Legge sul TSO sottoposta al vaglio costituzionale
18 Settembre 2024
Una donna si opponeva, ai sensi dell'art. 35 della l. n. 833/1978, al trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera (di seguito: TSO), disposto nei suoi confronti dal sindaco di Caltanissetta: l'opposizione veniva presentata al Tribunale competente, dopo le dimissioni, avverso il decreto di convalida reso dal giudice tutelare. Il Tribunale respingeva il ricorso e la sentenza veniva confermata dalla Corte d'appello. La donna presentava controricorso in Cassazione, contestando la regolarità della procedura, in quanto pregiudicante il suo diritto ad un ricorso effettivo e tempestivo: infatti, la ricorrente non aveva ricevuto il provvedimento del sindaco e, in tal modo, non aveva potuto tempestivamente rendersi conto che non era allegata la relazione medica cui detto provvedimento faceva riferimento. Inoltre, non aveva ricevuto la notifica dell'ordinanza di convalida, non prevista dalla legge vigente, non potendo dunque opporsi se non dopo la scadenza del trattamento. Infine, rilevava di non essere stata sentita dal giudice tutelare prima della convalida e che quest'ultimo avesse deciso solo in base agli atti. Per tali ragioni la ricorrente riteneva che la mancata notifica di tutti i vari atti procedimentali del TSO (in primis del decreto di convalida) le avesse impedito di venire a conoscenza nell'immediatezza di quanto le stesse accadendo, con impossibilità di esercitare il proprio diritto ad un ricorso effettivo, ex art. 13 CEDU, entro i primi sette giorni dall'inizio della procedura, idoneo ad impedire l'eventuale convalida da parte del giudice tutelare o, in subordine, ad ottenerne la sospensione. Con riguardo al TSO, la Cassazione ha rilevato che la legislazione italiana sul TSO è da molti anni oggetto di critica da parte del comitato per la prevenzione della tortura (CPT) operante in seno al Consiglio di Europa. Difatti, tale disciplina non prevede la notifica personale al paziente del provvedimento del sindaco e dell'ordinanza di convalida né prevede come obbligatoria l'audizione personale dell'interessato da parte del giudice tutelare prima della convalida della misura o in ogni caso prima della scadenza del trattamento. Inoltre, la normativa stabilisce che il sindaco e il giudice tutelare comunichino tra di loro, ma non che comunichino con il paziente, il quale può solo impugnare il provvedimento finale di convalida del Tribunale, emesso dopo che la proposta del sanitario è convalidata da un medico di una struttura pubblica, e poi dal sindaco (artt. 33-35 l. n. 833/1978). Tale impugnazione avviene evidentemente "al buio", non essendo il paziente reso partecipe degli atti a monte della convalida giurisdizionale. Per tutti questi motivi, la Corte ha ritenuto che il difetto di notifica costituisca un deficit costituzionalmente rilevante – cui la Corte non può ovviare in via interpretativa - con conseguente violazione del diritto al contraddittorio, all'informazione e alla difesa, viziante la regolarità della procedura. Dunque, la Cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 32 e 111 Cost., e all'art. 117 in relazione agli artt. 6 e 13 Cedu - ha sospeso il giudizio e rinviato gli atti alla Corte Costituzionale, affinché si pronunci in merito. |