Astensione collettiva dal lavoro tramite certificati medici fittizi: è sciopero occulto irregolarmente proclamato dai sindacati

21 Agosto 2024

La S. C. con tre sentenze gemelle (nn. 13181, 13206 e 13220/2024) conferma la legittimità delle sanzioni comminate alle OO. SS. confederali dalla Commissione di garanzia in relazione allo specifico caso dello sciopero "occulto" dei vigili urbani di Roma nella notte di Capodanno 2015. L'astensione dal lavoro, realizzata mediante presentazione di certificazioni mediche fittizie, è stata ritenuta una violazione delle regole legislative sull'esercizio del diritto di sciopero.

Massima

Nell'ambito dei servizi pubblici essenziali, costituisce sciopero, come tale soggetto alla disciplina di cui alla legge n. 146/1990, l'astensione dal lavoro che si realizzi, a fini di rivendicazione collettiva, mediante presentazione di certificazioni mediche che, secondo l'accertamento del giudice del merito, risultino fittizie e quindi finalizzate a giustificare solo formalmente la mancata presentazione al lavoro, la quale trova causa, invece, in uno stato di agitazione volto all'astensione collettiva nella sostanza proclamata in modo occulto dalle OO.SS.

Il caso

L'assenza in massa dal servizio del personale della polizia municipale di Roma viene considerata dalla Commissione di Garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero una forma anomala di astensione collettiva dal lavoro e, in quanto sciopero irregolarmente proclamato, sanzionata ai sensi della l. n. 146/1990 nei confronti delle OO.SS. promotrici. Queste ultime contro il provvedimento ricorrono al giudice.

Nella notte tra il 31 dicembre 2014 ed il 1° gennaio 2015, numerosi (767) lavoratori del corpo di polizia municipale di Roma si sono astenuti dal lavoro adducendo quale giustificazione, soprattutto, certificazioni mediche di malattia, riposi per donazione di sangue e permessi ex legge 104/1992.

L'episodio si inseriva nel contesto della conflittualità lavorativa all'epoca interna all'ente con forme di protesta  indirizzate dalle OO. SS. alla creazione di un disservizio proprio nel momento di particolare necessità per il servizio pubblico.

In particolare, le sigle confederali avevano nei giorni precedenti diramato comunicati nei quali si preannunciava che una delle tre occasioni di impegno lavorativo (Capodanno, epifania, derby cittadino di calcio) non ci sarebbe stato; che a Capodanno avrebbero “lavorato in tre”; e che state rimosse le deleghe a chi si fosse impegnato in turni di straordinario.

Per il fatto in questione, la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali aveva comminato alle stesse organizzazioni, ai sensi dell'art. 4, comma 2, legge n.146/1990, la sanzione della sospensione del pagamento in loro favore dei contributi associativi  per un ammontare economico di euro 20.000,00; ritenendole responsabili di una preordinata e anomala astensione collettiva dal lavoro in violazione delle disposizioni normative sull'esercizio del diritto di sciopero.

Il relativo ricorso all'A.G. da parte delle Organizzazioni, accolto in primo grado, veniva invece rigettato in sede d'appello.

La Corte territoriale, evidenziando la rilevante convergenza dei sopra descritti  comportamenti individuali,  riteneva infatti che non potessero residuare dubbi sul fatto che, quella  notte, si fosse realizzata un'astensione collettiva dal lavoro per motivi sindacali promossa attraverso l'azione congiunta di tutte le sigle coinvolte.

In particolare, risultava provato che, nonostante la revoca delle assemblee originariamente indette per la notte stessa, le OO. SS. avessero di fatto mantenuto uno stato di agitazione come desumibile dal fatto che non era stato revocato l'invito ai lavoratori ad astenersi dall'adesione allo straordinario volontario per i turni di fine anno.

Per contro, in ragione del dato statistico, non era verosimile far risalire l'accaduto a reali stati patologici dei lavoratori: le assenze per malattia erano più che quintuplicate rispetto all'anno precedente e, del resto, più della metà dei lavoratori assenti era iscritto ad una delle organizzazioni sanzionate, segno della palese influenza di queste sulla loro condotta individuale.

Le sigle sindacali propongono allora ricorso per cassazione, ciascuna con riferimento al pronunciamento di merito a proprio carico.

La questione

Sciopero nei servizi pubblici essenziali. Le procedure da seguire per la proclamazione ed il potere sanzionatorio della Commissione di garanzia

Il diritto di sciopero è sancito dall'art. 40 della Costituzione e si concretizza nell'astensione collettiva di più lavoratori dall'esecuzione della prestazione lavorativa per la tutela di diritti ed interessi comuni.

