Alle Sezioni unite la questione del concorso tra il credito privilegiato ex art. 316 c.p.p. e quello garantito da ipoteca
07 Ottobre 2024
Massima Va trasmessa al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite la questione di particolare importanza se – in base alla regola dell'art. 2748, comma 2, c.c. – il creditore che gode del privilegio previsto dall'art. 316, comma 4, c.p.p. vada preferito, nella distribuzione del ricavato dalla vendita di beni immobili, al creditore garantito da ipoteca iscritta anteriormente al sequestro penale oppure se – in forza della clausola di riserva della citata disposizione – la legge disponga diversamente, con una deroga non necessariamente contenuta in un esplicito precetto, ma che può e deve essere individuata nell'ordinamento nel suo complesso, attraverso la lettura e l'interpretazione normativa che tenda all'armonioso coordinamento dello specifico istituto in trattazione con l'intero sistema. Il caso Trascritto sequestro conservativo ex art. 316 c.p.p. a garanzia delle obbligazioni civili derivanti dal reato scaturenti da una sentenza penale, veniva avviata una procedura esecutiva immobiliare, nella quale intervenivano sia la società cessionaria del credito dell'esecutante, sia un istituto di credito per una somma dovuta in virtù di un mutuo fondiario garantito da iscrizione ipotecaria sui beni pignorati. Nel progetto di distribuzione l'intero ricavato dalla vendita dei beni pignorati, il quale era stato provvisoriamente assegnato ex art. 41 T.U.B. all'istituto di credito, veniva invece assegnato alla società cessionaria. A fronte di ciò la banca si opponeva alla distribuzione e il g.e., così adito, modificava il progetto attribuendo alla banca il ricavato della vendita dei beni staggiti a titolo di parziale soddisfacimento del suo credito ipotecario, riconoscendo alla cessionaria del credito della procedente le spese sostenute in prededuzione quale creditrice procedente. Stando all'ordinanza resa ai sensi dell'art. 512 c.p.c., il credito ipotecario dell'istituto di credito doveva essere soddisfatto prima di quello privilegiato vantato dalla cessionaria, dovendosi ravvisare «una deroga alla regola generale di cui all'art. 2748 c.c., sebbene da individuarsi non già nell'art. 316, comma 4, c.p.p., bensì nel principio generale riassunto dal brocardo prior in tempore potior in jure che pervade di sé l'intero sistema della pubblicità immobiliare». Avverso detto provvedimento veniva proposta opposizione agli atti esecutivi, la quale tuttavia era rigettata, in virtù della circostanza che la natura privilegiata di entrambi i crediti azionati nella procedura (l'uno in virtù dell'art. 316 c.p.p. e l'altro in considerazione dell'art. 41 T.U.B.) non permetteva l'applicazione dell'art. 316, comma 4, c.p.p. che limita la preferenza accordata dal sequestro conservativo emesso in sede penale rispetto «a ogni altro credito non privilegiato di data anteriore e ai crediti sorti posteriormente», per cui doveva ritenersi operante la regola generale prior in tempore potior in iure e, tramite essa, la prevalenza dell'ipoteca iscritta a garanzia del credito fondiario in quanto iscritta ben prima della trascrizione del sequestro conservativo in sede penale. Avverso la decisione veniva proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. In particolare, il ricorrente deduceva l'erronea valutazione compiuta dal giudice a quo circa la natura processuale del privilegio ex art. 316 c.p.p., il quale, ad avviso del ricorrente, doveva essere qualificato quale privilegio sostanziale, come tale idoneo ad essere preferito in sede di distribuzione del ricavato. La questione Viene sottoposta alla S.C. la questione se il creditore che gode del privilegio di cui all'art. 316 c.p.p. vada preferito, in sede di distribuzione del ricavato, al creditore garantito da ipoteca iscritta anteriormente al sequestro penale oppure se debba affermarsi il contrario. Le soluzioni giuridiche La Suprema Corte, così investita del problema, rileva l'erronea qualificazione operata dal giudice a quo circa il carattere privilegiato del credito vantato dalla banca interveniente, osservando che la causa di prelazione in capo al creditore fondiario è costituita dall'ipoteca, la quale non è qualificabile quale privilegio in senso tecnico. Inquadrata correttamente la garanzia vantata dalla banca, ne discende – ad avviso della Cassazione – che il relativo credito, assistito dall'ipoteca, «gode del privilegio speciale (nel senso tecnico ex artt. 2745 e 2746 c.c.) previsto dal combinato disposto degli artt. 316, comma 4 c.p.p. e 320, comma 1, c.p.p.»; pertanto, esclusa la possibilità di applicare sia l'art. 2768 c.c. che l'art. 2782 c.c. per risolvere il conflitto tra il privilegio vantato dalla società concessionaria e l'ipoteca della banca, trattandosi di norme riguardante i rapporti tra crediti «egualmente privilegiati», la norma di riferimento per risolvere il conflitto va individuata nell'art. 2748, comma 