Retribuzioni e contributi negli appalti: delimitazione della natura retributiva del credito ai fini della responsabilità solidale del committente

Teresa Zappia
23 Agosto 2024

Non ogni indennità che trovi causa nel rapporto di lavoro può essere ricondotta ai crediti di “natura retributiva” di cui all'art. 29 d.lgs. n. 276/2003.

Massime

Nell'area operativa della responsabilità in solido di cui all'art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003non possono essere ricondotte né l'indennità sostitutiva di ferie ed ex festività, né l'indennità sostitutiva dei permessi non goduti, non avendo esse natura strettamente retributiva. Diversamente, l'indennità di trasferta, quando collegata agli abituali spostamenti del lavoratore nell'esecuzione della propria prestazione, e l'indennità di maneggio di denaro se non occasionale, hanno natura retributiva.

Tenuto conto del dato testuale della disposizione, l'art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 deve essere interpretato nel senso che qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, inviato al committente, con il quale il lavoratore chieda a quest'ultimo il pagamento di crediti di lavoro maturati nei confronti del datore di lavoro appaltatore in esecuzione dell'appalto, è idoneo a impedire la decadenza di cui al medesimo articolo.

Il caso

Crediti retributivi e azione contro il datore e l'obbligato in solido ex art. 29 d.lgs. n. 276/2003

I ricorrenti agivano in giudizio per l'accertamento dei rispettivi crediti e la conseguente condanna al pagamento della società datrice, in solido con la società condebitrice solidale ex art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003. Nello specifico, i ricorrenti chiedevano: le differenze retributive maturate sulla base della retribuzione prevista dalle tabelle retributive del CCNL applicato; l'indennità di cassa e maneggio denaro; l'indennità di trasferta; i ratei di retribuzioni differite e, in particolare, un'indennità di ferie non godute, un'indennità di festività soppresse e permessi non goduti; un'indennità di festività secondo quanto previsto dal CCNL per tutte le giornate ivi indicate.

Le questioni

L'art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003 non richiede necessariamente un atto giudiziale per impedire la decadenza e deve essere interpretato rigorosamente in punto di “natura retributiva” dell'emolumento.

Anche un atto scritto stragiudiziale può impedire la decadenza di cui all'art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003?

Rispetto a quali indennità è responsabile in solido il committente ai sensi dell'art. 29, co. 2, del d.lgs. n. 276/2003?

La soluzione giuridica

In seguito alla modifica apportata dal d.l. n. 25/2017, l'art. 29 d.lgs. n. 276/2003 non richiede un atto giudiziale per impedire la decadenza.

La “natura retributiva” costituisce il criterio direttivo nella determinazione dei crediti che i lavoratori possono vantare anche nei confronti del committente.

Il Tribunale di Milano ha, preliminarmente, disatteso l'eccezione di decadenza sollevata dalla società-committente responsabile in solido, trovando applicazione l'art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003, vigente all'esito delle modifiche apportate dal D.L. n. 25/2017. In base a tale disposizione, in caso di appalto di opere o di servizi “il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori í trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e í premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento […]”.

