Concordato semplificato: falcidia del credito erariale senza la previa proposta transattiva
04 Settembre 2024
La Corte d'appello di Roma si esprime sul reclamo ex art. 247 c.c.i.i. proposto dalla Agenzia delle entrate avverso la sentenza di omologazione di un concordato semplificato che ne prevedeva una ampia falcidia. L'A.d.E. censurava, tra l'altro, una carenza contenutistica del decreto di omologazione. Quest'ultimo, nel recepire acriticamente il contenuto della relazione dell'esperto, «avrebbe violato l'art. 25-sexies, nell'omettere di indicare ragioni di non percorribilità di soluzioni concordate alternative, quali, in particolare l'accordo di ristrutturazione dei debiti, di cui all'art. 23, comma 1 e 2 lett . b)». Secondo la Corte d'appello di Roma «(…) va escluso che, nel caso di specie, la lamentata lacuna del contenuto del provvedimento impugnato – privo, in effetti, di espliciti riferimenti alla praticabilità delle soluzioni alternative al concordato, di cui agli artt. 57,60 e 61 c.c.i.i. – possa di per sé condurre alla riforma del provvedimento. (…) deve ritenersi, alla luce di un criterio devolutivo che deve improntare anche il presente mezzo di reclamo, che costituisse onere dell'Agenzia deducente allegare a quale specifica soluzione alternativa, fra quelle indicate dalla norma, avrebbe potuto concretamente accedere, tenuto conto della natura e della entità del proprio credito». Evidenzia la Corte che, nel caso di specie, non sussistendo i presupposti per addivenire a transazione fiscale, tale soluzione non era stata infatti neanche adombrata. L'Agenzia lamentava, altresì, l'ingiustizia dell'ampia falcidia del proprio credito, adducendo una asserita violazione della regola dell'absolute priority rule – unica applicabile, non essendo espressamente richiamata, per il concordato semplificato, la norma recata dall'art. 84, comma 5, c.c.i.i. – attesa la prevista soddisfazione, per quanto parziale, di creditori postergati alla stessa Amministrazione fiscale in quanto titolari di privilegi di grado inferiore ovvero addirittura chirografari. La Corte ha ritenuto il motivo infondato in quanto «trascura di considerare come, tra le varie condizioni cui l'art. 25-sexies, comma 5, c.c.i.i. subordina l'omologazione del piano nel concordato semplificato, il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione, qui invocato dalla reclamante, coesista, a rigore, con ulteriori e concorrenti presupposti che, a rigore, non autorizzano a ritenere che la integrale soddisfazione dei prelazionari costituisca, nella presente procedura, un aspetto inderogabile ogni qualvolta l'assetto distributivo del piano costituisca per gli stessi un'alternativa quantomeno equivalente, ma mai deteriore, rispetto alla liquidazione giudiziale». Prosegue la corte: «La mancata previsione di una regola che, come nel concordato ordinario, ammette la una indiscriminata falcidia dei crediti prelatizi con la c.d. degradazione del prelatizio per incapienza del bene non può essere interpretata restrittivamente, nel senso, cioè, di rendere automaticamente operante un principio di integrale soddisfazione dei prelazionari, essendo tale ultima condizione invocabile solo in quanto concretamente perseguibile anche in sede liquidatoria, tenuto conto delle specifiche condizioni date». In definitiva: «la soddisfazione non integrale dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non potendosi alterare l'ordine delle prelazioni, rimane condizionata all'incapienza dei beni sui quali insiste la causa di prelazione, ossia alla “asseverata” insufficienza del loro valore in rapporto all'ammontare del credito garantito» (evenienza verificatasi nel caso di specie ove, infatti, la necessità di assicurare una utilità pur minima all'intero ceto creditorio, come imposto dalla norma, aveva imposto la soddisfazione parziale del credito vantato dal creditore privilegiato). |