2, c.c., che regola i rapporti tra creditori privilegiati ed ipotecari, stabilendo la prevalenza dei primi sui secondi, «se la legge non dispone diversamente». Ciò premesso, i giudici della Terza Sezione richiamano un autorevole precedente (Cass. civ., sez. un., 1 ottobre 2009, n. 21045), il quale, con riguardo al credito del promissario acquirente conseguenti alla mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis c.c., aveva affermato la deroga ai principi contenuti nell'art. 2748, comma 2, c.c. e l'applicazione degli ordinari principi in tema di pubblicità degli atti, con la conseguente prevalenza dell'istituto di credito che, precedentemente alla trascrizione del contratto preliminare, aveva trascritto sul bene oggetto del contratto ipoteca a garanzia del finanziamento concesso alla società promittente venditrice. Tale deroga, secondo l'ormai risalente arresto giurisprudenziale, più volte ribadito (Cass. civ., sez. I, 30 luglio 2014, n. 17270, in Foro it., 2015, I, 2903, con nota di Carmellino; Cass. civ., sez. I, 16 marzo 2012, n. 4195, in Giust. civ., 2013, I, 147, con nota adesiva di Adilardi e ivi, 2013, I, 2171, con nota critica di Carrano; Cass. 27 novembre 2012, n. 20974, in Fallimento, 2013, 413 ss.; Cass. civ., sez. VI, 2 luglio 2013, n. 16492, in Guida al dir., 2013, 42, 65; Cass. civ., sez. I, 17 agosto 2016, n. 17141), era stato individuato non in uno specifico precetto, ma «nell'ordinamento nel suo complesso, attraverso la lettura e l'interpretazione normativa che tenda all'armonioso coordinamento dello specifico istituto in trattazione con l'intero sistema», osservandosi in particolare che il privilegio accordato al promissario acquirente non si ricollega esclusivamente alla causa del credito, ma presuppone necessariamente la trascrizione del contratto preliminare, «rientrando, dunque, nella categoria dei privilegi la cui costituzione, come consentito dalla seconda parte dell'art. 2745 c.c., è subordinata ad una particolare forma di pubblicità»; da tale premessa «consegue che, relativamente ad esso, non vige la regola della prevalenza dei privilegi sulle ipoteche, bensì quella del prior in tempore potior in jure che pervade di sé l'intero sistema della pubblicità, facendone conseguire che l'ipoteca trascritta prima della costituzione del privilegio debba su quest'ultimo prevalere». Ad avviso della decisione in commento, la regola individuata dalle Cass. civ., sez. un., 1 ottobre 2009, n. 21045 potrebbe allora applicarsi anche al privilegio sui beni immobili spettante alla parte civile ai sensi dell'art. 316 c.p.p., in quanto subordinato alla trascrizione del sequestro conservativo e dunque soggetto, quanto meno implicitamente, alle ordinarie regole in tema di pubblicità. Di contro, la Terza Sezione osserva che, come osservato anche dalla decisione di Cass. civ., sez. un., 1 ottobre 2009, n. 21045, «gli originari privilegi speciali codicistici costituiscono il retaggio delle antiche ipoteche privilegiate, le quali venivano preferite alle ipoteche normali in ragione della particolare natura pubblica degli interessi protetti in via preferenziale». Ora, il privilegio ex art. 316 c.p.p. non protegge solo gli interessi individuali del soggetto danneggiato dal reato (la parte civile), «ma corrisponde anche a evidenti interessi pubblicistici, sia perché il sequestro può essere domandato dal Pubblico Ministero a garanzia del “pagamento delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato”, sia - e soprattutto - perché la tutela “economica” (mediante riconoscimento di un indennizzo) delle vittime di reati intenzionali violenti trova fondamento nell'art. 12, paragrafo 2, della Direttiva 2004/80/CE […] e integra, d'altro lato e in linea generale, uno strumento complementare di protezione della vittima di qualsiasi reato, che parrebbe funzionale a completare, se non pure a rendere almeno parzialmente satisfattiva e riequilibratrice almeno sul piano economico del vulnus arrecato dalla condotta penalmente rilevante, la potestà punitiva dell'ordinamento». Se ciò è vero, allora, il conflitto tra il credito derivante dall'art. 316, comma 2, c.p.p. e quello assistito da ipoteca, presentando «aspetti di maggiore complessità e delicatezza» non potrebbe ammettersi l'applicazione analogica dei principi espressi dalla decisione delle Sezioni unite del 2009; alla luce di ciò, la Terza Sezione ha disposto la trasmissione del ricorso alla Prima Presidente, affinché valuti l'opportunità di assegnare la trattazione dello stesso alle Sezioni Unite, trattandosi di una questione, di massima di particolare importanza «(sia perché attinente al fondamentale tema delle cause di prelazione e degli interessi ad esse sottesi, sia perché queste ultime vengono in rilievo in controversie devolute anche ad altre Sezioni della Corte)», esaminata sin ad ora soltanto da Cass. pen., sez. IV, 28 giugno 2012, n. 33187. Osservazioni Come è stato di recente osservato (Sirena, Della tutela dei diritti. Sugli ottant'anni del