Nullità del mutuo garantito dallo Stato ed esclusione del credito bancario dallo stato passivo

02 Agosto 2024

L’elaborato offre un’analisi di una pronuncia con cui i giudici del tribunale di Asti hanno rigettato un ricorso in opposizione allo stato passivo, proposto nell’interesse di un istituto di credito, in ragione della nullità del contratto di mutuo assistito da garanzia statale

intervenuto tra la stessa Banca e la società fallita. 

Alla stesura del contributo ha partecipato il dott. Giovanni Gianelli

Massima

La consapevole concessione di una somma a mutuo ad un soggetto insolvente e non in grado di restituirla, contando sulla sola garanzia assicurata dallo Stato, costituisce un negozio giuridico la cui causa, difforme da quella tipica del contratto di mutuo, si pone in contrasto con le normative di natura primaria e secondaria che regolano le modalità di conduzione dell'attività bancaria e l'accesso alle garanzie statali.

Il caso

Con ricorso ex art. 98 comma 2, l. fall., una banca, in qualità di creditrice di una società fallita, proponeva avanti al tribunale di Asti opposizione allo stato passivo del fallimento nella parte in cui non ammetteva, in via chirografaria, il credito insinuato in forza della concessione di un mutuo assistito dalla garanzia del Fondo pubblico ex l. n. 662/1996 (garanzia del fondo PMI di MCC).

Costituendosi, il fallimento chiedeva: in via principale il rigetto dell'opposizione per nullità del contratto di mutuo e contrarietà dello stesso al buon costume; in via subordinata il rigetto dell'insinuazione per la revocabilità dell'operazione ai sensi dell'art. 67 comma 1, n. 2), l. fall.; in via ulteriormente subordinata l'esclusione del credito in ragione della compensazione con un controcredito del fallimento.

A supporto delle proprie ragioni, l'opposta procedura evidenziava che il contratto di mutuo era stato concluso dalla banca nella consapevolezza dello stato di decozione della società, poi fallita, in assenza di una qualsivoglia attività istruttoria ed al solo scopo di conseguire, come effettivamente accaduto, la garanzia pubblica del Fondo Centrale di Garanzia per le piccole e medie imprese.

Sulla base di tali assunti, perciò, il fallimento chiedeva ai giudici astigiani l'accertamento della nullità del contratto di mutuo per contrarietà alle disposizioni penali di cui all'art. 216 comma 3, l. fall., all'art. 217 comma 1, n. 3, l. fall., all'art. 217 comma 1, n. 4, l. fall., all'art. 223 comma 2, n. 2, l. fall. ed all'art. 316-ter c.p., per illiceità della causa e per illiceità del motivo comune ad entrambi i contraenti.

La questione

Il tribunale di Asti, dunque, al fine di constatare la fondatezza dell’opposizione allo stato passivo, è stato chiamato a valutare la possibile nullità del contratto di mutuo intervenuto tra la banca e la società poi fallita.

Per risolvere tale questione, sono due gli aspetti di rilievo, uno preliminare all’altro, che l’organo giudicante ha affrontato.

In primo luogo, ha dovuto valutare, sulla base di quanto dedotto e provato dalle parti, la configurabilità di una qualche consapevolezza da parte dell’istituto di credito circa le condizioni di dissesto in cui versava la società al momento del perfezionamento del contratto.

In secondo luogo, poi, i giudici – accertata la conoscenza da parte della banca dello stato di insolvenza della società – hanno affrontato la dirimente questione della nullità di un contratto di mutuo stipulato sulla base del solo affidamento sull’esistenza di una garanzia statale.

Le soluzioni giuridiche

La consapevolezza dello stato di insolvenza della società poi fallita

Affrontando primariamente il tema della scientia decoctionis, il tribunale di Asti ha posto una fondamentale premessa: “ai fini della valutazione circa la fondatezza delle rilevate nullità del contratto, la consapevolezza dell'istituto di credito in ordine alle condizioni di dissesto della (omissis) costituisce un dato che può essere provato anche per presunzioni”.

