Nuovamente sulla responsabilità per i contratti e i debiti trasferiti con l’azienda

03 Settembre 2024

Il contributo analizza l'ordinanza emessa dalla Cassazione in data 23 aprile 2024, n. 10902, che torna a pronunciarsi sul tema dell'individuazione della corretta norma da applicare – e conseguentemente dell'esatto riparto di responsabilità tra venditore cedente e acquirente cessionario nei confronti del creditore ceduto – con riferimento a fattispecie di successione nei contratti e nei debiti in conseguenza di vicende circolatorie d'azienda. In particolare, la pronuncia afferma l'esclusiva responsabilità del solo acquirente cessionario per il debito aziendale trasferito cui si contrappone un credito attuale, avente fonte nello stesso negozio giuridico, nei confronti del contraente ceduto. Il pregio del provvedimento si coglie nel suo contributo a consolidare un orientamento giurisprudenziale che sembra ormai granitico sul tema.

La vicenda oggetto della controversia

I fatti di causa e il motivo di diritto sottoposti all'attenzione della Suprema Corte (nella pronuncia n. 10902 del 23 aprile 2024) originano da un contratto di compravendita di azienda e, in particolare, ineriscono all'individuazione ed esatta qualificazione del regime di responsabilità che si instaura tra il venditore cedente e l'acquirente cessionario nei confronti del creditore ceduto in relazione al mancato adempimento di prestazioni previste in contratti rientranti nell'azienda compravenduta.

Nel caso di specie, una nota società operante nel settore dell'energia aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del venditore cedente per il pagamento di talune fatture emesse (e non ancora pagate) sulla base di un contratto di somministrazione di energia elettrica.

L'opposizione a decreto ingiuntivo, fondata sul fatto che l'intimato aveva ceduto l'azienda diversi anni prima rispetto alle somministrazioni di energia rimaste non pagate, era stata accolta dal Tribunale, con pronuncia confermata dalla Corte d'Appello di Roma.

In particolare, le Corti del merito – preso implicitamente atto della natura non personale del contratto di somministrazione (che avrebbe altresì escluso l'automatico subentro dell'acquirente l'azienda nella sottostante posizione negoziale) e facendo leva sul disposto dell'art, 2558 c.c. – hanno riconosciuto quale unico diritto del contraente ceduto (nel caso di specie, l'intimante appellante) quello di recedere per giusta causa dal contratto di somministrazione entro tre mesi della notizia del trasferimento dell'azienda.

La società somministrante ricorre in cassazione per violazione e falsa applicazione di legge, lamentando l'errore della Corte d'Appello nel non aver riconosciuto la responsabilità solidale del venditore cedente per il pagamento delle fatture, essendo pacifica la mancata iscrizione del trasferimento d'azienda nel Registro delle Imprese ed essendo il suddetto trasferimento, pertanto, non opponibile alla somministrante.

L'orientamento giurisprudenziale dominante sul confine tra gli artt. 2558 e 2560 c.c.

L'ordinanza in commento ha respinto il ricorso e condannato la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, validando le decisioni emanate in primo e secondo grado dalle Corti capitoline.

Il provvedimento è stato reso sulla base di una consolidata interpretazione del discrimine operativo tra gli artt. 2558 e 2560 c.c. (disciplinanti il fenomeno della successione nei rapporti giuridici inerenti all'azienda), ed imperniato, in via principale, sulla natura sinallagmatica (o meno) del rapporto giuridico cui il debito contestato inerisce.

Infatti, già dai primi anni '90, la Suprema Corte (Cass. n. 8121/1991) aveva chiarito che l'art. 2560 c.c., che prevede un regime di responsabilità solidale del venditore cedente con l'acquirente cessionario in relazione ai debiti aziendali sorti anteriormente al trasferimento del complesso, trova applicazione esclusivamente con riferimento a posizioni debitorie cui non corrispondono crediti rimasti insoddisfatti verso il contraente ceduto.

In altri termini, la norma di cui all'articolo 2560 del codice civile consentirebbe al creditore ceduto, in assenza di altre garanzie, di aggiungere il patrimonio del venditore cedente a quello dell'acquirente cessionario a copertura del rischio di inadempimento di debiti c.d. “puri”.

Al contrario, come ribadito nell'ordinanza de qua, l'esclusione del regime di responsabilità solidale del venditore cedente – implicita nel disposto dell'art. 2558 c.c. – trova adeguati contrappesi, in termini di tutela del contrente ceduto, nel diritto di quest'ultimo sia di recedere dal contratto oggetto di successione entro tre mesi, sia di esigere dall'acquirente cessionario la prestazione rimasta ineseguita.

