Il Tribunale di Bologna sulla conversione della liquidazione giudiziale in amministrazione straordinaria
09 Ottobre 2024
Si ricorda, cosa che fanno anche i giudici bolognesi, che ai sensi dell'art. 84, comma 1, d.lgs. n. 270/1999 (c.d. legge Prodi-bis) se il decreto che dichiara aperta la procedura “madre” viene emesso dopo la sentenza di liquidazione giudiziale (d'ora in avanti anche L.G.) di una delle imprese del gruppo, il tribunale della liquidazione giudiziale ne dispone la conversione in amministrazione straordinaria (d'ora in avanti anche A.S.) qualora sussistano i presupposti stabiliti dall'art. 81, sempre che non sia già esaurita la liquidazione dell'attivo. La questione affrontata e risolta dai giudici bolognesi consiste, dunque, nello stabilire se sussistano nel caso concreto i presupposti di cui all'art. 81, comma 2, d.lgs. n. 270/1999 e, in particolare, quello di cui alla seconda parte del suddetto comma 2, ovvero che, in assenza di chances di recupero, sia «comunque opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza dell'ambito del gruppo, in quanto idonea ad agevolare, per i collegamenti di natura economica o produttiva esistenti tra le singole imprese, il raggiungimento degli obiettivi della procedura». Viene fatta dai giudici una premessa circa la competenza del tribunale ai fini della conversione della procedura di L.G. in A.S., chiarendo che è proprio l'autorità giudiziaria – in particolare il tribunale che ha dichiarato la L.G. –, e non quella amministrativa (il Ministero), l'organo deputato a verificare l'esistenza dei presupposti in merito alla suddetta conversione. Venendo al nucleo centrale della pronuncia – la verifica circa l'opportunità della gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo ai sensi dell'art. 81, comma 2, d.lgs. n. 270/1999 – i giudici prendono le mosse dal seguente principio: «l'assoggettamento alla procedura di Amministrazione straordinaria di una società in liquidazione giudiziale non può che essere asservito alle finalità di un miglior recupero dell'equilibrio della società “madre” in Amministrazione straordinaria agevolando il raggiungimento degli obiettivi di quest'ultima, in termini di risultati e di una riduzione dei tempi di conseguimento di questi, non potendo di per sé essere determinante per legittimare la sussistenza della procedura di Amministrazione straordinaria in capo alla “madre” ovvero l'esecuzione del suo programma di risanamento, atteso che la stessa procedura di Amministrazione straordinaria deve presentare ex se la condizione della recuperabilità dei complessi produttivi». In altre parole: «la gestione unitaria che discende dalla conversione può solo determinare un aumento delle possibilità di raggiungere gli obiettivi già prefissati nella procedura “madre”. Perché possa essere disposta la conversione, essa deve essere funzionale – quindi deve rispondere alla funzione cui è assegnata – a risanare l'impresa sottoposta alla procedura “madre”». Questo aspetto è approfondito dallo stesso tribunale in altra pronuncia – resa in un procedimento “gemello” per la conversione della liquidazione giudiziale della controllante del gruppo in amministrazione straordinaria promossa dai medesimi commissari straordinari (la pronuncia è disponibile al seguente LINK) – ove vengono svolte considerazioni circa il portato semantico delle parole utilizzate dal legislatore, considerazioni che pare il caso di riportare: «In buona sostanza non solo i concetti di necessità o di indispensabilità […] sono diversi e lontani dal punto di vista definitorio da quello espresso dal verbo agevolare […] ma lo sono anche sotto il profilo ontologico. E infatti ciò che facilita presuppone un risultato raggiungibile anche senza l'aiuto o una attività ulteriore mentre ciò che è necessario o indispensabile, presuppone una condizione non raggiungibile se non attraverso una determinata e ulteriore attività. In questo caso il legislatore richiede che la conversione della procedura liquidatoria in amministrazione sia idonea ad agevolare il raggiungimento degli obiettivi della procedura con ciò escludendo che la conversione possa giustificarsi quando senza l'amministrazione straordinaria dell'impresa che non ha i requisiti dell'art.27, la procedura madre non possa raggiungere i propri obiettivi». E ancora: «Nonostante tale risanamento possa anche avvenire con la disponibilità di asset di altre imprese del gruppo idonei ad agevolare il raggiungimento degli obiettivi della procedura […] l'applicazione del criterio della opportunità della gestione unitaria dell'insolvenza non deve mai sfociare in valutazioni non ancorate a elementi fattuali e, come tali, potenzialmente foriere di suoi ingiustificati ampliamenti a discapito degli interessi dei creditori preesistenti delle singole imprese del gruppo». Proprio in punto di vulnus alle ragioni dei creditori dell'impresa in L.G., il tribunale ritiene che «la conversione di OMISSIS in Liquidazione giudiziale in Amministrazione straordinaria non possa e non debba, come affermato in dottrina, in ogni caso mai determinare una prevaricazione di quest'ultima e del proprio ceto creditorio e il suo conseguente “sacrificio sull'altare” della procedura “madre”» Ciò detto, i giudici svolgono una valutazione incrociata delle ragioni addotte dai commissari a favore della conversione e, a valle, della gestione unitaria dell'insolvenza delle imprese del gruppo, e delle opposte ragioni addotte dal curatore della L.G., espresse nella relazione motivata ex art. 84 d.lgs. n. 270/1999, volte a sostenere la sostanziale insussistenza dei presupposti per la conversione. Tale valutazione, e l'applicazione dei principi sopra esposti, conduce i giudici a ritenere insussistenti, nel caso di specie, i presupposti di cui agli artt. 81 e 84 d.lgs. n. 270/1999 necessari per disporre la conversione della liquidazione giudiziale in amministrazione straordinaria richiesta dai commissari straordinari. |