Il privilegio processuale del creditore fondiario in costanza di liquidazione controllata: la parola alla Suprema Corte
10 Settembre 2024
Massima Il creditore fondiario può avvalersi del “privilegio processuale” di cui all’art. 41, comma 2 d.lgs. n. 385/1993 (TUB) sia nel caso di sottoposizione del debitore esecutato a liquidazione giudiziale ex artt. 121 ss. del d. lgs. n. 14/2019 sia nel caso di sottoposizione del debitore esecutato a liquidazione controllata ex artt. 268 ss. del medesimo d.lgs. Il caso Il creditore ha intrapreso - in forza di un contratto di mutuo fondiario - dinanzi al Tribunale di Brescia un'espropriazione immobiliare nei confronti della debitrice, che ha poi chiesto al medesimo Tribunale di essere ammessa alla procedura di liquidazione controllata ex art. 268 ss. CCII e, quindi, al Giudice dell'esecuzione di dichiarare l'improcedibilità dell'espropriazione singolare. Quest'ultimo ha disatteso tale istanza, ritenendo operante l'art. 41, comma 2, TUB non solo nella liquidazione giudiziale ma anche in quella controllata. Nei confronti di tale decisione la debitrice ha proposto opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. Con ordinanza del 3 ottobre 2023, il Tribunale di Brescia - in composizione monocratica - ha investito la Corte di Cassazione della risoluzione, ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c., della seguente questione di diritto: «se il privilegio processuale di cui all'art. 41, comma 2, d.lgs. n. 385/1993 sia opponibile a fronte dell'apertura di una delle procedure concorsuali di cui al CCII a carico del debitore esecutato ed in particolare della liquidazione controllata di cui agli artt. 269 ss. CCII». Dopo aver superato il vaglio di ammissibilità di cui all'art. 363-bis, comma 3 c.p.c., la Prima Presidente, con decreto del 25 ottobre 2023, ha assegnato la questione – finora mai pervenuta al vaglio della Cassazione - alla Prima Sezione della Corte, ritenendola «esclusivamente di diritto» e «di particolare importanza per le conseguenze che proietta sull'accertamento dei crediti, il riparto endoconcorsuale del ricavato fra i loro titolari, la disciplina delle interferenze fra procedure esecutive individuali e concorsuali». La questione La Cassazione, con l'occasione, ha fatto chiarezza su due aspetti diversi – ma intrinsecamente connessi - attinenti all'interferenza del privilegio processuale fondiario di cui all'art.41. comma 2, TUB con le nuove norme del CCII. Segnatamente la Corte ha prima indagato l'effettiva permanenza del privilegio processuale riconosciuto al creditore fondiario nell'ambito della liquidazione giudiziale e, dopo essersi pronunciata positivamente, è passata ad occuparsi dell'operatività di tale speciale disciplina anche nella procedura di liquidazione riservata al sovraindebitato – consumatore, all'imprenditore agricolo, al piccolo imprenditore ecc. Le soluzioni giuridiche La Corte, pronunciandosi sul rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Brescia, ha enunciato il seguente principio di diritto: «il creditore fondiario può avvalersi del “privilegio processuale” di cui all'art. 41, comma 2 d.lgs. n. 385 del 1993 sia nel caso di sottoposizione del debitore esecutato alla procedura concorsuale di liquidazione giudiziale di cui agli artt. 121 e segg. del d. lgs. n. 14 del 2019, sia nel caso di sottoposizione del debitore esecutato alla procedura concorsuale della liquidazione controllata di cui agli artt. 268 e segg. del medesimo d.lgs.». Sul punto è bene precisare che nel regime della liquidazione del patrimonio di cui alla l. n. 3/2012 non si dubitava affatto che lo stay delle azioni esecutive individuali si applicasse anche al creditore fondiario, non solo e non tanto perché l'art. 41 TUB, che riserva a tale creditore un privilegio processuale limitatamente al fallimento, è norma di stretta interpretazione, ma soprattutto perché in nessuna delle tre procedure da sovraindebitamento