Il quadro normativo
Può essere interessante provare a verificare come possa svolgersi l'esame dell'istanza cautelare che sovente viene svolta nella opposizione a precetto all'interno del nuovo giudizio ordinario di cognizione dinanzi al tribunale, come disegnato per effetto del d.lgs. n. 149/2022 (cosiddetta riforma Cartabia), soffermandosi, in particolare, sui possibili riflessi che possa assumere sulla svolgimento di tale fase cautelare la recente pronuncia della Corte Cost. 3 giugno 2024, n. 96, espressasi sulla legittimità dell'art. 171-bis c.p.c.
Il primo comma dell'art. 615 c.p.c. tratteggia, con poche brevi frasi, i connotati del giudizio di opposizione a precetto: «Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'art. 27. Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende, su istanza di parte, l'efficacia esecutiva del titolo».
Viene in rilievo, sulla base della citata disposizione, la cosiddetta opposizione preventiva all'esecuzione, ossia quella opposizione con la quale si contesti la sussistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata prima che sia iniziata l'attività espropriativa e successivamente alla notifica del precetto.
Viene in rilievo, a tal proposito, un ordinario giudizio di cognizione, che si conclude con una pronuncia che accerta la sussistenza o meno del diritto a procedere ad esecuzione forzata.
Un giudizio di cognizione nel corso del quale può essere proposta (la norma richiede la necessaria istanza di parte) un'istanza di sospensione che, in caso di accoglimento da parte del giudice, condurrà ad una pronuncia di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo; una pronuncia, dunque, che, diversamente da quella resa dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 624 c.p.c. (che sospende l'esecuzione in corso), ha attitudine ad incidere in generale sulla possibilità di porre in esecuzione il titolo in sede esecutiva.
Discussa è la natura del procedimento finalizzato alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo; se lo stesso, cioè, abbia suoi connotati propri ricavabili dalle disposizioni contenute nel terzo libro del Codice di procedura civile, ovvero se lo stesso acceda alla disciplina dettata in tema di rito cautelare uniforme ad opera degli art. 669-bis e ss. c.p.c., apparendo tale seconda soluzione quella maggiormente seguita dalla dottrina.
Ad ogni modo, nonostante la non chiarissima formulazione dell'art. 624 c.p.c. (il quale al suo primo comma fa espresso riferimento al «giudice dell'esecuzione»), sembra che il contenuto dello stesso, quanto meno con riferimento ai suoi due primi commi, sia applicabile anche a tale procedimento: da ciò deriva tanto la conclusione che il procedimento finalizzato all'emissione della pronuncia sulla sospensione debba concludersi con ordinanza, quanto la circostanza che tale ordinanza debba reputarsi reclamabile ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c.
Anche l'art. 625 c.p.c. - il quale pure, proprio come l'art. 624 c.p.c., fa riferimento unicamente al giudice dell'esecuzione - pare poter trovare applicazione con riguardo al procedimento in questione, laddove prescrive la necessità che siano preventivamente «sentite le parti» e prevede la possibilità di assumere provvedimenti inaudita altera parte, in presenza di casi urgenti (possibilità comunque prevista anche in tema di rito cautelare uniforme dall'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c.).
Anteriormente alla introduzione della riforma c.d. “Cartabia”, il procedimento finalizzato all'assunzione dei provvedimenti sulla sospensione dell'efficacia esecutiva si svolgeva secondo un iter abbastanza lineare: il giudice assegnatario del fascicolo, a fronte della svolta istanza di sospensione, valutava l'eventuale sussistenza dei presupposti per provvedere alla sospensione inaudita altera parte e stabiliva, altresì, se fissare una udienza ad hoc per la discussione, nel contraddittorio delle parti, della svolta istanza sospensiva (assegnando, ove ritenesse di fissare tale udienza, termine all'attore per notificare l'atto introduttivo contenente l'istanza cautelare unitamente al decreto di fissazione di udienza) ovvero riservare ogni provvedimento all'esito della udienza di prima comparizione.
La recente riforma del giudizio di cognizione, intervenuta per effetto del d.lgs. n. 149/2022, ha introdotto, come noto, significativi mutamenti rispetto allo svolgimento del giudizio di cognizione dinanzi al Tribunale (ferma restando la possibilità per le parti, ricorrendone i presupposti, di introdurre e svolgere il giudizio mediante procedura semplificata, ai sensi degli artt. 281-decies e ss. c.p.c.).
