Luglio 2024: compenso del consulente del fallimento, fusione per incorporazione della insolvente, bancarotta fraudolenta prefallimentare

La Redazione
07 Agosto 2024

Questo mese si segnalano le pronunce della Corte di cassazione in tema di compenso del consulente del fallimento, instaurazione del contraddittorio nei confronti della incorporata insolvente, effetti della dichiarazione IVA ex art. 74-bis del d.P.R. n. 633/1972 del curatore, prova della conoscenza del fallimento in capo al creditore, concorso tra crediti privilegiati di diversa natura, danno patrimoniale di rilevante gravità nella bancarotta, natura della bancarotta fraudolenta prefallimentare, indipendenza e terzietà del professionista attestatore, soglia di accesso al concordato preventivo.

Ai fini del compenso, il consulente del fallimento non è in alcun modo equiparabile all’ausiliario del giudice

Cass. civ., sez. I, 2 luglio 2024, n. 18116

Nella liquidazione del compenso del consulente nominato dal curatore del fallimento – la cui posizione non è in alcun modo assimilabile a quella degli ausiliari del giudice, inquadrandosi l'attività da lui svolta in un vero e proprio rapporto di prestazione d'opera professionale – non possono trovare applicazione i criteri previsti per la determinazione delle spettanze degli ausiliari del giudice, dovendosi invece fare riferimento alle tariffe vigenti per la categoria professionale di appartenenza, non diversamente da quanto accade per il difensore del fallimento.

Fusione ex art. 2504 e ss. c.c. ed estinzione dell'incorporata insolvente: quali regole per l'instaurazione del contraddittorio?

Cass. civ., sez. I, 3 luglio 2024, n. 18261

Nell'ipotesi di operazione straordinaria di fusione ex art. 2504 e ss. c.c., che estingue la società incorporata e provoca la successione universale della società incorporante in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, in cui era parte la prima, per il caso di insolvenza di questa trova applicazione la disciplina speciale di cui all'art. 10 l. fall., che consente il fallimento della società incorporata entro i limiti temporali ivi previsti; ne consegue che, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio ex art.15 l. fall., il soggetto debitore destinatario della notifica del ricorso e dell'avviso di convocazione va individuato nella società incorporata, in persona del suo legale rappresentante, società che, pur se estinta ed invece solo ai fini dell'eventuale dichiarazione di fallimento, conserva la propria identità, non essendo peraltro precluso alla società incorporante l'intervento nel giudizio prefallimentare e comunque la proposizione di reclamo, nella qualità di soggetto interessato, avverso l'eventuale sentenza di fallimento dell'incorporata medesima.

La dichiarazione IVA ex art. 74 bis d.P.R. n. 633/1972 del curatore è equiparabile alla dichiarazione di cessazione di attività

Cass. civ., sez. V, 4 luglio 2024, n. 18320

La dichiarazione prevista dall'art. 74-bis del d.P.R. n. 633/1972 del curatore, relativamente alle operazioni anteriori all'apertura o all'inizio della procedura concorsuale, è equiparabile alla dichiarazione di cessazione di attività; con la conseguenza che essa, al pari della dichiarazione annuale, chiudendo il rapporto tributario antecedente al fallimento, fa sorgere, da quella data, ai sensi dell'art. 30 del d.P.R. 633/1972, il diritto al rimborso dei versamenti d'imposta che risultano effettuati in eccedenza.

(v. da ultimo, Cass. civ., sez. trib, 6 giugno 2024, n. 15819)

La prova della effettiva conoscenza del fallimento del debitore in capo al creditore

Cass. civ., sez. I, 5 luglio 2024, n. 18370

In tema di valutazione dell'imputabilità del ritardo nella presentazione di una domanda c.d. supertardiva di un creditore che non abbia ricevuto la comunicazione di cui all'art. 92 l.fall., l'accertamento del giudice del merito deve avere ad oggetto la conoscenza effettiva (e non già la conoscenza di mero fatto, né, tantomeno, l'astratta conoscibilità) da parte di quel creditore dell'emissione della sentenza dichiarativa del fallimento, nonché della data del suo conseguimento, ovvero una conoscenza assimilabile a quella, legale, che sarebbe stata garantita dal rispetto della forma prevista dall'art. 92 cit.; con la conseguenza che la domanda di ammissione non può ritenersi preclusa per effetto dello spirare del termine di cui all'art. 101 comma 1, l. fall., se non risulti l'esistenza di un documento, o di un fatto processuale equipollente all'avviso, che dimostrino in maniera certa che il creditore ha avuto tempestiva notizia dell'apertura della procedura e che pertanto si è ugualmente realizzato lo scopo (il risultato pratico) cui detto avviso era finalizzato ex lege.