Dopo una lunga inerzia, il legislatore italiano con la legge 12 giugno 1990 n. 146 ha introdotto la regolamentazione di tale diritto nell'ambito dei cc.dd. servizi pubblici essenziali, al fine di contemperarne l'esercizio con i diritti delle persona riferibili agli utenti, aventi anch'essi rilevanza costituzionale.

L'impianto normativo prevede essenzialmente, quali condizioni necessarie, la predisposizione da parte dei contratti collettivi di procedure di raffreddamento dei conflitti sindacali, l'obbligo di preavviso delle manifestazioni di sciopero nonché l'erogazione durante lo sciopero delle prestazioni ritenute indispensabili.

Con la legge n. 83/2000, oltre ad una articolata modifica del provvedimento, se ne è estesa l'applicazione alle forme di astensione collettiva attuate dai lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori la cui attività sia comunque connessa all'erogazione di servizi pubblici essenziali.

Secondo la normativa in questione, i diritti della persona che non possono venire sacrificati del diritto di sciopero sono il diritto alla vita, alla salute, alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all'assistenza e previdenza sociale, all'istruzione ed alla libertà di comunicazione (art. 1 legge n. 146/1990).

Lo stesso articolo, in via esemplificativa, elenca le categorie dei servizi ai quali, in relazione a ciascuno dei citati diritti della persona, deve essere in caso di conflitto collettivo comunque assicurata l'effettività: garantendosi l'erogazione delle prestazioni minime individuate come indispensabili nei contratti collettivi o negli accordi di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 nonché nei singoli regolamenti di servizio.

Quanto alla procedura di proclamazione, la legge impone che lo sciopero sia preceduto da un preavviso.

 Ciò al fine di consentire all'amministrazione o all'impresa erogatrice del servizio di predisporre le misure atte a garantire l'erogazione delle predette prestazioni indispensabili e, altresì, di favorire lo svolgimento di eventuali tentativi di composizione del conflitto come di consentire all'utenza di usufruire di servizi alternativi.

Nel dettaglio, il preavviso di sciopero nei servizi pubblici essenziali non può essere inferiore a dieci giorni (art. 2, comma 5, legge n. 146/1990), salvi termini superiori previsti dai citati accordi collettivi e dai regolamenti di servizio o intervenga una richiesta in tal senso da parte della Commissione di garanzia di cui agli artt. 12 e 13 o dell'autorità amministrativa competente ad emanare l'ordinanza di precettazione di cui all'articolo 8.

Il preavviso consiste nella anticipata comunicazione scritta della durata, le modalità di attuazione e le motivazioni dell'astensione collettiva dal lavoro.

La comunicazione deve essere data sia alle amministrazioni o imprese che erogano il servizio, sia all'apposito ufficio costituito presso l'autorità competente ad adottare l'ordinanza di precettazione che alla Commissione di garanzia (art. 2, comma 1).

I contratti collettivi devono poi prevedere procedure di conciliazione e raffreddamento obbligatorie prima della proclamazione dello sciopero (art. 2, comma 2).

Le disposizioni in tema di preavviso minimo e di indicazione della durata non si applicano nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell'ordine costituzionale, o di protesta per gravi eventi lesivi dell'incolumità e della sicurezza dei lavoratori (art. 2, comma 7).

Pure i datori di lavoro, vale a dire le amministrazioni o le imprese erogatrici dei servizi hanno precisi obblighi informativi.

Essi sono tenuti a dare comunicazione agli utenti, nelle forme adeguate, almeno cinque giorni prima dell'inizio dello sciopero, dei modi e dei tempi di erogazione dei servizi nel corso dello sciopero e delle misure per la riattivazione degli stessi; debbono, inoltre, garantire e rendere nota la pronta riattivazione del servizio, quando l'astensione dal lavoro sia terminata.

Salvo che sia intervenuto un accordo tra le parti ovvero vi sia stata una richiesta da parte della Commissione di garanzia o dell'autorità competente ad emanare l'ordinanza di precettazione, la revoca spontanea dello sciopero proclamato, dopo che è stata data informazione all'utenza ai sensi del presente comma, costituisce forma sleale di azione sindacale e viene valutata dalla Commissione di garanzia ai fini di eventuali provvedimenti sanzionatori.

Il servizio pubblico radiotelevisivo è tenuto a dare tempestiva diffusione a tali comunicazioni, fornendo informazioni complete sull'inizio, la durata, le misure alternative e le modalità dello sciopero nel corso di tutti i telegiornali e giornali radio.

