Quando nasce il diritto al risarcimento del danno c.d. lungolatente ai fini della sua quantificazione?
03 Settembre 2024
Con l’ordinanza in oggetto, la Cassazione è chiamata a riquantificare il risarcimento dei danni alla persona, determinato dalla Corte d’appello a favore di una donna che, in occasione di una trasfusione di sangue ospedaliera, aveva contratto l’epatite C, HCV correlata. A seguito della sentenza resa in secondo grado, il Ministero della Salute ricorreva in Cassazione adducendo che la Corte d’appello avesse erroneamente ancorato la quantificazione del risarcimento all’età della vittima al momento del contagio e non, in coerenza con i principî afferenti al regime prescrizionale dei danni lungolatenti, al momento della stabilizzazione, manifestazione e percezione della malattia. Sul punto, la Suprema Corte ha ribadito che, in caso di danno c.d. lungolatente, quale tipicamente quello del caso in esame, il diritto al risarcimento del danno biologico sorge solo con riferimento al momento di manifestazione dei sintomi e non dalla contrazione dell'infezione, in quanto esso non consiste nella semplice lesione dell'integrità psicofisica in sé e per sé considerata, bensì nelle conseguenze pregiudizievoli per la persona, sicché, in mancanza di dette conseguenze, difetta un danno risarcibile, altrimenti configurandosi un danno in re ipsa, privo di accertamento sul nesso di causalità giuridica tra evento ed effetti dannosi. Per questi motivi, ha cassato la sentenza d’appello nella quantificazione del danno, demandando alla Corte territoriale competente, in diversa composizione, di rideterminarlo. |