L’impugnazione stragiudiziale del licenziamento non richiede il rispetto di forme specifiche
22 Agosto 2024
Produce effetti l'impugnazione stragiudiziale del licenziamento contenuta in un file word privo di sottoscrizione e trasmessa tramite PEC dal difensore, tenuto anche conto che il datore non ha contestato la ricezione o il contenuto della manifestazione di volontà del lavoratore? In base a quanto disposto all'art. 6 della L. n. 604/1966, l'impugnazione del licenziamento è possibile “con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore”. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, l'atto di impugnazione può provenire anche dal difensore del lavoratore e, in coerenza con la formulazione letterale della richiamata disposizione, l'attenzione deve essere posta sull'aspetto sostanziale, dovendosi ritenere sufficiente un qualsiasi atto che sia tale da esprimere, in modo inequivoco, la volontà del lavoratore di impugnare il licenziamento. Pertanto, per l'impugnazione stragiudiziale del licenziamento non si richiedono formule particolari. La ratio della forma scritta è, infatti, quella di far conoscere, con la dovuta certezza, la volontà del mittente al destinatario. La Corte di Cassazione ha ritenuto possibile impugnare un licenziamento anche tramite una comunicazione per mezzo PEC, senza richiedere un particolare formato del documento informatico, con possibilità di utilizzo anche del formato word sebbene astrattamente modificabile. D'altronde, la questione della modificabilità del file di word non rileverebbe in quanto il datore non ha contestato la ricezione o il contenuto del documento pervenuto tramite PEC. In merito alla mancanza della sottoscrizione, può essere richiamato il costante insegnamento giurisprudenziale secondo cui la produzione in giudizio di una scrittura, priva di firma da parte di chi avrebbe dovuto sottoscriverla, equivale a sottoscrizione a condizione che tale produzione avvenga ad opera della parte stessa. |