Sono inoltre tenuti a dare le medesime informazioni i giornali quotidiani e le emittenti radiofoniche e televisive che si avvalgano di finanziamenti o, comunque, di agevolazioni tariffarie, creditizie o fiscali previste da leggi dello Stato (art. 2, comma 6).

Le aziende e le controparti sindacali devono anche prevedere degli intervalli minimi tra l'effettuazione di uno sciopero e la proclamazione del successivo, per evitare la compromissione della continuità dei servizi pubblici dichiarati essenziali.

Nel caso in cui lo sciopero costituisca un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona, interrompendo o alterando il funzionamento dei servizi pubblici essenziali, è prevista la c.d. precettazione (art. 8).

L'ordinanza è adottata dal Presidente del Consiglio o di un Ministro da lui delegato, se il conflitto presenta rilevanza nazionale, dal Prefetto negli altri casi; ed è preceduta da un invito alle parti a desistere dai comportamenti che determinano la situazione di pericolo e da un tentativo di conciliazione.

La relativa richiesta deve essere della Commissione di garanzia ma, in caso di necessità e urgenza, l'organo competente può provvedervi d'ufficio.

Il secondo comma dell'art. 8 esemplifica i contenuti dell'ordinanza: il differimento dell'astensione, la riduzione della sua durata, l'imposizione di livelli minimi di funzionamento del servizio, compatibili col godimento dei diritti della persona.

L'inadempimento a quanto prescritto nell'ordinanza espone gli autori a sanzioni amministrative pecuniarie, irrogate dall'autorità precettante.

Altre sanzioni sono previste per la violazione delle modalità di proclamazione e procedure dettate dalla legge: disciplinari e pecuniarie, per i lavoratori, con esclusione delle misure estintive del rapporto o di quelle che comportino mutamenti definitivi dello stesso; pecuniarie ed amministrative, per le organizzazioni sindacali e le imprese erogatrici.

In tale ambito, ruolo centrale ricopre la citata Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali (CGSSE o Commissione Garanzia Sciopero), istituita dalla legge n. 146/1990, artt. 12-13, quale Autorità amministrativa indipendente (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 20 novembre 2023, n. 9913) con il compito di promuovere la conciliazione tra le parti sociali e di garantire il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali.

La legge n. 83/2000 ha rafforzato i poteri della Commissione, attribuendole quello di regolamentazione provvisoria delle prestazioni indispensabili, quello di interpretare gli accordi, quello di differimento dello sciopero, il potere di indicare immediatamente eventuali violazioni della legge, il potere di arbitrato su richiesta congiunta delle parti e il potere di mediazione.

Con specifico riferimento alle competenze sanzionatorie, la Commissione prescrive al datore di lavoro di aprire un procedimento disciplinare nei confronti dei singoli lavoratori che, aderendo ad uno sciopero proclamato dalle organizzazioni sindacali senza il rispetto delle misure previste dalla legge, si astengono illegittimamente dal lavoro (art. 13, comma 1, lett. i).

Ne discende che, in tale contesto, il potere disciplinare del datore di lavoro è finalizzato all'interesse collettivo (e non a quello individuale) essendo subordinato alla valutazione negativa del comportamento delle parti collettive ad opera della Commissione di garanzia, che non solo rende doverosa l'attivazione del procedimento disciplinare ma costituisce anche il presupposto per l'esercizio del potere stesso (cfr. Cass. n. 11365/2022).

Il potere sanzionatorio della Commissione può essere esercitato anche nei confronti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori che, e veniamo allo specifico tema affrontato dalla sentenza in commento, proclamano uno sciopero o ad esso vi aderiscono in violazione delle disposizioni di cui all'articolo 2 della legge.

Le sanzioni previste sono la sospensione dei permessi sindacali o la trattenuta dei contributi sindacali, ovvero entrambi, per la durata dell'astensione stessa e comunque per un ammontare economico complessivo non inferiore a 2.500 euro e non superiore a 50.000 euro, tenuto conto della consistenza associativa, della gravità della violazione, della recidiva, nonché della gravità degli effetti dello sciopero sul servizio pubblico.

 I contributi sindacali trattenuti sulla retribuzione sono devoluti all'Inps, gestione della assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria (art. 4, comma 2, legge n.146/1990).

La Corte costituzionale, con sentenza 24 febbraio 1995, n. 57, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale comma nella parte in cui non prevede che la sospensione dei benefici di ordine patrimoniale ivi previsti avvenga su indicazione della Commissione di garanzia.

Le soluzioni giuridiche

La proclamazione occulta dello sciopero di Capodanno dei vigili romani. L'opinione della S.C.