Rimessione alle SS.UU. – Concorso tra credito garantito da privilegio ex art. 316, comma 4, c.p.p. e credito garantito da ipoteca iscritta in data anteriore

Cass. civ., sez. III, 12 luglio 2024, n. 19314

Deve essere rimessa alla Prima Presidente, affinché valuti l'opportunità di assegnare la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c., la questione, di massima di particolare importanza (sia perché attinente al fondamentale tema delle cause di prelazione e degli interessi ad esse sottesi, sia perché queste ultime vengono in rilievo in controversie devolute anche ad altre Sezioni della Corte) e sinora esaminata soltanto in una decisione penale [Cass. pen., sez. IV, 28 giugno 2012, n. 33187 (dep. 23/08/2012)]: se il creditore che gode del privilegio previsto dall'art. 316 comma 4, c.p.p. va preferito, nella distribuzione del ricavato dalla vendita di beni immobili, al creditore garantito da ipoteca iscritta anteriormente al sequestro penale oppure se la legge dispone diversamente (come già finora riconosciuto solo per escludere la prevalenza del privilegio sulle ipoteche nel caso in cui il primo sia previsto a tutela esclusivamente di interessi di natura individuale, ai sensi dell'art. 2775-bis c.c., a garanzia dei crediti del promissario acquirente conseguenti alla mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis c.c.), con una «deroga non necessariamente contenuta in un esplicito precetto, ma che può e deve essere individuata nell'ordinamento nel suo complesso, attraverso la lettura e l'interpretazione normativa che tenda all'armonioso coordinamento dello specifico istituto in trattazione con l'intero sistema».

Il danno patrimoniale di rilevante gravità nel delitto di bancarotta

Cass. pen., sez. I, 12 luglio 2024 (ud. 10 aprile 2024), n.28009

In tema di reati fallimentari, l'entità del danno provocato dai fatti configuranti bancarotta patrimoniale va commisurata al valore complessivo dei beni che sono stati sottratti all'esecuzione concorsuale, piuttosto che al pregiudizio sofferto da ciascun partecipante al piano di riparto dell'attivo, e indipendentemente dalla relazione con l'importo globale del passivo; la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all'art. 219, comma 1, l. fall., si configura se a un fatto di bancarotta di rilevante gravità, quanto al valore dei beni sottratti all'esecuzione concorsuale, corrisponda un danno patrimoniale per i creditori che, complessivamente considerato, sia di entità altrettanto gravità.

Il reato di bancarotta fraudolenta prefallimentare è un reato di pericolo concreto

Cass. pen., sez. V, 17 luglio 2024 (ud. 14 febbraio 2024), n. 28941

Il reato di bancarotta fraudolenta prefallimentare deve configurarsi quale reato di pericolo concreto, in quanto l'atto di depauperamento, incidendo negativamente sulla consistenza del patrimonio sociale, deve essere idoneo a creare un pericolo per il soddisfacimento delle ragioni creditorie.

Indipendenza e terzietà del professionista attestatore

Cass. civ. sez. I, 22 luglio 2024, n. 20059

Il combinato disposto dell'art. 67 comma 3, lett. d), l. fall. e dell'art. 2399 c.c., debitamente inteso nella sua strutturazione "cumulativa" nonché in chiave logica e teleologica, depone nel senso che costituisce ipotesi ex lege sintomatica di insussistenza di indipendenza quella integrata da un qualsivoglia rapporto, sia di durata sia destinato a definirsi nel tempo di compimento della prestazione d'opera autonoma (art. 2230 c.c.), intrattenuto con l'imprenditore che insta per l'ammissione al concordato, sia esso in essere alla data della proposizione della domanda di concordato [lett. c) cit.: "coloro che sono legati alla società (...) da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o (da un rapporto) di prestazione d'opera retribuita"] sia esso esauritosi in epoca precedente ["avere prestato negli ultimi cinque anni (...)" ], purché, in tal ultima evenienza, il rapporto di durata ovvero di prestazione d'opera autonoma si sia svolto nel quinquennio antecedente alla data in cui il professionista sia stato officiato per la redazione della relazione di cui al 3 comma dell'art. 161 l. fall.

La contestazione del debito non ne impedisce l'inclusione nel computo dell'indebitamento rilevante ai fini della dichiarazione di fallimento

Cass. civ., sez. I, 25 luglio 2024, n. 20671

L'accertamento del requisito di fallibilità di cui all'art. 1 comma 2, lett. c), l. fall. deve essere compiuto procedendo alla valutazione dell'esposizione complessiva dell'imprenditore, nella quale deve tenersi conto non solo dei debiti già sorti e appostati al passivo del bilancio, ma anche di quelli ulteriori, contestati in tutto o in parte ed ancora sub iudice; la contestazione del debito, infatti, non ne impedisce, di per sé sola, l'inclusione nel computo dell'indebitamento, rilevante quale dato dimensionale dell'impresa per stabilirne l'assoggettabilità al fallimento, in quanto attiene a un dato oggettivo, che non dipende dall'opinione del debitore al riguardo ed, al pari di ogni altro presupposto della dichiarazione di fallimento, non si sottrae alla valutazione del giudice chiamato a decidere dell'apertura della procedura concorsuale

Soglia di accesso al concordato preventivo

Cass. civ., sez. I, 30 luglio 2024, n. 21336

La soglia di accesso a qualsiasi tipo di concordato, salvo quello in continuità, risiede nella previa indicazione di una percentuale minima di soddisfacimento dei chirografari pari ad almeno il 20%, da definire in base a quanto emergente dall'elenco nominativo dei creditori e da declinare, poi, mediante la specifica coerente “assicurazione” (art. 161) del pagamento; ciò va fatto con un grado di certezza che, seppur relativo (in quanto oggetto di una valutazione prognostica), è comunque riferibile in sé a quell'ammontare percentuale; altrimenti è violato il profilo giuridico del concordato

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