Apprezzabile risulta, pertanto, la coerenza argomentativa dimostrata dalla Corte di Cassazione nell'individuare quale fil rouge tra le due disposizioni codicistiche la salvaguardia degli interessi e della posizione giuridica del creditore ceduto, nonché nel radicare la ratio della diversità di disciplina nei diversi rimedi predisposti a favore del creditore ceduto rispettivamente dagli artt. 2558 e 2560 c.c. (si rimanda, tra le altre, a Cass., n. 4248/2023; Cass., n. 15/2020, in Giust. civ. Mass., 2020; Cass., n. 8055/2018, in Giust. civ. Mass., 2018).

Per il creditore ceduto, infatti, dinanzi all'inadempimento di prestazioni cui continua a corrispondere un diritto di credito verso il debitore insolvente, i rimedi sopra riportati e predisposti dall'art. 2558 c.c. giustificano il subentro automatico dell'acquirente cessionario nella posizione contrattuale oggetto di cessione a seguito del trasferimento d'azienda, anche con riferimento a pattuizioni sicuramente delicate, e senza la necessità che venga predisposto alcun atto scritto (per l'automatico subentro dell'acquirente cessionario in un patto di arbitrato a seguito di trasferimento d'azienda, senza la necessità che venga stipulato un atto di cessione in forma scritta si veda I. Maspes, L'ambito soggettivo di efficacia della clausola compromissoria e i limiti all'esercizio dell'azione surrogatoria in arbitrato, in Diritto del Commercio Internazionale, fasc. 4, 2023, 979).

Si badi tuttavia (e l'ordinanza in commento si sofferma espressamente sul punto) che il disposto dell'art. 2558 c.c. trova applicazione, oltre che per i debiti sorti successivamente al trasferimento d'azienda e ad essa relativi, con riferimento ai contratti con prestazioni corrispettive non ancora interamente eseguite da alcuna delle parti.

In altre parole, l'art. 2558 c.c. trova applicazione ogni qual volta al debito contrattuale di colui che vende l'azienda si contrappone, in rapporto di sinallagmaticità, un credito attuale, derivante dallo stesso negozio giuridico, nei confronti del creditore ceduto.

Del resto, la facoltà attribuita al creditore ceduto di recedere dal contratto può comprendersi solo in relazione a contratti a prestazioni corrispettive non ancora completamente adempiute da ciascuna delle parti; ove ciò non fosse, la posizione contrattuale diverrebbe una posizione meramente creditizia (in questo senso U. Minneci, Trasferimento di azienda e regime dei debiti, Torino, 2007, 160), con riferimento alla quale non avrebbe senso prevedere un diritto di recesso, il cui esercizio reca come vantaggio principale per il relativo titolare la liberazione dall'obbligo di adempiere alle prestazioni previste a suo carico.

Come ribadito dall'ordinanza, dunque, restano esclusi dall'ambito di applicazione dell'art. 2558 c.c. sia i contratti per i quali sia stato diversamente pattuito, sia quelli aventi ad oggetto prestazioni infungibili ovvero già concluse o esaurite (E. De Chiara – A. Ricciardi, Rassegna di Giurisprudenza – L'iscrizione della cancellazione e l'estinzione delle società nella giurisprudenza post riforma del diritto societario, in Giur. Comm., fasc. 2, 2022, 381).

In ogni caso l'ordinanza, in linea con il solco tracciato da decenni di pronunce, parrebbe confermare quanto affermato da autorevole dottrina circa il fatto che gli artt. 2558 e 2560 c.c. costituiscano un microsistema (M. Cian, La circolazione dell'azienda e la continuità dei rapporti d'impresa: complessità del patrimonio e articolazione delle risposte normative, in Nuove leggi civ. comm., 2017, 954) normativo autonomo, idoneo a disciplinare compiutamente la sorte dei rapporti giuridici interessati da vicende circolatorie d'azienda in virtù del loro assetto e della loro peculiare conformazione.

A rafforzare quanto appena sopra, in diversi passaggi l'ordinanza riflette un'interpretazione strettamente letterale delle due norme codicistiche, conseguenza della relativa natura di specialità rispetto al regime tipico previsto per i casi di trasferimento e successione nei rapporti giuridici regolati altrove dal codice civile (sul tema dell'interpretazione degli artt. 2558 e 2560 c.c. si rimanda a M. Cian, Dell'azienda, in Il Codice - Civile Commentario, dir.da F. D. Busnelli, Milano, Giuffrè, 2018, 187 ss.).