si rinveniva alcun rinvio all'art. 51 l. fall. (così, per la giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Modena, 1 giugno 2017; Trib. Mantova, 22 dicembre 2017; Trib. Como, 23 maggio 2019; Trib. Udine, 26 febbraio 2021). Il nuovo assetto che il CCII ha consegnato all'attuale disciplina della liquidazione controllata ha di fatto ampliato l'operatività del privilegio fondiario: quest'ultima procedura ha come modello di riferimento la liquidazione giudiziale (v. ad es. la legittimazione consentita oggi anche ai creditori e non più solo al debitore), tant'è che l'art. 270, comma 5, CCII richiama espressamente l'art. 150 del medesimo codice secondo cui «salvo diversa disposizione di legge, dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante la liquidazione giudiziale, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura». In sintesi: riconoscere la sussistenza del privilegio processuale in favore del creditore fondiario non costituisce un'inammissibile applicazione analogica dell'art. 41 TUB, ma una mera operatività del rinvio che il dato normativo (art. 270, comma 5) effettua integralmente rispetto all'art. 150 CCII (in termini v., per la giurisprudenza di merito, Trib. Larino 17 ottobre 2023, Trib. Torre Annunziata, 14 marzo 2023, Trib. Barcellona Pozzo di Gotto, 24 gennaio 2023) e non in quanto compatibile (vaglio di compatibilità che invece lo stesso art. 270, comma 5 impone nei confronti dell'art. 143 CCII). Osservazioni La Corte ha, in questo modo, “sistemato” la pietra angolare su cui ha edificato l'impianto motivazionale della decisione che – a parere di chi scrive – è del tutto condivisibile. Se delle ragioni a sostegno della tesi dell'operatività del fondiario si è già – sia pure brevemente - detto, ci pare opportuno ripercorrere per un momento le argomentazioni con cui il Collegio ha disatteso quella giurisprudenza di merito che aveva optato per uno stay generalizzato del creditore fondiario nella liquidazione controllata. Segnatamente, la Corte ha disatteso:
A quest'ultimo proposito, è stato agevole per il Collegio osservare che la mancata modifica semantica (da “fallimento” a «liquidazione giudiziale») di singole disposizioni normative non è di per sé un indice assoluto della voluntas legis; anzi, è vero il contrario, come precisato dall'art. 349 CCII, rubricato «Sostituzione dei termini fallimento e fallito», a tenore del quale «nelle disposizioni normative vigenti i termini “fallimento”, ”procedura fallimentare”, “fallito” nonché le espressioni dagli stessi termini derivate devono intendersi sostituite, rispettivamente, con le espressioni “liquidazione giudiziale”, “procedura di liquidazione giudiziale”, “debitore assoggettato a liquidazione giudiziale” e loro derivati, con salvezza della continuità delle fattispecie»: sicché, coerentemente, la Corte ritiene che non vi sono ragioni di sorta per escludere l'art. 41 TUB dall'applicazione di tale regola. Quanto alla circostanza che il legislatore delegato abbia nella formulazione dell'art. 150 CCII conservato l'espressione «salva diversa disposizione di legge», già contenuta nell'art. 51 l. fall. si deve ritenere che il criterio portato dall'art. 7, comma 4, lett. a), della l. delega n. 155/2017 non è stato trasfuso nella legge delegata ma non per questo si può - in via interpretativa – disattendere il dato normativo. Così, condivisibilmente, il Supremo Collegio conclude nel senso che solo una volta «scaduti i termini di cui all'art. 7 cit., potrà essere chiarito se la scelta del legislatore delegato di tenere in vita il privilegio processuale fondiario concretizzi una mera, mancata attuazione della delega ovvero un contrasto della normativa delegata con i principi e criteri direttivi fissati dalla l. n. 155/2017, trovando spazio, in questa seconda ipotesi, una questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 76 Cost.». Riferimenti
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