Revoca tardiva del consolidato fiscale: niente remissione in bonis se non c’è il comportamento concludente

16 Ottobre 2024

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 187 del 1° ottobre 2024, analizza l’istituto della remissione in bonis ai fini della revoca del regime del consolidato fiscale.

Introduzione. Le conclusioni dell’Agenzia delle Entrate sul rapporto tra remissione in bonis e regime del consolidato fiscale

La recente risposta ad interpello n. 187 del 1° ottobre 2024 interviene in materia di consolidato fiscale e revoca tardiva del regime ad opera del contribuente. Più precisamente, con la posizione di prassi richiamata l’Agenzia delle Entrate ha chiarito tre aspetti di fondamentale importanza riguardanti l’istituto della remissione in bonis, in rapporto con la tassazione consolidata Ires dei gruppi societari. In primo luogo, ad avviso dell’Agenzia, quest’ultimo istituto non sarebbe invocabile ogniqualvolta il tardivo assolvimento dell'obbligo di comunicazione ovvero dell'adempimento di natura formale rappresenti un mero ripensamento, ovvero una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità del contribuente. Per la conseguenza, ed in secondo luogo, l’esistenza della buona fede (che fungerebbe da “scusante” per l’attivazione della remissione in bonis) presupporrebbe che il contribuente abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con il beneficio fiscale di cui intende usufruire (c.d. comportamento concludente), ed abbia soltanto omesso l'adempimento formale normativamente richiesto.

In ultimo, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l'opzione, nella specie per il consolidato fiscale, esercitata in dichiarazione non è modificabile tramite dichiarazione integrativa ex articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, destinata alla correzione di errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l'indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d'imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito. Si tratta di conclusioni che s’inseriscono in una prassi dell’Agenzia delle Entrate che, intervenuta più volte in relazione alla definizione del perimetro di operatività dell’istituto della remissione in bonis, sembrerebbe essere ancora ondivaga nella delimitazione del perimetro predetto, nonché nelle sue modalità di esercizio (specie laddove, come nel caso del consolidato, le formalità sono racchiuse nella dichiarazione dei redditi).

La questione interpretativa e la soluzione prospettata dal contribuente

Ciò premesso, prima di formulare considerazioni di merito, occorre dare conto del quesito prospettato dal contribuente e della soluzione interpretativa da quest’ultimo proposta.

Sul punto, la società contribuente rappresenta di aver detenuto negli anni 2020, 2021 e 2022, tra le altre, le partecipazioni al capitale sociale di diverse società controllate. In qualità di capogruppo, la società ha stipulato un ''accordo di consolidamento'' con una delle società controllate; mediante detto accordo, la controllante istante e la controllata avrebbero concordato di esercitare l'opzione congiunta per aderire al consolidato fiscale per il triennio 2020-2022. Inoltre, in linea con quanto previsto dall'art.117, comma 3, TUIR, l'opzione si sarebbe rinnovata tacitamente al termine del triennio, salvo espressa revoca da comunicare secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell'opzione. In questo scenario, nonostante fosse intenzione della controllante, d'intesa con la controllata, revocare, alla scadenza del triennio, l'opzione per il consolidato, il medesimo è stato erroneamente confermato. A tal proposito, ad avviso della controllante-istante non vi sarebbero ragioni che ostino  all'applicazione dell'istituto della remissione in bonis. Anzi, sarebbe proprio la prassi dell’Agenzia delle Entrate – e, nello specifico, la circolare n. 8/E del 07 aprile del 2017,  par. 10 – a chiarire che, in relazione alle ''revoche dimenticate'', per ''l'esercizio delle opzioni'' che devono essere comunicate con la dichiarazione dei redditi da presentare nel corso del ''primo periodo di valenza del regime opzionale'', troverebbe applicazione l'articolo 2, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, ovvero l’istituto della remissione in bonis.

Anche perché, rileva ancora l’istante, si tratterebbe di un errore senz’altro commesso in buona fede e dunque ponendo in essere un comportamento coerente con il regime opzionale in origine prescelto, omettendo esclusivamente l’adempimento formale normativamente richiesto per interrompere l’adesione a detto regime.

Le argomentazioni addotte dalla società contribuente non hanno trovato accoglimento nell’Agenzia delle Entrate la quale – a ben vedere:

i. pur non avendo in toto disconosciuto la ricostruzione in diritto operata dalla contribuente e, quindi, la possibilità che, in astratto, la remissione in bonis possa esser utilizzata anche per sanare gli inadempimenti formali connessi alla revoca di un regime opzionale (quale è il consolidato fiscale),

ii. in concreto, contesta alla società istante un “vizio di prova”, ossia di non aver dimostrato che la remissione era stata utilizzata per ovviare ad una mera svista formale. Al contrario, secondo l’Amministrazione, l’indagine fattuale dimostrerebbe che la contribuente aveva voluto, in prima battuta, confermare la scelta della tassazione consolidata, salvo poi mutare convincimento e tentare la revoca del consolidato attraverso la remissione.

