Elementi per la valutazione della colpa grave nel sovraindebitamento

La Redazione
12 Settembre 2024

La Corte d’appello di Caltanissetta accoglie il ricorso della debitrice e omologa il piano di ristrutturazione da questa presentato. Contestate le conclusioni del tribunale che aveva valorizzato, con un ragionamento giudicato eccessivamente astratto, lo sforamento del “minimo vitale” fissato dall’ISTAT.

Il tribunale nisseno, nel dichiarare l’inammissibilità della proposta di ristrutturazione dei debiti del consumatore, aveva ritenuto che la ricorrente non potesse accedere alla procedura, avendo questa determinato con colpa grave la situazione di indebitamento a causa dell’apertura di un finanziamento sproporzionato rispetto al proprio reddito. In particolare, la condotta della debitrice veniva valutata alla luce del fatto che «ancor prima di accendere l’ultimo finanziamento, il nucleo familiare si sarebbe trovato in condizione di assoluta indigenza, non essendovi risorse disponibili in grado di garantire il minimo vitale (fissato dall’ISTAT per l’anno 2018 intorno ad € 670,00)».

La Corte, investita da parte della debitrice del ricorso avverso tale decisione, riteneva il ragionamento seguito dal giudice di prime cure non convincente, in quanto fondato su «considerazioni di carattere meramente astratto (…). Difatti, l’affermazione secondo cui la reclamante non avrebbe dovuto scendere al di sotto del minimo vitale fissato dell’ISTAT rischia di essere del tutto arbitraria, in quanto non tiene conto del fatto che non può ritenersi preclusa ad ogni individuo la libertà di scegliere di rinunciare ad una serie di beni o servizi, soggettivamente ritenuti non così essenziali, vivendo in maniera semplice o finanche austera, magari confidando in un occasionale aiuto familiare».

La Corte valutava invece la condotta della debitrice alla luce di elementi “concreti” – quali: a) le ragioni della decisione di accendere un ulteriore finanziamento; b) per quanto tempo la debitrice è riuscita ad adempiere alla propria prestazione; c) eventuali sopravvenienze negative tali da determinare l’impossibilità di continuare ad adempiere alle proprie prestazioni; – non ravvisando elementi tali da integrare la colpa grave.

In riforma del decreto del tribunale, il piano veniva così omologato dalla Corte d’appello.

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