Sulla base di tale assunto, dunque, avvalendosi unicamente di quanto prodotto nel processo dalle parti, il tribunale osservava che:

  • l'analisi del bilancio d'esercizio 2020, approvato dalla società solo qualche mese prima della stipula del contratto, consentiva facilmente di ravvisare lo stato di crisi dell'impresa;
  • tale stato di decozione poteva essere percepito anche tramite la valutazione dei dati pubblici reperibili sulla società;
  • tali evidenti segnali avrebbero dovuto indurre la banca a svolgere una reale e approfondita istruttoria circa la solvibilità dell'impresa;
  • l'esperimento di una qualche minima forma di istruttoria non veniva allegata dalla banca e, allo stesso tempo, la corrispondenza intercorsa tra questa e la società ne provava la mancata realizzazione.

Sulla base delle circostanze appena riportate i giudici astigiani hanno quindi rilevato “un contegno dell'istituto di tale distanza dalla diligenza professionale tipica del banchiere da poterne desumere in via presuntiva la piena consapevolezza delle reali condizioni di solvibilità del cliente o, comunque, il completo disinteresse per le stesse, con consapevole accettazione del rischio di concedere un finanziamento ad un cliente insolvente”.

Dunque, a detta del tribunale di Asti, la somma degli eventi riportati dalle parti configura un comportamento della banca talmente distante dalla diligenza del “Bonus argentarius” da permettere di constatare, in via presuntiva, la consapevolezza da parte di questa circa le condizioni di crisi in cui versava l'impresa poi fallita.

La nullità del contratto per illiceità della causa

Il tribunale di Asti è passato al merito della questione: la possibile nullità di un contratto di mutuo stipulato sulla base della sola “assicurazione alla parte mutuante della garanzia statale per una parte nettamente preponderante del già sussistente credito, nella consapevolezza che il debitore principale non potrà mai adempiervi”.

Un negozio giuridico fondato su una siffatta causa, secondo il tribunale di Asti, si pone in contrasto con le normative di natura primaria e secondaria che regolano l'attività degli istituti di credito (in primis l'art. 5 del TUB) e l'accesso alle garanzie prestate dal fondo PMI di MCC (art. 2, comma 100, l. n. 662/1996; d.m. n. 248/1999 del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato; d.m. Ministero delle attività produttive 20 giugno 2005; allegati al d.m. Ministero delle attività produttive 23 settembre 2005).

Un contratto di mutuo la cui reale causa è contraria a normative dell'ordinamento, dunque, va ritenuto, ai sensi dell'art. 1343 c.c., nullo per illiceità della causa.

L'organo giudicante, tuttavia, non ha svolto quest'unica censura.

L'operazione posta in essere dalla banca e dall'impresa, infatti, a parere del tribunale di Asti, contrasta anche con l'art. 316-ter c.p. (“Indebita percezione di erogazioni pubbliche”). Questa, di fatto, si è rilevata funzionale all'indebito conseguimento della garanzia pubblica da parte dell'istituto di credito, a seguito dell'omissione di fondamentali informazioni sullo stato di crisi in cui versava la beneficiaria del contratto di mutuo. Informazione che, alla luce delle norme che regolano l'accesso alle garanzie prestate dallo Stato, la banca avrebbe senza alcun dubbio dovuto fornire. Ulteriormente, l'insieme delle azioni poste in essere da banca e fallita, essendo stata idonee a procrastinare la dichiarazione di fallimento, configurano, secondo i giudici astigiani, una violazione dell'art. 217 comma 1, n. 4 della l. fall. (“bancarotta semplice”).

Secondo il tribunale di Asti, dunque, essendo tanto l'art. 316-ter c.p. quanto l'art. 217 comma 1, n. 4, l. fall. norme aventi carattere imperativo all'interno dell'ordinamento, il contratto di mutuo sottoscritto dalla banca e dalla società poi fallita è nullo anche ai sensi dell'art. 1418 c.c.