In particolare, a dimostrazione di ciò, le Entrate richiamano il fatto che, nella dichiarazione dei redditi afferente all’esercizio 2022 (presentata nel 2023) fosse palesata, all’interno del “quadro OP”, “la volontà di continuare il consolidato” (a titolo esemplificativo, l’Agenzia segnala che la contribuente aveva inserito nella “colonna 3” – “Tipo di comunicazione” – il codice 3, corrisponde alla “conferma tassazione di gruppo”).

L’istituto della remissione in bonis nella prassi dell’Agenzia delle Entrate

Come detto, l’Agenzia delle Entrate ha avuto più volte modo d’intervenire in ordine alla definizione del perimetro della remissione in bonis. In chiave di sintesi, andando a ritroso nel tempo, con la risposta ad interpello n. 426 del 22 giugno 2021 ha chiarito che il mancato esercizio dell'opzione per il regime del consolidato fiscale è sanabile mediante remissione in bonis, indicando tale opzione nella dichiarazione dei redditi relativa all'esercizio successivo a quello in cui già si intende ricorrere alla tassazione consolidata, nonché versando la relativa sanzione fissa. Più precisamente, secondo questa posizione di prassi il mancato esercizio dell'opzione per il regime del consolidato fiscale può trovare rimedio nella remissione in bonis che, ai sensi dell'art. 2, comma 1 del d.l n. 16/2012, consente di sanare il ricorso a regimi opzionali, subordinati ad adempimenti formali (quale è quello del consolidato, che richiede la compilazione del citato Quadro OP), in presenza dei seguenti elementi:

  • sussistenza dei requisiti sostanziali richiesti per l'appartenenza ad un dato regime opzionale;
  • pagamento della sanzione fissa e
  • compimento dell'adempimento omesso o errato entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile.         

La risposta ad interpello ora richiamata si apprezzava, già ai tempi della sua pubblicazione ed oggi ancor di più alla luce della più recente risposta n. 187 del 1° ottobre 2024, perché confermava il ricorso alla remissione in bonis quale strumento per sanare errori o carenze formali nei regimi opzionali e, soprattutto, faceva chiarezza circa le modalità con cui, in concreto e in relazione alla dichiarazione dei redditi, la remissio dovesse operare.

Tuttavia, già la risposta ad interpello n. 426/2021 s’inseriva in un contesto di prassi evidentemente incerto, atteso che l’Agenzia delle Entrate con altre risposte ad interpello, ovvero la n. 82/2019 e la n. 488/2019 (di pochi mesi successiva), aveva chiarito, rispettivamente: (i) che l'errore nell'opzione per il consolidato dovesse esser necessariamente ovviato attraverso la remissione in bonis e mai per mezzo di dichiarazioni integrative; (ii) che, contrariamente a quanto in precedenza chiarito, fosse possibile il ricorso alla dichiarazione integrativa quale strumento sanante l’errore nell’opzione per il consolidato nazionale (seppure inviata entro i successivi novanta giorni dal termine ordinario di legge per la presentazione).

Nella riposta n. 488, infatti, in termini decisamente generici ma puntuali, le Entrate, richiamando la Circolare n. 42/E del 2016, ribadivano che "anche la dichiarazione integrativa presentata, entro il medesimo termine di novanta giorni, per correggere errori od omissioni (…) si sostituisce a quella originaria”.

Non a caso, l’Assonime aveva attribuito una rilevanza “sistemica” alla risposta n. 488, dedicandovi una apposita Circolare (cfr. n. 27 del 13 dicembre 2019), e ritenendo che, sulla base di tale posizione dell’Agenzia:

i. “l’opzione per il consolidato può essere esercitata mediante la presentazione di una dichiarazione tardiva oppure attraverso una dichiarazione rettificativa presentata entro i termini previsti della dichiarazione tardiva”

ii. “deve concludersi, al di là di ogni altra considerazione, che nell’impostazione della risposta il comportamento tenuto dall’impresa non assumeva alcuna valenza dirimente: la dichiarazione tardiva è luogo idoneo ad esercitare l’opzione, a prescindere da ogni altro aspetto".