Da tale disposizione è stato eliminato l'inciso relativo all'azione giudiziaria da proporsi sia nei confronti del committente sia nei confronti dell'appaltatore, che era stato introdotto con L. n. 92/2012. Dal momento che la norma non precisa con quale atto debba essere impedita la decadenza, il giudice meneghino ha ritenuto che ciò possa avvenire anche non mediante l'azione giudiziaria. Infatti, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità richiamata nella decisione, risulta maggiormente aderente al testo della norma ratione temporis vigente giungere alla conclusione che la decadenza in questione, nel silenzio del legislatore, possa essere impedita dal deposito di un atto scritto, anche stragiudiziale, inviato al committente, con il quale il lavoratore chieda a quest'ultimo il pagamento di crediti di lavoro maturati nei confronti del datore di lavoro appaltatore in esecuzione dell'appalto. Siffatta interpretazione non si traduce in un vulnus significativo all'esigenza perseguita con la previsione di una decadenza, tesa ad evitare che determinate situazioni di dubbio possano essere protratte al di là di tempi ragionevoli, atteso che la responsabilità del committente rimane circoscritta ad un periodo di due anni. Peraltro, ha evidenziato il Tribunale, lo stesso art. 2964 c.c. non indica che cosa debba intendersi per esercizio del diritto e, quindi, nulla impedirebbe l'esercizio dello stesso anche a mezzo di diffida o atto stragiudiziale. Pertanto, ove effettuata nel circoscritto termine previsto, la comunicazione di un atto nel quale sia chiara la volontà di richiedere l'operatività della responsabilità del committente ben può ritenersi anch'essa idonea ad impedire la decadenza di cui si tratta. Nel caso specifico, la decadenza era stata impedita prima che spirasse il termine biennale dalla cessazione dell'appalto.

Il giudice di Milano non ha accolto neanche l'eccezione sollevata dalla società-committente relativamente alla sussistenza di un contratto di trasporto e non di appalto tra le parti convenute. Sul punto si è rammentato che è configurabile un appalto di servizi di trasporto ove le parti abbiano pianificato, con una disciplina ed un corrispettivo unitario, e con l'apprestamento di idonea organizzazione da parte del trasportatore, l'esecuzione di una serie di trasporti aventi carattere di prestazioni continuative in vista del raggiungimento di un risultato complessivo rispondente alle esigenze del committente. Conseguentemente, in fattispecie così caratterizzate deve presumersi l'esistenza di un unitario contratto di appalto nel servizio di trasporto, anziché di una molteplicità di contratti di trasporto, a prescindere dal contenuto formale dei negozi predisposti dalle parti. Nel caso esaminato, i contratti stipulati nel tempo contenevano tutti le stesse previsioni, ponendo anche a carico della società-appaltatrice l'obbligo di garantire il risultato della prestazione nell'esclusivo interesse della committente, con pattuizione anche di un corrispettivo unitario.

Il Tribunale ha, dunque, riconosciuto la sussistenza delle condizioni per la responsabilità in solido delle parti convenute. Tuttavia, la pretesa azionata nei confronti della società committente è stata ridimensionata in punto di quantum debeatur, escludendo dai conteggi dei ricorrenti gli importi che, per la loro natura, non potevano essere domandati ex art. 29, co. 2, d.lgs. n 267/2003. In particolare, dovendo tale ultima disposizione essere interpretata in modo rigoroso sotto il profilo testuale, il giudice meneghino ha evidenziato che: all'indennità sostitutiva di ferie ed ex festività è in prevalenza attribuita una natura mista, di carattere risarcitorio e retributivo, quando non addirittura risarcitoria tout court; all'indennità sostitutiva dei permessi non goduti è riconosciuta natura risarcitoria. Pertanto, le voci pretese a tali titoli non avrebbero potuto essere vantate nei confronti della società committente.

Con riferimento, invece, all'indennità di trasferta e all'indennità di maneggio del denaro, nonostante le eccezioni sollevate, il giudice meneghino ha confermato l'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale l'indennità di trasferta può avere carattere risarcitorio oppure retributivo, a seconda che riguardi le spese dal lavoratore sostenute per recarsi temporaneamente in un luogo diverso da quello individuato dal datore di lavoro, come destinazione stabile e continuativa del lavoratore stesso per lo svolgimento della sua ordinaria prestazione lavorativa, ovvero costituisca un corrispettivo della peculiarità dell'abituale collaborazione richiesta al dipendente, consistente nell'obbligo di espletare la propria attività in luoghi sempre differenti, ipotesi in cui non è identificabile la connotazione tipica della “trasferta in senso proprio”. Nel caso in esame, la prestazione lavorativa era sempre avvenuta in luoghi diversi dalla sede di lavoro e l'indennità di trasferta doveva, quindi, essere ricondotta al secondo dei due casi individuati, con conseguente carattere retributivo. Ad analoga soluzione è pervenuto il giudice di primo grado con riferimento all'indennità di maneggio denaro che nel caso di specie era corrisposta non in via occasionale.

