che va valutata nel contraddittorio delle parti portando ad una pronuncia di inammissibilità della domanda senza che si possa pervenire ad una pronuncia nel merito.
Del resto, una tale interpretazione sembra anche in linea con altra giurisprudenza di merito la quale, pur allargando le maglie dell'applicazione dell'art. 171 bis c.p.c., salva sempre il contraddittorio fra le parti: «Qualora, nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la parte convenuta sollevi una questione pregiudiziale relativa alla tardività dell'opposizione, potenzialmente idonea a precludere l'esame del merito, tale da rendere superfluo il deposito delle tre memorie integrative ex art. 171 ter c.p.c., il giudice può ritenere opportuna l'immediata discussione in contraddittorio della questione, fissando all'uopo un'apposita udienza». (Trib. Bologna sez. II, 6 giugno 2024).
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