Decorrenza del termine per impugnare il decreto di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti

17 Settembre 2024

La Corte analizza la questione, ritenuta di interesse nomofilattico per l’assenza di specifici precedenti, concernente l’individuazione del termine e il momento della sua decorrenza per l’impugnativa, mediante reclamo, del decreto di omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti. 

Alla stesura del contributo ha partecipato la Dott.ssa Veronica Pagliarini. 

Massima

In materia di reclamo avverso il decreto di omologazione dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, il rinvio operato dall’art. 12, comma 2, della l. n. 3/2012 all’art. 739 c.p.c. è compatibile con la decorrenza del relativo termine di proposizione di dieci giorni dalla comunicazione da parte della cancelleria, in forma integrale, del provvedimento.

Il caso

Il caso in esame trae origine dalla dichiarazione di inammissibilità di un reclamo avverso il decreto di omologa di un accordo di ristrutturazione del debito proposto nell'ambito di una procedura di risoluzione della crisi di sovraindebitamento per essere stato il ricorso iscritto a ruolo oltre il termine di 10 giorni, ai sensi dell'art. 739 c.p.c., decorrenti, secondo il dettato dell'art. 12 della l. n. 3/2012, dalla pubblicazione del decreto sul sito procedure.it.

Impugnato avanti la Corte di cassazione il decreto del tribunale che ha dichiarato l'inammissibilità, la ricorrente ha sostenuto, come unico motivo di impugnazione, che il tribunale avesse violato gli artt. 136,137,737 e ss. c.p.c., nonché gli artt. 10 e 12 l. n. 3/2012, in relazione all'art. 111 della costituzione. In particolare, stante il rinvio operato dal citato art. 12 all'art. 739 c.p.c., ad avviso della ricorrente il termine per impugnare il decreto di omologa decorre dalla notifica del decreto, come espressamente previsto dalla disposizione del codice di rito, attesa la pluralità di parti, e non dalla pubblicazione del provvedimento, avendo tale incombente, da effettuarsi secondo modalità partecipative non predeterminate, la diversa funzione di individuare i creditori nei cui confronti il decreto è obbligatorio. La ricorrente ha aggiunto altresì che la pubblicazione del provvedimento non fornisce la garanzia della conoscenza da parte dei destinatari del provvedimento, sicché il termine per l'impugnazione non può che decorrere dalla notifica dell'atto a cura della parte.

La questione

La questione sottoposta all’attenzione della Suprema Corte, dunque, concerne l’individuazione del termine e il momento della sua decorrenza per l’impugnativa, mediante reclamo, del decreto di omologa di un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento mediante ristrutturazione dei debiti.

Le soluzioni giuridiche

Il rimedio impugnatorio avverso il decreto di omologa dell'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento è (o meglio, era) regolamentato dall'art. 12, comma 2, l. n. 3/2012 a tenore del quale «il giudice omologa l'accordo e ne dispone l'immediata pubblicazione utilizzando tutte le forme di cui all'articolo 10, comma 2, quando, risolta ogni altra contestazione, ha verificato il raggiungimento della percentuale di cui all'articolo 11, comma 2, e l'idoneità del piano ad assicurare il pagamento integrale dei crediti impignorabili, nonché dei crediti di cui all'articolo 7, comma 1, terzo periodo. Quando uno dei creditori che non ha aderito o che risulta escluso o qualunque altro interessato contesta la convenienza dell'accordo, il giudice lo omologa se ritiene che il credito può essere soddisfatto dall'esecuzione dello stesso in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento».

L'art. 739 c.p.c., espressamente richiamato dall'art. 12, comma 2, l. n. 3/2012 prevede, a sua volta, che «il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una sola parte o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti».

Dal combinato disposto delle disposizioni normative sopra richiamate si evince, quindi, che: 1) il termine entro il quale presentare reclamo è di dieci giorni ed è perentorio; 2) il dies a quo per il ricorso al rimedio impugnatorio è la notifica del decreto di omologa dal momento che tale atto è dato in confronto di più parti.

Anzitutto, la Suprema Corte ha preliminarmente chiarito che la nuova disciplina contenuta nel codice della crisi in materia di reclamo del provvedimento di omologa, non solo non è applicabile ratione temporis al caso in esame, ma non offre alcun contributo per l'interpretazione della l. n. 3/2012.

Ciò premesso, ad avviso del Collegio il chiaro dato letterale dell'art. 739 c.p.c., esplicitamente richiamato dall'art. 12, comma 2, della l. n. 3/2012, che fa espresso riferimento a due modalità partecipative specifiche e singolari, non consente di condividere appieno la  soluzione ermeneutica adottata dal tribunale, quella di far coincidere in generale il momento iniziale del termine decadenziale con forme comunicative collettive quali la pubblicazione del provvedimento con le modalità stabilite dal Giudice, la pubblicazione del  provvedimento nel Registro delle imprese o la comunicazione del provvedimento sempre su autorizzazione del giudice da parte dell'OCC.

