Usucapione: il difetto dell’animus possidendi può essere rilevato nella confessione stessa di chi ne chiede l'accertamento

La Redazione
05 Settembre 2024

L'attore e i suoi genitori (danti causa) sostengono di aver acquisito la proprietà per usucapione di un bene condominiale (cortile/giardino) avendovi creato un orto e, di conseguenza, contestano la rimozione, da parte degli altri condomini, di una scala che porta dalla loro abitazione al suddetto cortile/giardino. Tuttavia, il giudice rileverà il difetto dell'animus possidendi (e, quindi, il difetto di usucapione) proprio nella confessione degli stessi.

Il Tribunale di Milano, in tema di acquisto di proprietà per usucapione di un bene condominiale (cortile/giardino), specifica che, a tal fine, il comportamento del compossessore debba manifestarsi in un'attività apertamente ed obiettivamente contrastante con il possesso altrui, rivelando in modo certo ed inequivocabile l'intenzione di comportarsi come proprietario esclusivo. Nel caso di specie, secondo il Tribunale di Milano difetta l'animus possidendi, come dimostra la stessa confessione stragiudiziale dei danti causa dell'attore, che implicitamente riconoscono il bene come condominiale sin dal 1992 e ciò in considerazione del fatto che «stabilire se, per il contenuto ed il significato di esse, le dichiarazioni giudiziali o stragiudiziali di un soggetto importino riconoscimento, ai sensi dell'art. 2730 c.c., di fatti obiettivamente sfavorevoli al confidente e, nel contempo, favorevoli all'avversario costituisce un apprezzamento riservato al giudice del merito» (Cass. civ., sez. III, 24 novembre 1981, n. 6246; Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2000, n. 12803).

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