libro sesto del codice civile, in Riv. dir. civ., 2024, 462), «la disciplina codicistica delle garanzie reali risulta per più aspetti anacronistica»; tale giudizio, valevole in generale, deve essere vieppiù ripetuto per i privilegi, la cui normativa, più volte sottoposta a modifiche legislative, ha talvolta smarrito la propria razionalità complessiva. Al riguardo, l'art. 10 l. n. 155/2017, di delega sulla crisi d'impresa, prevedeva che si procedesse al riordino e alla revisione del sistema dei privilegi, tra l'altro «eliminando quelle non più attuali rispetto al tempo in cui sono state introdotte e adeguando in conformità l'ordine delle cause legittime di prelazione». Invero, è già l'originaria disciplina codicistica a creare notevole disorientamento negli studiosi: il sistema delle garanzie reali è caratterizzato dall'intersecarsi di regole tra loro diverse: da un lato, le ipoteche, ordinate in ragione del rispettivo grado, connesso alla prioritaria iscrizione; dall'altro, i privilegi, i quali sono gerarchicamente classificati dal legislatore sulla base della rilevanza della "causa" del relativo credito. Diviene dunque difficile risolvere i rapporti tra le due prelazioni, come si evince dalla lettura dell'art. 2748, comma 2, c.c., il quale stabilisce la generale prevalenza del privilegio speciale sull'ipoteca, quantunque precedentemente sorta, facendo tuttavia salva l'eventualità che la legge possa disporre «diversamente». Ad avviso di parte della dottrina, assai poco chiare sono le ragioni che sorreggono la scelta operata dalla norma citata di dare sempre prevalenza al privilegio speciale immobiliare sulla ipoteca, anche quando questa sia stata iscritta prima che sorgesse il privilegio. Probabilmente, si tratta semplicemente di un'incongruità non armonizzabile nel sistema (Ciccarello, Privilegio (dir. priv.), in ED, XXXV, Milano, 1986, 728). La difficoltà di individuare dei chiari principi ordinatori spiega così la copiosa produzione giurisprudenziale che, a tutti i livelli, stenta a dare sistemazione coerente ad un «ordine delle garanzie il quale, ancor oggi, appare, a dispetto del nome, assai disordinato» (Virgadamo, Privilegi immobiliari, ipoteca e ordine delle garanzie, in Riv. dir. civ., 2018, 485). È stato allora affermato (Virgadamo, op. cit.) che, per dare un senso al sistema costruito dal legislatore del 1940, dovrebbe ribadirsi il principio per cui il privilegio speciale immobiliare, in virtù di espressa previsione di legge, prevale normalmente sull'ipoteca; se ciò è vero, se cioè di regola l'ipoteca cede nei confronti del privilegio speciale immobiliare, per ritenere il contrario occorre un'espressa previsione di legge, senza che sia possibile cercare di individuare dal sistema una regola opposta, in virtù di una clausola dalla «formula fin troppo ampia rispetto al fine». Da tale premessa sembra allora che non possa accogliersi la ricostruzione offerta dalla giurisprudenza della Cassazione in merito ai rapporti tra ipoteca e privilegio derivante dalla trascrizione del contratto preliminare ex art. 2775-bis c.c. Si aggiunga poi che la scelta di affermare la prevalenza dell'ipoteca sul privilegio di cui alla norma appena citata si giustifica per la necessità di favorire il credito alle imprese: sostenere il contrario avrebbe significato privare gli istituti di credito della possibilità di fare affidamento sulla garanzia ipotecaria di primo grado, in quanto destinata a cedere innanzi al privilegio nascente da un (futuro e incerto) contratto preliminare, il che avrebbe comportato sicuramente una contrazione del credito concesso alle imprese. A prescindere da ciò, si consideri anche che, per sostenere la prevalenza dell'ipoteca sui privilegi, non pare possibile far leva sul carattere iscrizionale del privilegio, che né nel caso del privilegio di cui all'art. 2775-bis c.c. né in quello di cui all'art. 316 c.p.c. nasce per effetto del compimento di una formalità pubblicitaria, in quanto ad essere soggetto a trascrizione non è un credito o una causa di prelazione, ma è il contratto preliminare o il sequestro conservativo (così si v. per il privilegio di cui all'art. 2775-bis c.c., Gabrielli, Conflitto fra privilegio del promissario acquirente ed ipoteca iscritta prima della trascrizione del contratto preliminare, in Riv. dir. civ., 2004, II, 794, nota 2). Soprattutto, a differenza di quanto affermato da Cass. civ., sez. un., 1 ottobre 2009, n. 21045, in dottrina prevale l'idea che l'art. 2748 c.c. sancisca una regola di carattere generale le cui eccezioni non possono essere applicate oltre ai casi espressamente previsti (v. per riferimenti Taglialavoro, Privilegio speciale ex art. 2775-bis e ipoteca iscritta sul medesimo bene immobile, in Contratti, 2010, 674). Insomma, se è possibile una deroga al rapporto privilegio-ipoteca ex art. 2748 c.c., occorre che questa sia espressa. E, in questo caso, una deroga espressa non esiste. Riferimenti
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