Giunge al vaglio della Corte di Cassazione la vicenda dell'astensione di massa dal lavoro dei vigili urbani di Roma nella notte tra il 31 dicembre 2014 ed il primo gennaio 2015, attuata principalmente con il massiccio invio di certificati medici.

La Corte, con la sentenza 14 maggio 2024, n. 13181 (e con le nn. 13206 e 13220), esamina in ultima istanza i ricorsi dei sindacati confederali contro i provvedimenti sanzionatori nei loro confronti emanati dalla Commissione di garanzia, provvedimenti già dichiarati legittimi dal giudice d'appello.

Procedendo in ordine logico, la S.C. sottolinea anzitutto l'ininfluenza nel caso concreto della sussistenza o meno di un effettivo pregiudizio per il servizio pubblico.

Invero, data la natura marcatamente procedimentale della disciplina sull'esercizio del diritto di sciopero nel settore dei servizi pubblici essenziali (natura evidenziata anche da Corte Cost. 24 febbraio1995,  n. 57), viene sottolineato che i comportamenti sanzionati dalla legge (art. 4, comma 2, legge n.146/1990) sono in realtà, unicamente, la proclamazione e l'adesione ad uno sciopero illegittimo, che costituiscono fonte di responsabilità anche nel caso in cui tali condotte non siano seguite da un'effettiva astensione dal lavoro (cfr. Cass. n. 9876/1998).

Ciò posto, punto dirimente della questione giuridica al vaglio dei Supremi Giudici diviene stabilire se l'astensione collettiva che si realizzi mediante giustificazioni formali delle assenze (permessi, malattia, etc.) possa essere definita sciopero ed a quali condizioni.

Il Collegio, partendo dalla dinamica dei fatti, condivide l'analisi al riguardo svolta dalla Corte di Appello: le assenze nella notte del 31/12/2014 hanno configurato astensione collettiva da un lavoro dovuto e, pertanto, uno sciopero ai sensi dell'art. 40 Cost.

Va infatti considerato che nella fattispecie i turni di fine anno erano stati negli anni precedenti sempre regolati sulla base di straordinario volontario. Ed in tal senso il 18/12/2024 il Comandante aveva trasmesso il piano operativo dei servizi.

Le organizzazioni sindacali avevano tuttavia emanato, e mai revocato, l'invito ai lavoratori ad astenersi dalla disponibilità a quei turni volontari.

In seguito, il Comune di Roma, a fronte delle numerose assenze per malattia e permessi, nell'impossibilità di procedere secondo le modalità consuete, vale a dire con lo straordinario volontario, tentò di organizzare altrimenti i servizi di fine anno.

Fu attuato il regime della "pronta disponibilità", chiamandosi al lavoro dipendenti diversi da quelli che avrebbero dovuto coprire il servizio secondo l'organizzazione comunale e che erano risultati a quel punto assenti.

La valutazione conclusiva della fattispecie da parte della S.C. è quella che il diniego della prestazione si è fondato su giustificazioni puramente formali e non corrispondenti a reali stati di malattia.

Va da sé, specifica la Corte, che nel caso concreto si è realizzata un'astensione dal lavoro la quale, se motivata da ragioni di rivendicazione collettiva, non può sfuggire alla qualificazione come sciopero, se si vuole "occulto", in quanto apparentemente, ma infondatamente, coperto da giustificazioni formali delle assenze.

Quanto all'accertamento del carattere fittizio, e quindi “di comodo”, dei certificati medici presentati, finalizzato ad occultare lo sciopero, la Corte concentra la sua attenzione su tre elementi indiziari, ritenuti gravi, precisi e concordanti: il rilevante incremento statistico delle assenze per malattia, più che quintuplicate rispetto agli anni precedenti; l'assenza di pichi epidemici nel periodo; la convergenza dei comportamenti individuali nella situazione di conflittualità sindacale indirizzata alla creazione di un disservizio.

Riguardo poi alla concreta responsabilità dei sindacati per avere organizzato e promosso l'astensione collettiva dal lavoro, il giudice di legittimità, dopo aver escluso a tal fine l'efficienza determinante delle ragioni soggettive dei lavoratori, circostanza per contro valorizzata dal Tribunale nel primo grado del giudizio, esamina ulteriori indizi.

In particolare, si ritiene dimostrato il coinvolgimento sindacale nell'iniziativa di protesta alla luce dei post apparsi tra il 18 ed il 20 dicembre sul profilo ufficiale di uno dei sindacati coinvolti, in cui si manifestavano minacciose iniziative di sabotaggio degli eventi della città: Capodanno, epifania e derby "una delle tre non ci sarà"; "lavoreranno in 3 !!! Capodanno in famiglia"; nonché la ventilata rimozione delle deleghe a chi si impegnasse in turni di straordinario.

