Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: le ultime novità in ambito giuslavoristico nel Correttivo-ter

02 Ottobre 2024

Sulla G.U. 27 settembre 2024, n. 227 è stato pubblicato il d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136 recante Disposizioni integrative e correttive al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo del 12 gennaio 2019, n. 14. Si sintetizzano di seguito le principali disposizioni adottate in materia di lavoro.

Con il Correttivo-ter al CCII (d.lgs. n. 136/2024), con riguardo agli aspetti giuslavoristici, il Legislatore ha apportato delle modifiche in larga parte formali al precedente testo normativo, salve alcune significative eccezioni. Nello specifico, la gestione dei rapporti di lavoro in costanza di liquidazione giudiziale, oggetto di una robusta ridefinizione attraverso le disposizioni originariamente dettate dall'art. 189 CCII.

Di seguito, analizziamo le previsioni di maggiore interesse presenti all'interno del d.l.gs. n. 136/2024, così da avere un quadro completo degli interventi significativi che tale aggiornamento normativo comporterà sul piano pratico.

Art. 17 – Modifiche alla Parte prima, Titolo IV, Capo I-bis del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14

L'art. 64-bis del CCII, rubricato “Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione”, definisce, appunto, le modalità e le condizioni del nuovo strumento definito dal Codice, che consente al debitore di proporre ai creditori, suddivisi in classi, un piano di pagamento con particolari benefici rispetto alla ordinaria normativa civilistica usualmente applicabile.

Il Correttivo-ter inserisce, nell'art. 64-bis, il nuovo comma 9-bis, il quale impone che, ove il piano di concordato che dovrà essere omologato ai sensi del citato articolo contempli il trasferimento (a qualunque titolo) dell'azienda (o di uno o suoi più rami), l'imprenditore possa fare richiesta al Tribunale al fine di essere autorizzato a provvedere all'operazione in deroga a quanto stabilito dall'art. 2560 c.c., comma 2, che prevede un regime di responsabilità solidale in capo all'imprenditore cedente e al cessionario per i debiti contratti sino alla data del trasferimento.

Ferme restando le tutele previste in favore dei lavoratori ai sensi dell'art. 2112 c.c., è chiara la finalità del Legislatore di agevolare le vicende circolatorie dell'impresa in crisi. Pur nell'ambito di un contemperamento tra le istanze dei diversi interessati e con il tradizionale “scopo concorsualista” di ottenere la migliore soddisfazione dei creditori sociali, tale intervento può essere certamente annoverato tra le misure di supporto alla continuità dell'attività aziendale, con potenziali riflessi favorevoli anche rispetto ai rapporti dei lavoratori impiegati da tali aziende.  

Art. 25 – Modifiche alla Parte prima, Titolo IV, Capo III, Sezione V del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14

L'articolo in argomento introduce il nuovo comma 5-bis all'art. 109 del CCII (quest'ultimo, rubricato “Maggioranza per l'approvazione del concordato”).

Ai sensi della nuova norma, qualora nell'ambito della redazione del piano di concordato preventivo vengano sottoposte all'approvazione del comitato dei creditori più proposte di concordato, ciascuna facente riferimento a più piani, è ora stata inserita la precisazione per la quale saranno sottoposte a omologazione soltanto quelle che prevedano espressamente la continuità aziendale tra le proprie caratteristiche.

È bene precisare, tuttavia, che se, come visto anche in precedenza, la “continuità aziendale” possa avere delle ricadute occupazionali positive, la stessa non deve essere intesa come un sinonimo della continuità d'impiego della forza lavoro sino a quel momento adibita all'esecuzione dell'attività produttiva.

Come accennato, infatti, la la continuità aziendale trova tutela da parte delle norme del CCII soltanto nella misura in cui sia funzionale alla massimizzazione dell'interesse dei creditori, con conseguente prevalenza di quest'ultimo anche sulle istanze di tutela occupazionale .  

Art. 32 – Modifiche alla Parte prima, Titolo V, Capo I, Sezione V del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14

L'art. 32 del dlgs. n. 136/2024 modifica l'art. 189 del CCII, che si occupa della gestione dei rapporti di lavoro subordinato nell'ambito delle procedure di liquidazione giudiziale.

Le integrazioni e i cambiamenti di maggiore rilievo sono apportati ai seguenti commi del menzionato art. 189, CCII:

  • comma 2: Prima di subire le modifiche di cui al Decreto in commento, la versione originale della norma prevedeva che l'imprenditore sottoposto a liquidazione giudiziale fosse obbligato a trasmettere all'ITL competente l'elenco dei dipendenti dell'impresa in forza al momento dell'apertura della stessa. Tuttavia, successivamente alla pubblicazione del Correttivo-ter, tale onere è stato interamente eliminato.