In buona sostanza, secondo l’Associazione fra le Società Italiane per Azioni, la risposta n. 488/2019 aveva stabilito, ai fini di correzioni di errori formali commessi in sede di adesione al regime del consolidato fiscale, un assoluto primato della dichiarazione tardiva/correttiva entro i termini, che rendeva del tutto ininfluente la condotta, e quindi i “comportamenti concludenti” assunti dal contribuente. Tutto poteva essere “fatto e disfatto”, insomma, per il tramite dello strumento dichiarativo.

Ebbene, la recente risposta n. 187 del primo ottobre 2024 più che assumere rilievo per il tema della revoca dall’opzione, sembra mettere in crisi alcune precedenti affermazioni della prassi, in particolare nella citata risposta n. 488 (soprattutto nella lettura e nelle implicazioni da essa tratte dall’Assonime). In tale contributo, infatti, le Entrate:

i. come si diceva, attribuiscono rilievo decisivo agli aspetti fattuali e, in particolare, all’indagine dei “comportamenti concludenti” posti in essere dal contribuente;

ii. stabiliscono che “l’opzione esercitata in dichiarazione non è modificabile tramite dichiarazione integrativa ex articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322” (recuperando l’ostilità allo strumento dichiarativo integrativo rispetto al consolidato fiscale, manifestata nel 2019 nella risposta n. 82, ma, a questo punto provvisoriamente, superata nella risposta n. 488 del medesimo anno).

Ecco, quindi, che questo ultimo arresto della prassi più che colpire l’interprete per il tema delle modalità di revoca della tassazione di gruppo, suscita interesse per le sue implicazioni di ordine generale circa i rimedi per correggere a sviste/errori formali (e, quindi, dichiarativi) relativi al consolidato fiscale.

Su questi aspetti è opportuno formulare alcune considerazioni d’ordine conclusivo.

Conclusioni: il ruolo di dichiarazioni integrative e “comportamenti concludenti” ai fini della sanatoria delle formalità relative al consolidato

Dovendo trarre le file dall’esame della prassi descritta nei precedenti paragrafi, sembra possibile sinteticamente affermare quanto segue.

Per quanto riguarda la revoca dell’opzione per il consolidato fiscale (ossia la tematica sulla quale è espressamente intervenuta la riposta ad interpello in commento, n. 187/2024), l’Amministrazione Finanziaria non sembra tout court contraria alla possibilità che detta revoca possa essere operata per il tramite della remissione in bonis. Tuttavia, affinché ciò possa legittimamente avvenire, occorrerà che la società revocante, che ha commesso errori od omissioni formali, sia in grado di dare provare di comportamenti concludenti a conferma delle proprie "intenzioni revocatorie”.

Per quanto concerne, invece, le modalità con cui, secondo la ultimissima prassi, deve e può in generale operare la remissio rispetto a vizi formali afferenti alla tassazione consolidata, parrebbero ricavabili i seguenti elementi:

  • la correzione di tali vizi formali non sembrerebbe mai potersi operare per il tramite di dichiarazioni integrative. In particolare, circa omissioni/errori in sede di opzione per il consolidato, le correzioni andranno apportate in linea con quanto indicato nella risposta ad interpello n. 426/2021 e, dunque, indicando l’opzione nella dichiarazione relativa all’esercizio successivo (x+1) rispetto a quello per il quale già si intendeva avviare la tassazione consolidata (x). In conseguenza di ciò:
  • il ricorso alla dichiarazione tardiva/rettificativa nei termini per sanare vizi formali in sede d’opzione, seppure “battezzato” dalla risposta ad interpello n. 488/2019 – ed ampiamente sostenuto da una fonte autorevole quale l’Assonime – resta in astratto possibile, ma in concreto più rarefatto dai contributi di prassi, più recenti, di cui al precedente punto che privilegiano una remissione in bonis esercitata nella dichiarazione dei redditi afferente all’esercizio successivo rispetto a quello da quale già si intendeva “consolidare” (senza necessità di presentare una nuova dichiarazione, in sostituzione di quella viziata).
  • Per l’Amministrazione appare sempre rilevante l’analisi dei “comportamenti concludenti” posti in essere dal contribuente, che deve dimostrare che la remissio è stata utilizzata per correggere una svista/errore formale che confligge con il comportamento sostanziale assunto dal medesimo (e non costituisce un ripensamento di una precedente scelta).

Guida all’approfondimento

A. Balbo di Vinadio, E. Moia, Esercizio dell’opzione per il consolidato: come sanare omissioni ed errori (a fronte di una prassi “criptica”)? , Milano, 2021, 35, p. 3344.

Circolare Assonime n. 27 del 13 dicembre 2019 con oggetto “L’esercizio dell’opzione per il consolidato fiscale mediante la c.d. dichiarazione tardiva”.

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