Rapporto di lavoro e pluridatorialità: quando può considerarsi configurato l’unitario centro di imputazione di interessi?

12 Settembre 2024

Con la sentenza in commento il Tribunale di Palermo si pronuncia sulle conseguenze connesse alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento per motivo oggettivo in presenza di un unico rapporto di lavoro con una pluralità di datori. Le motivazioni articolate dal Giudice poggiano le proprie fondamenta su due nozioni che sembrano ricalcare gli approdi giurisprudenziali in materia di codatorialità nei gruppi di società: unitario centro di imputazione di interessi e svolgimento indistinto della prestazione lavorativa in favore di tutti i codatori.

Massima

In presenza di un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro, caratterizzato dallo svolgimento indistinto della prestazione alle dipendenze e nell'interesse di tutte le società contemporaneamente, queste sono chiamate a rispondere in solido alle obbligazioni scaturenti dal contratto di lavoro, in qualità di datori.

Il caso

L'esercizio dei poteri da parte di una pluralità di datori di lavoro

La pronuncia in esame trae origine dal ricorso presentato dal lavoratore, nei confronti di tutti i soggetti che in concreto esercitavano le prerogative datoriali, a seguito del licenziamento per motivo oggettivo intimatogli dal solo datore di lavoro formale in conseguenza delle rivendicazioni formulate dallo stesso prestatore di lavoro per il mancato pagamento delle retribuzioni maturare dalla data di assunzione a quella del licenziamento.

In dettaglio, il lavoratore era stato assunto per svolgere la mansione di consulente commerciale, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in favore di una delle società che operavano presso lo stesso ufficio di Palermo. Società che, mediante i relativi rappresentanti legali e/o altre figure apicali, esercitavano congiuntamente i poteri datoriali tra cui, in particolare, quello direttivo mediante l'assegnazione di compiti, l'individuazione della clientela e delle fasce orarie di competenza del ricorrente.

Basti pensare che, già in fase di selezione e assunzione del lavoratore, questi era venuto in contatto con una pluralità di soggetti – dipendenti o collaboratori delle molteplici società che operavano presso l'ufficio di “Via L.M.” – che si occupavano congiuntamente della gestione del personale a prescindere dalla formale assunzione presso la singola entità (la stessa assunzione del ricorrente era avvenuta presso una società diversa rispetto a quella che aveva formulato la relativa proposta in fase di selezione).

La questione

Quali sono le condizioni e i limiti per ritenere sussistente un rapporto di lavoro multidatoriale?

Al fine di comprendere a pieno la decisione assunta dal Tribunale di Palermo – che ha dichiarato, tra le altre cose, l'illegittimità del licenziamento per motivo oggettivo irrogato al lavoratore e la sua reintegrazione presso tutti i resistenti – è opportuno soffermarsi sulle motivazioni articolate nella sentenza in ordine alla sussistenza di un unico rapporto di lavoro intercorrente tra il medesimo lavoratore e la pluralità di società e persone fisiche convenute. Trattasi, infatti, di una questione prodromica rispetto alle ulteriori richieste di verifica della esistenza del rapporto di lavoro, di corresponsione – in solido tra le convenute – delle differenze retributive maturate dal lavoratore e di riconoscimento della natura ritorsiva del licenziamento formalmente intimato per motivo oggettivo.

Il perno attorno a cui ruotano le riflessioni del Tribunale è rappresentato, da un lato, dalla presenza di un unico centro di imputazione degli interessi tra le resistenti (Cass. 27 aprile 2022, n. 13207, in IUS lavoro, 10 agosto 2022) e, dall'altro, dallo svolgimento della prestazione lavorativa indistintamente in favore di tutte le società convenute (Cass. 20 dicembre 2016, n. 26346, in Giust. civ. mass., 2017; Cass. 12 febbraio 2013, n. 3482, in Diritto e Giustizia, 30 maggio 2013).

Pur senza mai impiegare espressioni quali codatorialità o multidatorialità, l'operazione realizzata dal Giudice si poggia sull'implicito riconoscimento della teorizzazione della obbligazione soggettivamente complessa dal lato datoriale e, dunque, della compatibilità della nozione di subordinazione ex art. 2094 c.c. con singoli rapporti di lavoro caratterizzati dalla presenza di una pluralità di datori (Cass. S.U. 26 ottobre 2006, n. 22910, in Arg. dir. lav., 2007).