In particolare, l'esigenza di accelerazione e di concentrazione delle udienze necessarie ai fini dello svolgimento della causa è stata perseguita mediante introduzione di una attività di verifica preliminare del fascicolo che viene svolta dal giudice assegnatario della causa sulla sola base degli atti depositati delle parti, senza necessità di una udienza.
Tale fase, tratteggiata dall'art. 171-bis c.p.c., si traduce nella verifica d'ufficio, da parte del giudice, della integrità del contraddittorio, assumendo, ove ne ricorrano i presupposti, i provvedimenti che si rendano necessari ai sensi degli art. 102, comma 2 c.p.c., art. 107 c.p.c., art. 164 comma 2, 3, 5 e 6 c.p.c., art. 167 comma 2 e 3 c.p.c. , art. 171 comma 3 c.p.c., art. 182 c.p.c., art. 269 comma 2 c.p.c., art. 291 e art. 292 c.p.c., nonché nella indicazione alle parti delle questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritenga necessaria la trattazione, con la conseguente adozione di un decreto che fissa l'udienza di prima comparizione, in relazione alla quale decorreranno i termini per il deposito delle memorie di cui all'art. 171-ter c.p.c.
Indubbiamente, lo svolgimento del procedimento finalizzato alla decisione sulla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo finisce per risentire di tale significativo mutamento del rito, imponendo soluzioni che siano in grado di conciliare le esigenze cautelari proprie di tale fase, con la novellata struttura del giudizio di cognizione.
Resta intatta la necessità per il giudice, una volta avvenuta l'iscrizione a ruolo e l'assegnazione della causa, di esaminare l'istanza cautelare eventualmente svolta e di valutare la sussistenza o meno dei presupposti per l'adozione di provvedimenti urgenti di sospensione inaudita altera parte, nonché di valutare la necessità di fissare una udienza ad hoc per la discussione dell'istanza di sospensione nel contraddittorio delle parti.
Ove il giudice assegnatario della causa ritenesse non sussistenti i presupposti per la fissazione di una udienza finalizzata alla sola discussione dell'istanza di sospensione (circostanza che, accedendo alla prevalente interpretazione che ritiene applicabili al procedimento di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo le disposizioni dettate in materia di rito cautelare uniforme, dovrebbe escludersi nel caso di adozione di provvedimento di sospensione inaudita altera parte, imponendo in tal caso il secondo comma dell'art. 669-sexies c.p.c. la tempestiva fissazione di udienza), resterebbero due possibilità:
- o l'adozione del provvedimento sulla sospensione in sede di assunzione dei provvedimenti di cui all'art. 171-bis c.p.c.
- ovvero la sua adozione in sede di udienza di prima comparizione, che si svolge all'esito del deposito delle memorie di cui all'art. 171-ter c.p.c.
Un'alternativa, quella alla quale si è appena fatto cenno, davvero non facile, dal momento che entrambe le soluzioni appena menzionate, presentano qualche criticità.
La prima delle due accennate soluzioni pone certamente più di qualche problema formale: se è vero, infatti, che nel momento in cui adotta il decreto di cui all'art. 171-bis c.p.c. il giudice ha già, ordinariamente, un quadro sufficientemente chiaro delle posizioni espresse dalle parti in causa, è anche vero che tale decreto viene adottato senza necessità di una udienza. Un contraddittorio, dunque, in qualche modo attenuato, che pare in contrasto con quanto previsto tanto dall'art. 624 c.p.c. quanto dalle disposizioni dettate in tema di rito cautelare uniforme, laddove si prevede che il giudice provveda una volta «sentite le parti», decidendo con «ordinanza».
Anche l'altra soluzione sopra menzionata, quella consistente nel differire la discussione sulla sospensione alla effettiva prima udienza di comparizione delle parti, pone tuttavia qualche problema, se non altro perché differisce l'udienza di discussione sulla sospensione a molti mesi dopo la proposizione dell'istanza di sospensione, allorché le difese delle parti sono state ormai completamente svolte.