Responsabilità del CAF in caso di visto su dichiarazione infedele
27 Settembre 2024
Un Centro di Assistenza Fiscale, quale intermediario, riceve dalla Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate una cartella di pagamento per la riscossione dell'imposta e l'applicazione delle sanzioni a seguito del controllo formale della dichiarazione fiscale di un contribuente (anno d'imposta 2016), munita di visto di conformità rilasciato dal considerato infedele in relazione alla detrazione di una fattura per spese mediche. È corretto che l'intermediario sia chiamato a rispondere per imposta e sanzioni alla stregua del contribuente (debitore)? La Direzione Provinciale AE può considerarsi Ufficio competente ad emettere detto atto di responsabilità? Occorre in primis ricordare che la disciplina di riferimento è codificata nell'ordinamento tributario all'art. 39 del d.lgs. n. 241/1997 in cui sono contenute disposizioni in materia di assistenza fiscale al contribuente. In un primo momento si era prevista una sanzione autonoma a carico dell'intermediario (variabile tra 258 e 2582 euro) ma nel 2007 è stato integrato l'art. 39 con il comma 1-bis il quale, invece, ha previsto una responsabilità solidale del CAF per le somme dovute dal contribuente a titolo di sanzione. Nel 2014, poi, con l'avvento della dichiarazione precompilata, il regime sanzionatorio si è ulteriormente inasprito prevedendo che CAF e professionisti abilitati al visto avrebbero dovuto corrispondere, in luogo della sanzione ordinaria, una somma pari alla maggiore imposta con interessi e sanzioni (disciplina da applicare al quesito proposto). Rientrando in canoni di proporzionalità e ragionevolezza, il legislatore, con il decreto legge n. 4 del 2019, è intervenuto nuovamente sulla disciplina non prevedendo più a carico dell'intermediario, in caso di infedeltà, il pagamento di una somma pari all'imposta, interessi e sanzioni bensì, esclusivamente, il pagamento di una somma pari alla sanzione irrogabile al contribuente ovvero il 30% della maggiore imposta accertata, fermo restando che nulla è dovuto dall'intermediario se l'apposizione del visto infedele è stata indotta da una condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente. Tale esimente, nel caso prospettato, andrebbe ad escludere la responsabilità dell'intermediario laddove venisse accertata l'effettiva falsità della fattura riferibile ad una condotta illecita del contribuente. Sotto altro profilo, verrebbe in rilievo l'incompetenza dell'Ufficio che ha emesso l'atto di contestazione in quanto la già menzionata normativa, come interpretata anche dai giudici di legittimità, è chiara nel prevedere che: «La responsabilità — prevista dall'art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. n. 241/1997, vigente ratione temporis — dei soggetti che rilasciano il visto di conformità o l'asseverazione infedeli relativamente alla dichiarazione dei redditi (…) ha una funzione anche punitiva e, ex art. 39, comma 2, d.lgs. n. 241/1997, la competenza all'iscrizione a ruolo, nei confronti dei medesimi soggetti, di una somma pari all'importo dell'imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, appartiene alla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate individuata in ragione del domicilio fiscale del trasgressore e non può essere derogata, pena l'illegittimità dell'atto compiuto in violazione di tale attribuzione». Alla luce del chiaro dettato normativo, come peraltro confermato dalla Corte di Cassazione, gli Uffici periferici hanno una “mera” facoltà di segnalazione mentre alle Direzioni regionali compete la contestazione e l'irrogazione delle sanzioni. |