Infine, è solo il caso di menzionare che il momento valutativo inerente all'applicazione del disposto dell'art. 2558 ovvero 2560 c.c. debba essere necessariamente preceduto da un vaglio di merito (non sempre agevole se si pensi al mai sopito dibattito sulla corretta individuazione di cosa debba intendersi per “azienda”) circa l'appartenenza del rapporto giuridico al complesso aziendale oggetto della vicenda successoria (per un contributo recente sul tema dell'inapplicabilità degli artt.2558 e 2560 c.c., si veda B. Petrucci, La successione nel contratto di mutuo dell'azienda ceduta, su Foroplus.it.).

Il passaggio dell'ordinanza sul regime della responsabilità previsto dall'art. 2560

Come anticipato, la Suprema Corte ha ribadito che la norma di cui all'art, 2560 c.c., che mantiene vincolato il cedente all'adempimento di prestazioni connesse a debiti sorti anteriormente al trasferimento del plesso, trova applicazione con riferimento a rapporti obbligatori che originano sia da prestazioni corrispettive già interamente eseguite, sia da contratti con prestazioni a carico di una sola parte.

Il contratto di somministrazione di energia fonte dell'obbligazione non adempiuta e contestata in giudizio, in quanto negozio di durata, permette una facile scissione temporale (in questo senso F. Cintioli – G. D'Amico – F. Guerrera – D. Latella, I trasferimenti di azienda, Milano, Giuffrè, 2000, 246 ss.) del rapporto in molteplici segmenti rappresentati da prestazioni corrispettive e, pertanto, un'altrettanta agevole individuazione del tempo di insorgenza delle obbligazioni rimaste ineseguite e dei debiti residui ex uno latere.

Da qui la decisione della Suprema Corte di rigettare il ricorso e di sussumere la fattispecie entro la sfera di applicazione dell'art. 2558 c.c., in quanto il debito alla prestazione contestata era sorto successivamente alla vicenda circolatoria, nonché ai sensi e per gli effetti di un contratto ancora in essere al tempo della lite.

Ancora di maggiore interesse risulta tuttavia il passaggio dell'ordinanza che, in uno slancio chiarificatore slegato dal decisum, delinea il regime di responsabilità del cessionario nel caso in cui, al momento del trasferimento dell'azienda, il debito risultasse iscritto nei libri contabili obbligatori (ex art. 2560, comma 2, c.c.).

Nel dettaglio, l'ordinanza ricostruisce nei termini di un accollo cumulativo ex lege la responsabilità del cessionario (con conseguente instaurazione di un regime di solidarietà con il cedente) per i debiti aziendali “puri” che risultino dai libri obbligatori al momento del trasferimento dell'azienda, con l'importante precisazione per cui, nei rapporti interni tra cedente e cessionario, il debito continuerebbe a gravare sul cedente, senza che questi possa pertanto ripetere dal secondo quanto eventualmente corrisposto al creditore.

Sul punto il provvedimento specifica che, in ragione del fatto che l'art. 2560, comma 2, c.c. è stato redatto allo scopo di tutelare il creditore ceduto, il sopra menzionato effetto di accollo cumulativo ex lege non sia derogabile per effetto del mero accordo tra il cedente e il cessionario, occorrendo a tal fine un accordo diretto tra cessionario e creditore ceduto (per quanto riguarda il riparto interno di responsabilità tra cedente e cessionario si rimanda a C. Caccavale, L'accollo ex lege dei debiti relativi all'azienda ceduta, in Rivista di Diritto dell'Impresa, 2015, 505).

Da quanto precede può agevolmente inferirsi che, quando trovi applicazione il disposto del secondo comma dell'art. 2560 c.c., il cessionario viene a qualificarsi come nuovo debitore del creditore ceduto, in aggiunta al cedente, per i debiti aziendali sorti anteriormente al trasferimento del plesso.

Pertanto, il cessionario diverrebbe responsabile per un debito altrui ovvero, secondo una diversa e fortunata formula utilizzata in dottrina, diverrebbe responsabile “senza debito” (G. Laurini, La cessione d'azienda quale possibile strumento di abuso, in Not., 3, 2016, 294); da qui il corollario per cui il debito non sarebbe oggetto di successione ma, al contrario, continuerebbe a far parte esclusivamente della sfera giuridica del cedente con le conseguenti implicazioni sul sopra ricostruito riparto interno della responsabilità tra cedente e cessionario.