Da ciò la necessità di verificare le condizioni necessarie e sufficienti, nonché i limiti imposti dall'ordinamento, per poter ritenere configurabile l'assunzione, o l'impiego, del medesimo lavoratore da parte di una pluralità di datori di lavoro, ciascuno dei quali esercita i poteri datoriali al di fuori delle ipotesi di distacco e somministrazione di lavoro.

Osservazioni

L'unitario centro di imputazione di interessi oltre i gruppi di imprese e le peculiari vicende legate all'interposizione illecita di manodopera

La soluzione tranchant adottata dal Tribunale di Palermo (reintegrazione del lavoratore presso tutti i resistenti, in qualità di datori di lavoro solidalmente responsabili per le obbligazioni scaturenti dal contratto di lavoro, a seguito della dichiarazione di illegittimità del licenziamento per motivo oggettivo) apre ad alcuni interrogativi.

Anzitutto, essendo la dissociazione della figura datoriale, o la sua parcellizzazione, ammessa nelle sole ipotesi espressamente consentite del legislatore  – tra cui distacco e somministrazione di lavoro – la mancata riconduzione da parte del Tribunale della fattispecie in esame nell'alveo degli schemi attualmente previsti (sia per espresso riconoscimento da parte del legislatore che in virtù delle ricostruzioni operate dalla giurisprudenza) rende ardua la ricostruzione della disciplina applicabile ai relativi rapporti di lavoro, già di per sé complessa in presenza degli schemi tipici. Basti pensare alla verifica circa il corretto adempimento delle obbligazioni scaturenti dal contratto di lavoro in presenza di differenti direttive impartite dai plurimi datori di lavoro o ancora all'esercizio del potere disciplinare da parte di uno solo dei codatori tale da cagionare un danno alla organizzazione degli altri datori che impiegano il medesimo lavoratore.

Non solo, a valle si pongono le questioni relative alla compatibilità tra la tradizionale nozione di subordinazione di cui all'art. 2094 c.c. con la contemporanea presenza di una pluralità di datori di lavoro titolari del medesimo rapporto lavorativo. Compatibilità che, però, è dichiarata dallo stesso legislatore in caso di reti di imprese, di distacco e di somministrazione di lavoro o dalla consolidata giurisprudenza nelle ipotesi di gruppi societari.

Pur, infatti, a voler impiegare le teorizzazioni formulate in materia di gruppi di imprese (dovendosi escludere l'applicabilità della disciplina dettata tassativamente dal legislatore per la somministrazione di lavoro, il distacco e le reti di imprese mancandone nel caso di specie gli elementi tipici) non possono celarsi i dubbi in ordine alla possibilità di comparare due situazioni tra di loro distanti: la prima ove viene in rilievo la nozione di direzione e coordinamento tale da giustificare la presenza di un unico centro di imputazione di interessi e, la seconda, in cui le sole circostanze prese in considerazione dal Tribunale di Palermo concernono l'utilizzo delle medesime strutture operative e l'esercizio congiunto dei poteri datoriali, quasi a voler rendere questo ultimo elemento, non tanto la conseguenza del riconoscimento di un rapporto di lavoro con una pluralità di datori, quanto piuttosto l'antecedente logico esclusivo, o comunque prevalente. Ricostruzione che può essere accolta nelle ipotesi patologiche – ove la multidatorialità diviene uno strumento di tutela dei lavoratori che, pur in presenza di un unico rapporto di lavoro, sono soggetti alle direttive di una pluralità di datori – ma che non consente di cristallizzarne l'impiego anche in ipotesi fisiologiche. 

Il Tribunale di Palermo si sarebbe potuto limitare ad invocare il regime di responsabilità solidale ex art.  1292 c.c. per tutti i crediti maturati dal lavoratore. Invece il Giudice si è spinto oltre, disponendo la reintegrazione in solido del prestatore presso i convenuti in qualità di datori di lavoro.

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