Osservazioni

Il confine mobile della natura retributiva del credito vantato dal lavoratore verso l'appaltatore

La sentenza del Tribunale di Milano offre l'occasione per riflettere nuovamente sul tema della responsabilità solidale nelle ipotesi in cui il committente imprenditore/datore di lavoro scelga di impiegare lavoratori dipendenti da altro imprenditore mediante la stipulazione di un contratto di appalto per opere o servizi.

L'art. 29 d.lgs. n. 276/2003 prevede una serie di tutele a favore dei dipendenti dell'appaltatore, tra le quali il riconoscimento di un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal CCNL stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona strettamente connessi con l'attività oggetto dell'appalto (comma 1-bis, introdotto dal d.l. n. 19/2024).

Tali tutele vengono estese anche per il periodo successivo alla cessazione del contratto di appalto, sebbene entro un determinato limite temporale pari a due anni. Il secondo comma dell'articolo prefato, infatti, dispone la responsabilità del committente, in solido con l'appaltatore (nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori) nella corresponsione ai lavoratori dei trattamenti retributivi, comprese le quote di TFR, nonché dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando invece escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. È opportuno rammentare che questa garanzia solidale si affianca a quella già prevista nel Codice civile all'art. 1676. La norma codicistica configura un'azione diretta a favore dei dipendenti dell'appaltatore nei confronti del committente per conseguire “quanto è loro dovuto” ma “fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore” al tempo della proposizione della domanda.

Con specifico riferimento al secondo comma dell'art. 29, il d.l. n. 25/2017 ha soppresso la previsione (introdotta nel 2012 e quindi successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo) in base alla quale il committente avrebbe dovuto essere convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore, sicché, mancando una diversa espressa previsione legislativa, anche un atto scritto stragiudiziale, idoneo a far valere la responsabilità del committente rispetto alla pretesa poi azionata giudizialmente, consente di impedire la decadenza. Tale interpretazione, condivisa dal giudice meneghino, trova conferma non soltanto nella ratio alla base dell'istituto della decadenza, caratterizzato dalla diversità di atti al cui compimento, di volta in volta, la legge subordina l'impedimento della decadenza, ma anche dalla considerazione del testo originario dell'art. 29, il quale non prevedeva se non il termine decadenziale dei due anni dalla cessazione del contratto di appalto. Pertanto, nel silenzio del legislatore, non esistendo una modalità sempre valida per impedire la decadenza, non può essere esclusa l'efficacia impeditiva di un atto scritto anche stragiudiziale che consenta al committente di avere cognizione della pretesa del lavoratore.

Ponendo, invece, l'attenzione su quello che si presenta come la seconda tematica d'interesse trattata dalla decisione in commento, è opportuno evidenziare innanzitutto la natura eccezionale dell'art. 29 co. 2 d.lgs. n. 276/2003 e, pertanto, del regime di responsabilità solidale in esso previsto (Cass., sez. lav., 10 gennaio 2019, n. 444/2019, Cass., sez. lav., 11 marzo 2019, n. 6943). L'eccezionalità conduce, in linea con i criteri interpretativi della legge, ad escludere posizioni ermeneutiche che ne estendano l'area di operatività, il che ha trovato conferma – seppur con riferimento ad una diversa questione – anche in una decisione del giudice delle leggi (Corte Cost., sent. n. 254/2017).