Inoltre, tra gli indizi valutati dal giudice, la mancata revoca dell'invito ai lavoratori di astenersi dalla prestazione di lavoro su base volontaria, su cui il Comune di Roma aveva sempre fatto affidamento negli anni precedenti per assicurare il servizio.

Infine, è preso in considerazione il verificarsi di un mero differimento delle assemblee già indette per la notte di Capodanno, avvenuto con modalità temporali (il 29.12) tali da non contraddire il persistente intento di protesta delle organizzazioni sindacali; accompagnato dal comunicato a firma congiunta del 30 dicembre con cui le Organizzazioni Sindacali preannunciavano "ulteriori forme di lotta per rendere più incisiva ed eclatante l'azione intrapresa".

Dall'insieme di tali circostanze indiziarie, la S.C., avallando l'accertamento svolto sul punto dalla Corte di merito, ha desunto l'esistenza di un indirizzo delle organizzazioni sindacali ai lavoratori perché si astenessero dal prestare la propria opera nella notte del 31 dicembre.

Pertanto, ricorrendo lo sciopero e ricorrendo l'interferenza con i servizi pubblici essenziali, la Corte conclude affermando che l'attuazione senza osservanza delle forme di cui alla legge n. 146/1990 ha determinato l'illiceità dello strumento e, nel ricorrere di una situazione in cui le organizzazioni sindacali hanno proclamano o aderito ad una tale agitazione, indubbiamente sussiste la loro responsabilità ai sensi della normativa sopra citata; con legittima applicazione da parte della Commissione di garanzia, ai sensi dell'art. 4, comma 2, legge cit., della sanzione della sospensione del pagamento in favore dei predetti sindacati responsabili dei contributi associativi per un ammontare economico di euro 20.000,00.

Osservazioni

La pronuncia non pone in discussione le forme anomale di sciopero, tuttora considerate legittime dalla S.C.

La stessa Corte di Cassazione evidenzia quale sia il reale significato giuridico della pronuncia qui commentata.

La questione esaminata, si precisa, non attiene alla legittimità di forme anomale di sciopero (a singhiozzo, a scacchiera, sciopero pignolo, comportamenti dilatori), quanto all'astensione dal lavoro la cui particolarità consiste nel fatto di essere stata, a fini elusivi della normativa sui servizi pubblici essenziali, occultata attraverso giustificazioni ritenute fittizie.

In proposito va infatti ricordato che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. n. 3303/1987), il diritto di sciopero non è suscettibile di delimitazione in relazione alla sua forma, normale od anomala, di esercizio o alla entità del conseguente danno alla produzione.

La ragione nell'ampia estensione delle prerogative sindacali in materia sta nell'attuazione solo parziale (cioè, limitata, ut supra, al settore sei servizi pubblici essenziali) dell'art. 40 Cost.

Cionondimeno, al pari di qualsiasi diritto, il diritto di sciopero incontra limiti esterni.

Questi ultimi sono rappresentati dai vincoli derivanti dalle norme che tutelano posizioni soggettive concorrenti, su un piano prioritario o quantomeno paritario, rispetto al diritto di sciopero: quali il diritto alla vita e all'incolumità personale o alla produttività dell'azienda, ossia il diritto dell'imprenditore di continuare ad esercitare la libertà di iniziativa economica.

Per esempi applicativi del principio, si vedano, tra le tante, Cass. n. 23552/2004; Cass. n. 11147/1999 e Cass. n. 869/1992.

Orbene, la S.C. nella sostanza ora afferma di non voler reintrodurre per il diritto in questione la categoria concettuale dei cc.dd. limiti interni, connaturati quindi alla stessa nozione di sciopero intesa quale astensione concertata e continuativa dal lavoro di tutti i dipendenti.

Tale categoria, invero, può considerarsi del tutto superata in giurisprudenza: a far data dalla lontana sentenza Cass. n. 711/1980 che ha affermato la liceità degli scioperi “articolati”.

Più semplicemente, nell'occasione la Corte ha invece ribadito la necessità, nella sfera dei servizi pubblici essenziali, che ogni proclamazione e adesione ad uno sciopero avvenga nelle forme e con le modalità previste dalla legge n. 146/1990, senza residuo spazio per condotte fittizie ed elusive del dettato normativo medesimo.

Guida all'approfondimento

G. Santoro-Passarelli, L'evoluzione delle relazioni industriali tra conflitto e partecipazione. La Commissione di garanzia, in Dir. rel. ind., fasc. 2, 1° giugno 2020, p. 407.

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