Quando i comparables sono inadeguati a supportare la rettifica TP

La Redazione
04 Ottobre 2024

Per rettificare le condizioni praticate tra imprese associate occorre paragonarle a transazioni simili non solo sotto il profilo del mero prezzo. Tale principio, costantemente richiamato nella giurisprudenza europea e nazionale, conduce a ritenere infondato l'accertamento fondato sull'applicazione della disciplina domestica sui prezzi di trasferimento, laddove il campione non è realmente rappresentativo del caso di specie in quanto operante in un contesto disomogeneo.

Una società, con sede secondaria in Italia e capogruppo elvetica, opera in prevalenza per una nota catena di distribuzione perseguendo il modello di attività denominato category-led, volto a centralizzare alcune categorie di prodotti, prevalentemente alimentari, attivandone la pianificazione strategica. In particolare, la società:

  • appone il proprio marchio, unitamente a quello della catena di distribuzione, sulle confezioni dei prodotti dei quali detiene la gestione;
  • rappresenta il braccio operativo del gruppo e decide gli acquisti dei principali prodotti;
  • provvede a stipulare contratti quadro con fornitori terzi per l'approvvigionamento di materie prime, materiali da imballaggio e altri materiali che acquista in proprio divenendone quindi proprietaria, oltre che per il confezionamento in conto terzi dei prodotti finiti (confezionamento la cui veste definitiva reca il marchio sia della società che della catena di distribuzione).

La controversia che si intende esaminare nel presente contributo ha ad oggetto alcuni avvisi di accertamento emessi dall'Ufficio Direzione Provinciale II di Milano, nei confronti della società, in relazione all'IRES e all'IRAP relative all'anno 2017. L'ufficio contesta alla società ricavi non dichiarati a fronte di operazioni di transfer pricing in violazione dell'art. 110, comma 7 del Testo unico in materia di Redditi per un totale di 1.924.487 euro.

La società si oppone agli avvisi di accertamento ricevuto, evidenziando, fra l'altro, che nell'ambito della propria attività infragruppo svolge funzioni limitate all'organizzazione delle attività di approvvigionamento delle materie prime (attività essenzialmente amministrative), con rischi limitati e senza utilizzare beni strumentali rilevanti. Per tali motivi critica l'operato dell'Ufficio che, nell'analisi di comparabilità, aveva selezionato soggetti aventi un diverso profilo funzionale e di rischio.

I giudici di prima istanza hanno accolto il ricorso, osservando come la complessa operazione — postulante un'accurata di selezione dei fornitori, un esame tecnico dei materiali e una cura particolare per la sicurezza e l'aspetto grafico del progetto — richiedesse un'assunzione di rischi, sia strettamente economici che finanziari, pressoché totale da parte della società operativa.

In altre parole, secondo la Corte di primo grado, era evidente che la società svolgesse un'attività di gestione dati preliminare alle valutazioni e decisioni di competenza del vertice della filiera aziendale che ne emanava le direttive. Tuttavia la società non poteva influire sulla qualità finale dei prodotti o sui prezzi d'acquisto: autonomia che si doveva scontrare quindi con gli immodificabili protocolli definiti dal vertice. 

I giudici hanno ricordato che nell'ambito delle operazioni intercompany, l'esame dell'Ufficio deve essere fatto per comparazione e, affinché si determini la comparabilità dei prezzi, è necessario che si valuti la sussistenza di una effettiva omogeneità specialmente per quanto attiene le quantità (notevoli nel caso di specie) relative all’ordine preso in esame. Con riferimento alla disciplina del transfer pricing i giudici hanno, altresì, fatto presente che le condizioni ed i prezzi definibili tra soggetti in libera concorrenza — e in circostanze compatibili — vanno considerate con estrema cautela, al fine di non giungere a risultati per nulla attendibili.

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