Partendo, quindi, dal dato testuale, nella garanzia solidale devono essere ricompresi i soli crediti aventi “natura retributiva”, oltre che quanto espressamente indicato dal secondo comma dell'art. 29 (i.e. quote di TFR, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi). I crediti devono, inoltre, essere sorti in ragione del rapporto di lavoro con l'appaltatore e in esecuzione del contratto di appalto (rectius a favore dei lavoratori in esso impiegati), ma non successivamente alla sua cessazione (Cass., sez. lav., 1° ottobre 2015, n. 19628)

Il problema che si è posto la giurisprudenza è stato quello di stabilire quando un emolumento possa dirsi avere natura retributiva. Il percorso interpretativo ha visto prevalere l'idea di una necessaria stretta corrispettività del credito con l'espletamento della prestazione lavorativa, dovendosi escludere tutto quanto sia dovuto al lavoratore ma non sia riconducibile a tale sinallagma. Ad esempio, alla nozione di crediti aventi “natura retributiva” sono state ricondotte tutte le somme dovute al lavoratore a titolo di retribuzione “base”, in virtù di previsioni di legge, di contratto collettivo e individuale di lavoro, e altre erogazioni collegate allo svolgimento della prestazione come l'indennità di maneggio di danaro, ove corrisposta in modo continuativo, o le differenze retributive per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori.

Diversamente, è stata esclusa l'applicabilità del secondo comma dell'art. 29 all'indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi non goduti (ROL), sostenendosene la natura mista (retributiva e risarcitoria) o esclusivamente risarcitoria (Cass., sez. lav. n. 5247/2022; Cass., sez. lav., 19 maggio 2016, n. 10354). In particolare, con riferimento alla prima delle indennità citate, è stata sostenuta anche la natura retributiva in quanto essa sarebbe non solo connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, ma rappresenterebbe più specificamente il corrispettivo dell'attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe, invece, dovuto essere non lavorato in quanto destinato al godimento delle ferie annuali.

Tuttavia, non sono mancate decisioni di segno contrario.

Ad esempio, recentemente la Corte di Cassazione, seppur con riferimento all'art. 1676 c.c., è giunta ad affermare che, tenuto conto del dato testuale di tale articolo, non sarebbe possibile escludere crediti quali quelli derivanti dal mancato godimento delle ferie e dei permessi ROL, sicuramente connessi all'attività lavorativa prestata per eseguire l'opera o per prestare il servizio (Cass., sez. lav., 4 ottobre 2022, n. 28771).

Con riferimento all'indennità per i permessi ROL, inoltre, anche altre decisioni ne hanno riconosciuto la natura retributiva per la sua coessenzialità alla prestazione dell'attività lavorativa (Trib. Padova, sez. lav., 15 febbraio 2024, n. 98; Cass., sez. lav. n. 10354 del 2016; Cass. 23 ottobre 2014, n. 22546).

Non sono, infine, mancate critiche sulla soluzione interpretativa adottata dalla giurisprudenza in merito all'indennità per mancato godimento delle ferie, in quanto proprio la natura mista di tale emolumento, recte retributiva e risarcitoria, non potrebbe determinare una automatica e assoluta esclusione dal perimetro di applicabilità del secondo comma dell'art. 29 D.lgs. n. 276/2003.

Riferimenti bibliografici

P. Bernardo, La delimitazione dell'ambito oggettivo di applicazione della responsabilità solidale del committente ex art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, in Dir. Rel. Ind., 2, 2022, 585 ss.

M. Lovo, Applicazione analogica della responsabilità solidale tra committente e appaltatore per i crediti retributivi e contributivi dei lavoratori: quali limiti?, in Riv. it. dir. lav., 2020,3, parte 2, 481 ss.

L. Ferluga, La tutela dei lavoratori e il regime della responsabilità solidale nel contratto di appalto alla luce delle recenti (e forse ultime) modifiche, in Variazioni su temi di diritto del lavoro, 2018, 2, 407 ss.

A. Tagliente, L'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276 del 2003: la responsabilità solidale del committente quale principio generale in tutti i fenomeni di decentramento produttivo?, in Arg. dir. lav., 2018, 585 ss.

D. Garofalo, La responsabilità solidale, in D. Garofalo (a cura di), Appalti e lavoro. Volume secondo. Disciplina lavoristica, Torino, 2017, p. 121 ss.

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