La posizione assunta incidenter tantum dalla Suprema Corte circa gli effetti dell'applicazione dell'articolo 2560, comma 2, c.c., si deve ritenere condivisibile a pena di rendere pleonastica (in questi termini L. Mandrioli, La responsabilità della società conferitaria per i debiti dell'azienda conferita, in Giust. Civ., fasc. 3, 2022, 629 ss.) la specifica disciplina dettata con riferimento ai debiti risultanti dalle scritture contabili al momento del trasferimento dell'azienda. Invero, qualora il cessionario subentrasse sempre nella posizione di garanzia (previamente) rivestita dal cedente nei confronti del creditore ceduto, verrebbe automaticamente meno la pacifica funzione costitutiva (S. Bonora, La disciplina dei debiti nella circolazione dell'azienda, in Quaderni della Rivista di Diritto dell'Impresa, Napoli, 2022, 12 e ss.) attribuita all'iscrizione del debito nei libri obbligatori con riferimento alla complessiva configurazione del regime di responsabilità tra cedente e cessionario.

Sebbene da un lato la parentesi del provvedimento in commento risulti apprezzabile nel chiarire e ribadire che, prevalentemente in un'ottica di tutela delle ragioni creditizie, il fenomeno circolatorio dell'azienda determina l'addizione della responsabilità del cessionario a quella del cedente in relazione ai debiti relativi al plesso, che rimangono tuttavia a carico del cedente nel riparto interno delle loro responsabilità, la Suprema Corte perde forse l'occasione di fornire un'interpretazione del secondo comma dell'art. 2560 c.c. che renda maggiormente agevole per il creditore l'esercizio della suddetta tutela (si rimanda per i termini del dibattito circa la solo apparente effettività della tutela del creditore ex art. 2560, comma 2, all'integrale lettura di S. Bonora, op. cit.).

Riflessioni conclusive sulla portata dell'ordinanza

Il provvedimento in commento si inserisce senza soluzione di continuità in un panorama giurisprudenziale che vede l'art. 2558 c.c. trovare ampia applicazione, a discapito di spazi sempre più ristretti riservati alle norme di cui all'art. 2560 c.c.

Quanto precede rappresenta sicuramente il frutto di una (non sempre condivisibile) interpretazione spiccatamente letterale fornita dalla giurisprudenza relativamente ai requisiti di operatività dei diversi regimi di responsabilità predisposti dal legislatore.

In questo senso, basti pensare che il requisito della risultanza del debito aziendale dai libri contabili obbligatori al momento del trasferimento – richiesto dal secondo comma dell'articolo 2560 del codice civile – viene interpretato di guisa che, a titolo esemplificativo, lo stesso non viene ritenuto integrato dalle iscrizioni di debiti che vengano effettuate nei registri IVA ovvero nei conti d'ordine (Cass., n. 15394/2013, in Giur. Comm., 2014, II, 435).

In ogni caso, sebbene l'ordinanza non si distingua particolarmente per connotati di novità rispetto agli approdi già raggiunti in dottrina e giurisprudenza, si rimarca lo sforzo chiarificatore della Suprema Corte nel ribadire la ratio di tutela delle ragioni del creditore cui è ispirato il sistema del trasferimento dei contratti e dei debiti aziendali interessati dalla vicenda successoria del plesso, così come delineato dal codice civile.

Anche in tale ottica di tutela del ceduto (sebbene nel caso di specie il creditore sia risultato soccombente) può forse inquadrarsi il tema della maggiormente diffusa operatività dell'art. 2558 c.c. Quest'ultimo, infatti, dispone un onere della prova tendenzialmente più agevole da soddisfare per il creditore rispetto a quello richiesto ai sensi dell'art. 2560, dove il creditore dovrebbe provare o il tempo di insorgenza del debito relativo a rapporti giuridici cui esso è estraneo, ovvero l'iscrizione del debito nelle scritture contabili di cui all'art. 2214 c.c., depositate presso la società e spesso, ove esistenti e regolarmente tenute, difficilmente accessibili per i terzi.

In conclusione, risulta senz'altro apprezzabile la demarcazione netta dei confini operativi tra le due norme codicistiche tracciata dall'ordinanza in commento, che si può salutare con favore anche avendo riguardo alla coerenza argomentativa dimostrata a sostegno di tale opera di chiarificazione.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario