Il giudice dell’impugnazione ed il rilievo officioso della questione pregiudiziale di rito

06 Agosto 2024

Il giudice dell'impugnazione può rilevare d'ufficio la questione pregiudiziale di rito non rilevata nel grado precedente, in cui la domanda sia stata rigettata nel merito, pur in difetto di un’impugnazione incidentale della parte vittoriosa?

Massima

Circa il potere del giudice dell’impugnazione di rilevare d’ufficio la questione pregiudiziale di rito non rilevata nel precedente grado, nel quale la domanda è stata rigettata nel merito, ed in mancanza di impugnazione incidentale della parte vittoriosa, vi sono contrasti giurisprudenziali.

Al problema della portata invalidante o non della violazione dell’ordine delle questioni si collega, poi, quello del se il principio della ragione più liquida coinvolga non soltanto le questioni di merito, ma anche quelle di rito. Per la risoluzione della questione di diritto il ricorso va rimesso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite

Il caso

La Alfa s.r.l. conveniva in giudizio la Beta s.r.l. chiedendo il risarcimento del danno subito ed esponendo che la convenuta aveva chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti di parte attrice senza, tuttavia, menzionare l'esistenza di un giudizio ordinario di cognizione pendente per lo stesso credito, relativo alla restituzione dell'acconto versato in virtù di un contratto preliminare di compravendita stipulato tra le parti.

La Beta s.r.l. aveva, altresì, trascritto il pignoramento senza prestare il consenso alla cancellazione nonostante la previa sospensione dell'efficacia del titolo esecutivo e, a seguito dell'opposizione di Alfa s.r.l., il processo esecutivo era stato dichiarato estinto nel 2012. Successivamente, la stessa convenuta aveva chiesto ed ottenuto il sequestro conservativo di un terreno che era stato proposto in vendita a Gamma s.r.l. con collegato appalto per un determinato importo, omettendo di comunicare al Tribunale che il predetto credito era stato già garantito dal pignoramento immobiliare eseguito nei confronti del fideiussore.

Il contratto preliminare di vendita veniva risolto in virtù dell'esecuzione del pignoramento sugli immobili che ne erano oggetto e Gamma s.r.l. si era avvalsa della clausola risolutiva espressa ai fini della risoluzione del contratto per la presenza della trascrizione pregiudizievole.

Il Tribunale rigettava la domanda e veniva, quindi, adita la Corte d'Appello territorialmente competente che rigettava anch'essa gli appelli proposti in via principale ed incidentale.

In particolare, la Corte rilevava che la domanda risarcitoria di cui all'art. 96 c.p.c. doveva essere proposta dinanzi al giudice della controversia durante la quale era stata tenuta la condotta che aveva causato il danno di cui si chiedeva il risarcimento poiché la proposizione in via autonoma della stessa era riservata ai soli casi di impossibilità di esercitarla nel processo in cui la condotta dannosa si era manifestata.

In questo senso, il Giudice d'appello aveva sottolineato che la domanda risarcitoria doveva essere disattesa in virtù della sua inammissibilità e non perché infondata nel merito.

Alfa s.r.l. proponeva ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi di ricorso.

La questione

La principale questione giuridica che il provvedimento in esame è stato chiamato ad affrontare - oggetto, altresì, di difformi decisioni da parte delle sezioni semplici della Suprema Corte - attiene all’individuazione dei limiti del potere del giudice dell’impugnazione di rilevare d’ufficio la questione pregiudiziale di rito non rilevata nel grado precedente, in cui la domanda è stata rigettata nel merito, pur in difetto di un’impugnazione incidentale della parte vittoriosa.

Le soluzioni giuridiche

La ricorrente proponeva quattro motivi di ricorso: segnatamente, denunciava, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli art. 112 e art. 324 c.p.c., rilevando l'avvenuta formazione del giudicato interno sull'ammissibilità della domanda per mancata proposizione dell'appello incidentale dal momento che era stata implicitamente rigettata l'eccezione di inammissibilità della domanda risarcitoria, oggetto di dibattito in sede di comparsa conclusionale e di memoria di replica dalle parti.

Ebbene, posto che tale questione di diritto è stata oggetto di decisioni delle sezioni semplici che si sono espresse in senso discorde a riguardo, la Terza Sezione civile ha ritenuto opportuno rimettere il ricorso alla Prima Presidente per l'eventuale assegnazione dello stesso alle Sezioni Unite.

Ciò posto, i giudici di legittimità hanno dapprima richiamato precedente giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2007, n. 9297) con la quale era stato chiarito che, ove non sia stata decisa in primo grado, la questione inerente alla proposizione dell'azione di cui all'art. 96 c.p.c. fuori dal processo cui la relativa responsabilità si riferisce non si connota come un'eccezione rilevabile su istanza di parte, trattandosi di questione di diritto rilevabile d'ufficio dal momento che si configura, appunto, come una questione relativa alla proponibilità stessa dell'azione. Pertanto, la stessa non può essere oggetto di deduzione a pena di decadenza ai sensi dell'art. 346 c.p.c., essendo consentito il rilievo anche al giudice d'appello.

Tanto premesso, la Corte ha dato atto delle difformità dei precedenti orientamenti che si sono già espressi sulla questione oggetto di contrasto.

Per un primo indirizzo giurisprudenziale (Cass. civ., sez. I, 20 aprile 2023, n. 10641; Cass. civ., sez. II, 2 settembre 2022, n. 25934Cass. civ., sez. II, 31 marzo 2022, n. 10361Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2020, n. 7941) sul giudice dell'impugnazione grava un dovere di rilevare d'ufficio l'inammissibilità della domanda riconvenzionale se questa, in primo grado, non è stata ammessa o è stata rigettata nel merito.