La ratio di un tale intervento sembrerebbe ravvedersi nell'intenzione del Legislatore di snellire gli adempimenti iniziali del procedimento di liquidazione giudiziale, ridimensionando il ruolo dell'Ispettorato del Lavoro in tale fase della procedura (l'ITL è stata anche espunta dal novero dei soggetti legittimati a chiedere la proroga della sospensione dei rapporti di lavoro) ed eliminando un'attività potenzialmente ridondante rispetto alle comunicazioni dovute nell'ambito dell'apposita procedura di licenziamento collettivo.

  • Comma 3: prima delle recentissime modifiche in argomento, questa norma prevedeva che, durante il periodo della sospensione temporanea dei rapporti di lavoro conseguente alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, il curatore al quale fosse affidata la gestione aziendale, dovesse procedere “senza indugio” al mantenimento o alla cessazione dei rapporti stessi. Ora, la nuova versione del comma 3, pare attenuare tale responsabilità incombente sul curatore, disponendo che questi sia tenuto a comunicare per iscritto il recesso dal rapporto di lavoro unicamente ove non sia stata disposta, né autorizzata la prosecuzione dell'esercizio di impresa, oltre all'impossibilità di operare un trasferimento d'azienda o di un suo ramo.

Si tratta di una modifica che procedimentalizza il potere di gestione dei rapporti di lavoro del curatore, al contempo subordinando al vaglio del giudice delegato le decisioni connesse alla prosecuzione dei rapporti di lavoro.

  • Comma 4: Inoltre, come già previsto, il curatore dispone di un lasso temporale massimo di quattro mesi, a partire dalla data di apertura della liquidazione, per prendere una decisione rispetto al destino dei rapporti di lavoro rimasti sospesi. Tale termine può, tuttavia, essere prorogato fino a raddoppiarsi (i.e., otto mesi dall'inizio della procedura), ove così stabilito dal giudice delegato, nel caso in cui, previa richiesta del curatore, sussistano elementi concreti per l'autorizzazione all'esercizio dell'impresa o per il trasferimento dell'azienda o di un suo ramo, tali da consentirgli di stabilire quali siano le risorse a ciò eventualmente necessarie.  

In aggiunta, ove il curatore decida di fruire della proroga concessa dal comma in argomento, la precedente versione di questa norma garantiva ai dipendenti che restavano in attesa di conoscere il destino del proprio rapporto di lavoro una tutela concreta, corrispondente a una indennità pari ad almeno due mensilità calcolate in base ai parametri utili per la valutazione del TFR. L'attuale lettera della norma in argomento, tuttavia, ha eliminato tale previsione tout court, senza prevedere alcuna sostituzione del supporto inizialmente definito.

Appare, inoltre, ancora più rilevante la modifica che precede se si considera che nella versione originaria della norma la proroga del termine fosse efficace soltanto nei confronti dei lavoratori che ne avessero fatto richiesta. A seguito del correttivo, invece, basterà che un solo lavoratore proponga l'istanza di proroga della sospensione, perché la stessa – ove accolta dal giudice – trovi applicazione nei confronti di tutti i lavoratori dell'impresa in crisi.

  • Comma 6: La nuova versione del comma in argomento, così come modificato dal d.lgs. n. 136/2024 prevede che, nel caso in cui il curatore decida di procedere a un licenziamento collettivo secondo la procedura definita dal comma 6 stesso, essa non si applichi ai casi soggetti alla normativa c.d. “antidelocalizzazioni”. Si tratta, come noto, di una disciplina che impone al datore di lavoro che abbia impiegato, nell'anno precedente, una media di 250 dipendenti, un obbligo di comunicazione alle rappresentanze sindacali competenti della propria intenzione di procedere alla cessazione definitiva dell'attività di una propria sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che comporti il licenziamento di almeno 50 addetti.

Sebbene dissimili fra loro in base all'ambito di applicazione, tutte le modifiche ora esaminate apportate dal d.lgs. n. 136/2024 al CCII tendono a modificare l'assetto procedurale dei meccanismi legati ai diversi aspetti della crisi d'impresa.

Inoltre, se, da un lato, si evince un tentativo di supportare le aspettative dei dipendenti dell'impresa in crisi in un'ottica di continuità dell'attività aziendale, dall'altro, l'intervento del Legislatore non si discosta sensibilmente dalla tradizionale finalità concorsualisistica di contemperamento dello stato di crisi dell'imprenditore con l'interesse preminente del ceto creditorio.

È, comunque, apprezzabile il tentativo di semplificare l'iter procedurale imposto dalla precedente versione della normativa in esame all'imprenditore e, successivamente, al curatore e al giudice coinvolti nella gestione dei rapporti di lavori dell'impresa in crisi, che già nelle prime applicazioni aveva destato diverse perplessità negli operatori.  

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