La Corte sul rapporto tra privilegio processuale fondiario e codice della crisi
23 Agosto 2024
«Il creditore fondiario può avvalersi del “privilegio processuale” di cui all'art. 41 comma 2 d.lgs. n. 385 del 1993 sia nel caso di sottoposizione del debitore esecutato alla procedura concorsuale di liquidazione giudiziale di cui agli artt. 121 e segg. del d.lgs. n. 14 del 2019, sia nel caso di sottoposizione del debitore esecutato alla procedura concorsuale della liquidazione controllata di cui agli artt. 268 e segg. del medesimo d.lgs.» Questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione, prima sezione civile, incaricata di pronunciarsi sulla seguente questione: «se il privilegio processuale di cui all'art. 41, comma 2, d.lgs. n. 385/1993 sia opponibile a fronte dell'apertura di una delle procedure concorsuali di cui al c.c.i.i. a carico del debitore esecutato ed in particolare della liquidazione controllata di cui agli artt. 269 ss. c.c.i.i.» Il quesito riguardava dunque, in generale, la questione dell'interferenza del privilegio processuale fondiario di cui all'art. 41 comma 2, TUB, con le nuove norme del codice della crisi, con particolare riferimento alle procedure concorsuali liquidatorie. La Corte ha, dapprima, risolto positivamente una questione “preliminare”, ovvero se il privilegio processuale fondiario sia o meno “sopravvissuto” all'entrata in vigore del c.c.i.i. Confutando una tesi minoritaria, la Corte: 1) ha chiarito che a nulla vale il fatto che l'art. 369 c.c.i.i. ometta di modificare espressamente l'art. 41 comma 2, TUB: «molte disposizioni di legge, infatti, non sono state modificate dopo l'entrata in vigore del Codice ma, pur conservando l'originario termine “il fallimento” trovano indiscutibile applicazione anche nell'ambito della nuova disciplina»; 2) ha evidenziato come il legislatore abbia mantenuto, anche nell'art. 150 c.c.i.i. (che riproduce il contenuto lessicale dell'art. 51 l. fall.), la locuzione «salva diversa disposizione di legge», dovendo concludersi che «il criterio direttivo dettato dall'art 7 comma 4, lett. a), l. n. 155/2017 non è stato recepito dalla legge delegata e al mancato o parziale esercizio della delega non può certo sopperirsi in via interpretativa». Passando, poi, alla più complessa seconda questione, la Corte ritiene preferibile la ricostruzione esegetica secondo cui il privilegio fondiario di cui all'art. 41 comma 2, TUB trova applicazione anche nella liquidazione controllata. Determinante in tal senso è il rinvio contenuto nell'art. 270 comma 5, c.c.i.i.: «si applicano l'art. 143 in quanto compatibile e gli artt. 150 e 151». L'art. 270 comma 5, c.c.i.i. «va letto come se vi fosse trascritto l'art. 150 oggetto del rinvio», comprendendovi, dunque, anche la componente derogatoria («salvo diversa disposizione della legge»). Ciò detto, «non può seriamente contestarsi che le specifiche deroghe normative al principio generale del divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive disseminate in norme speciali, tra le quali l'art 41, comma 2, TUB, pur se facenti riferimento alla sola liquidazione giudiziale, debbano ritenersi applicabili anche alla liquidazione controllata in virtù del combinato meccanismo dell'integrale e secco richiamo normativo contenuto nell'art. 250 5° comma CCII all'art. 150 e del rinvio previsto da tale disposizione alle singole norme derogatrici». Fallace è, infine, secondo la Corte, l'argomento impiegato dai fautori della tesi restrittiva secondo cui se il privilegio processuale fondiario si ritenesse opponibile anche alla liquidazione controllata, si violerebbe il divieto di applicazione analogica di norme eccezionali sancito dall'art. 14 delle preleggi. L'applicazione dell'art. 41 TUB alla liquidazione controllata, infatti, «non consegue a un procedimento di integrazione analogica, ma è frutto della composita operazione di rinvio normativo sopra descritta». |