In altri termini, una pronuncia di primo grado che, in mancanza di una pronuncia espressa sull'ammissibilità di una domanda riconvenzionale, rigetta la stessa per motivi di merito non implica alcuna statuizione implicita sull'ammissibilità della stessa domanda che, se non specificamente impugnata, è oggetto di passaggio in giudicato. In questo senso, pertanto, il giudice di secondo grado chiamato a pronunciarsi sulla questione in virtù dell'appello principale proposto dalla parte soccombente sul merito ha il dovere di rilevare d'ufficio l'inammissibilità di tale domanda e l'eventuale omissione di tale rilievo è censurabile in cassazione alla stregua di un error in procedendo.

Per altro verso, secondo un differente orientamento (Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2024, n. 3352; Cass. civ., sez. II, 31 agosto 2022, n. 25680Cass. civ., sez. trib., 15 luglio 2021 n. 20315Cass. civ., sez. III, 10 marzo 2021 n. 6762), la pronuncia d'ufficio del giudice di primo grado su una questione processuale per la quale è prescritto un termine di decadenza o il compimento di una certa attività deve avvenire entro il grado di giudizio in cui la stessa si è manifestata. Pertanto, se il giudice di primo grado ha deciso la controversia nel merito senza pronunciare d'ufficio sulla questione, è precluso l'esercizio del potere di rilievo d'ufficio, per la prima volta, sia dal giudice di appello che da quello di Cassazione, qualora non sia stata oggetto di impugnazione o non sia stata ritualmente riproposta: ciò poiché si sarebbe formato un giudicato implicito interno in applicazione del principio di conversione delle ragioni di nullità della sentenza in motivi di gravame ai sensi dell'art. 161 c.p.c.

I due orientamenti appena citati, come osservato anche dai giudici di legittimità, esprimono una netta difformità di vedute delle sezioni semplici, difformità che ha avuto conseguenze anche rispetto a talune pronunce delle Sezioni Unite, le quali sono state chiamate ad esprimersi rispetto a questioni collegate a quella oggetto del presente commento, generando un complesso di problemi molto dibattuto in dottrina, i.e., nel caso della rilevanza dell'ordine delle questioni di rito e di merito (cfr. Cass. civ., sez. un., 12 maggio 2017, n. 11799 e, per contro, Cass. civ., sez. un., 21 marzo 2019, n. 7940) ovvero quella inerente alla possibilità che il principio della ragione più liquida coinvolga tanto le questioni di merito quanto quelle di rito.

Osservazioni

Come ricordato nel provvedimento che qui si annota, l'orientamento di legittimità sulla questione è difforme e, pertanto, è auspicabile una pronta decisione delle Sezioni Unite al fine di risolvere tale contrasto.

Secondo la prima parte della giurisprudenza richiamata, invero, la decisione nel merito del giudice di prime cure, in mancanza di una statuizione circa un eventuale vizio processuale non eccepito né rilevato d'ufficio in primo grado e in difetto di una specifica impugnazione volta a far valere il vizio presupposto, non comporta una cristallizzazione della invalidità o della decadenza per il tramite del giudicato implicito interno.

In tal senso, allora, il vizio è rilevabile in ogni stato e grado del processo e, pertanto, anche nel giudizio di legittimità.

Al contrario, l'opposto orientamento ha applicato il meccanismo del giudicato implicito in virtù del quale si sostiene che il potere del giudice di rilevare ex officio i vizi attinenti alla attività processuale, attribuito dalla norma del processo o desumibile dallo scopo di interesse pubblico ed indisponibile dalle parti, prevede un termine di decadenza o comunque il compimento di una determinata attività entro il grado di giudizio nel quale il vizio si è manifestato.

Come osservato da autorevole dottrina, questa soluzione non sembra pienamente convincente dal momento che il richiamato meccanismo del giudicato implicito non dovrebbe trovare accoglimento nel nostro ordinamento, posto che soltanto una decisione esplicita può consentire l'impugnazione per mezzo della contestazione delle ragioni che fondano la stessa. Per converso, in mancanza di un provvedimento e di una motivazione, non sembrerebbe possibile impugnare una decisione che, di fatto, è inesistente rispetto ad una questione pregiudiziale di rito.

Del resto, conformemente a quanto statuito da altra parte della dottrina, disattendendo siffatta ricostruzione si finirebbe per imporre alla parte di proporre impugnazione al solo scopo di evitare la formazione di un giudicato su una questione che non è stata né affrontata né decisa nel giudizio, «senza dunque che vi sia una decisione e soprattutto una motivazione da poter contestare, circostanza che non è logicamente, prima che normativamente, sostenibile».

A tal riguardo, è stato altresì efficacemente rilevato che le esigenze di economia che il meccanismo del giudicato implicito vorrebbe salvaguardare potrebbero avere una ricaduta paradossalmente antieconomica sul sistema.

In questo senso, «vincolare le parti ad una immaginaria decisione implicita sarebbe fonte di intollerabile incertezza e di vano sforzo, che indurrebbe il soccombente implicito a convertire tutte le questioni di rito sollevate [quando queste siano state sollevate, cosa che non è sempre vera] in altrettanti capi di impugnazione (principale o incidentale) della decisione resa su una sola di esse».

Riferimenti

  • Amadei, Questione di rito non esaminata e rilievo d’ufficio in sede di impugnazione, in Giur. it., 2020;
  • Fanelli, Progressione logico-giuridica tra i presupposti processuali, poteri delle parti e distorsione del giudicato implicito, in Riv. trim. dir., 4, 2018;
  • Metafora, Eccezioni di rito disattesa dal giudice di primo grado e rilevabilità della questione in appello, in IUS Processo civile, 6 dicembre 2022;
  • Turroni, La sentenza civile sul processo. Profili sistematici, Torino, 2006.

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