Ad avviso della Corte, la diversa ricostruzione accreditata dall'impugnato provvedimento secondo cui il termine perentorio di dieci giorni per proporre reclamo può farsi decorrere dalla pubblicazione dell'accordo sul sito internet indicato dal tribunale ovvero dalla sua iscrizione nel Registro delle imprese (benché il compimento di tali formalità sia prescritto dall'art. 12 della legge n. 3 del 2012) non merita condivisione, in quanto non supportata da alcuna base normativa. La Corte ha poi ricordato che le ipotesi in cui il termine breve per l'impugnazione di un provvedimento giudiziario possa farsi decorrere non dalla comunicazione e/o notifica dell'atto ma dalla sua pubblicazione (presso il registro delle imprese o presso siti internet) sono tassativamente previste dalla legge e, comunque, si riferiscono a soggetti che non sono parti del processo (ne è un esempio la disciplina contenuta nell'art. 18, comma 4, l.fall., che per il debitore fa decorrere il termine del  reclamo dalla data di notifica della sentenza di fallimento e per gli altri interessati dalla annotazione della sentenza presso l'ufficio delle imprese ove l'imprenditore ha la sede legale).

Tali considerazioni trovano altresì conferma nella giurisprudenza che si è registrata con riferimento al termine di impugnazione del provvedimento di omologa del concordato preventivo che, analogamente all'art. 12 l. n. 3/2012, è sottoposto alla pubblicità mediante iscrizione presso il registro delle imprese di cui all'art. 17, comma 2, l. fall.

In primis, la giurisprudenza ha ritenuto che il termine per la proposizione del reclamo sia di trenta giorni e, in secondo luogo, che il dies a quo potesse coincidere con l'iscrizione nel Registro delle imprese del decreto, in analogia a quanto disposto dall'art. 18 l. fall., precisando che «la similitudine tra le due fattispecie, presupposto per il ricorso all'analogia, è infatti solo apparente, in parte qua, dal momento che la parte che si oppone all'omologazione del concordato preventivo è soggettivamente individuata ed il termine nei suoi confronti decorre quindi dalla notificazione del provvedimento, secondo le regole generali; a differenza che per il reclamo avverso la sentenza di fallimento, che può essere proposto, genericamente da qualunque interessato: onde, la pubblicazione nel Registro delle imprese costituisce l'unica pubblicità idonea a portare a conoscenza della generalità dei soggetti la sentenza dichiarativa di fallimento» (Cass. civ., sez. I, 9 febbraio 2017, n. 3463).

Orbene, in assenza di una norma specifica, i mezzi di diffusione collettivi del provvedimento non sono quindi, di regola, mai idonei a far decorrere il termine breve previsto dall'art. 739 c.c., non garantendo alcuna ragionevole certezza della conoscenza dell'atto.

Nel caso di specie, il decreto di omologa è stato comunicato nella sua forma integrale dalla cancelleria a mezzo pec alla ricorrente ancor prima della pubblicazione sul sito. La Corte ha quindi valutato se la clausola di compatibilità, contenuta nel rinvio operato dall'art. 12, comma 2, l. n. 3/2012 all'art. 739 c.p.c., consenta un adattamento della disciplina della decorrenza del termine, previsto dalla disposizione processuale per il reclamo, verso una forma partecipativa dell'atto diversa dalla notifica ma pur sempre individualizzata.

Sul punto, la Corte ha ritenuto che, per ragioni di coerenza logico-sistematica, è consentita l'operazione interpretativa di circoscrivere il rinvio per compatibilità operato dall'art. 12 l. n. 3/2012 al solo frammento della disposizione dell'art. 739 c.p.c. che fa decorrere il termine dalla comunicazione alle parti del provvedimento da parte della cancelleria (rispetto alla quale recede in posizione meramente surrogatoria la notifica a istanza di parte, ove la prima manchi) con la precisazione che tale comunicazione ad hoc del decreto deve essere effettuata nel suo testo completo, cioè comprensivo di dispositivo e motivazione secondo quanto risulta in termini integrali dalla sua pubblicazione, dunque non potendo farsi decorrere il termine breve d'impugnazione dalla sola notizia del dispositivo e dei dati del deposito, per evidenti esigenze di difesa della parte soccombente, essendole necessaria la conoscenza della motivazione al fine di correlare ad essa le ragioni a sostegno del gravame, anche sotto il profilo della relativa specificità (cfr. Cass. civ., sez. III, 23 marzo 2017, n. 7401).

Diversamente, l'applicazione integrale della disciplina dell'art. 739 c.p.c. si tradurrebbe nella imposizione al debitore del gravoso onere formale di notificare l'atto ai creditori, che - come emerso anche nella fattispecie in esame - possono essere anche di numero consistente, adempimento che appare irragionevolmente sproporzionato rispetto alla struttura deformalizzata dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinati dalla l. n. 3/2012 e alle esigenze di snellimento e speditezza che connotano tale procedura. D'altro canto, la comunicazione integrale del provvedimento da parte della cancelleria attraverso la pec, che la normativa introdotta dagli artt. 16 e ss. d.l. n. 179/2012, che hanno modificato gli artt. 136 c.p.c. e 45 disp. att. c.p.c., ha reso obbligatoria, veicolando un'informazione chiara e completa della decisione, appare certamente idonea ad assicurare adeguate garanzie di conoscenza del provvedimento da parte dei destinatari, così inserendosi in un percorso di stabilizzazione del provvedimento ove non oggetto di tempestiva reazione impugnatoria.

Osservazioni e conclusioni

Alla luce della ricostruzione sopra esposta, la Suprema Corte ha affermato il principio di diritto per cui «in materia di reclamo avverso il decreto di omologazione dell'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, il rinvio operato dall'art. 12 comma 2 della l. n. 3/2012 all'art. 739 c.p.c. è compatibile con la decorrenza del relativo termine di proposizione di dieci giorni dalla comunicazione da parte della cancelleria, in forma integrale, del provvedimento».

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