In conclusione, quindi, il tribunale di Asti ha rigettato l'opposizione allo stato passivo promossa dalla banca, “stante la nullità del titolo posto alla base dell'insinuazione al passivo”.

Osservazioni 

La commentata sentenza del tribunale di Asti si inserisce all'interno di un filone giurisprudenziale, accolto anche dalla stessa Corte di cassazione, volto a censurare la sconsiderata concessione di finanziamenti, da parte degli istituti di credito, a società prima facie insolventi.

La  decisione dei giudici astigiani, tuttavia, amplia il tema.

La vicenda oggetto della controversia, infatti, riguarda non la concessione di un finanziamento qualsiasi bensì la conclusione di un mutuo sorretto da garanzia pubblica.

Da un lato, se la giurisprudenza è conforme nell'affermare che la normativa relativa agli istituti di credito (in primis il T.U.B.) richieda alle banche di adottare una diligenza conforme all'attività professionale svolta, dall'altro, nel contesto della legislazione “emergenziale”, emersa prima a seguito della pandemia da Covid-19 e poi della crisi energetica, tale convinzione sembrerebbe venir meno.

Di fatto, per favorire la ripresa economica e scongiurare la carenza di liquidità che affliggeva il sistema economico del Paese, il Legislatore, a partire dal 2020, ha adottato una serie di misure volte a facilitare l'accesso al credito garantito. A partire dal d.l. n. 18/2020 (Cura Italia), però, i Governi non solo hanno ritenuto opportuno ampliare l'accesso ai finanziamenti supportati da garanzia pubblica ma, allo stesso tempo, hanno “alleggerito”, in determinate circostanze, le procedure e i controlli che le banche devono svolgere prima di erogarli (si consideri, come esempio, l'art. 13, lett. g), del d.l. n. 23/2020, c.d. “d.l. Liquidità”).

È all'interno di tale contesto normativo che la banca, ricorrente in opposizione avanti al tribunale di Asti, ha ritenuto possibile concedere, senza svolgere la necessaria istruttoria e, dunque, la fondamentale valutazione del merito creditizio, un finanziamento assistito da garanzia del Fondo pubblico ex l. n. 662/1996 ad un soggetto manifestamente insolvente.

Si è così aperto, davanti ai giudici astigiani, il nuovo e fondamentale tema della legittimità, all'interno di un panorama legislativo fortemente inciso dalla normativa emergenziale, della consapevole concessione del credito a soggetto insolvente, sull'assunto della sola garanzia prestata dallo Stato.

Stabilito, quindi, l'importante principio secondo cui la consapevolezza da parte della banca dello stato di dissesto della società possa essere accertato dal giudice anche tramite presunzioni, il tribunale di Asti ha affermato essere nullo, sia per illeceità della causa che per contrasto a norme imperative, quel contratto di mutuo, concluso con tale consapevolezza, avente quale unica causa la certezza di accedere alla garanzia pubblica.

Perciò, secondo l'argomentare dei giudici astigiani, anche all'interno di un contesto normativo dove il legislatore, a fronte di situazioni emergenziali, agevola e semplifica l'accesso ai finanziamenti garantiti, le norme che regolano l'attività degli istituti di credito, in quanto imperative, non accettano deroghe, richiedendosi sempre, da parte delle banche, lo svolgimento, sulla base della diligenza professionalmente richiesta,  delle necessarie attività istruttorie e della fondamentale valutazione del merito creditizio. Pena la realizzazione di un negozio illecito che, posto al vaglio dei giudici, potrebbe essere dichiarato nullo.

La decisione del Tribunale di Asti, potenzialmente, apre le porte per un elevato numero di conteziosi, in particolare in tutti quei casi dove la concessione di finanziamenti garantiti dallo Stato si sia verificata in modo abusivo da parte della banca e abbia procrastinato la dichiarazione di fallimento, a scapito delle ragioni del ceto creditorio.

  

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.