Accertamento del nesso causale nell’errore medico sanitario
15 Ottobre 2024
Tizio, accusando dolori persistenti alla schiena, si era rivolto al medico Caio che gli aveva diagnosticato un'ernia discale bilaterale, consigliandogli di sottoporsi ad intervento chirurgico presso di lui. L’intervento andò male, tanto che causò a Tizio un’invalidità del 100%, la conseguente perdita del posto di lavoro e una sindrome depressiva secondaria dovuta alle lesioni fisiche permanenti subite. Dunque, Tizio convenne in giudizio la struttura sanitaria presso cui si era operato, il medico che lo aveva operato e il suo collega che aveva aiutato nell’operazione. A seguito di consulenza tecnica - che riteneva non necessario l’intervento e, anzi, preferibile un trattamento non invasivo di tipo conservativo - il giudice accertò la responsabilità medica dei convenuti e li condannò al risarcimento danni. La Corte d’appello, invece, ribaltò la sentenza, considerando l’intervento eseguito idoneamente, attribuendo a cause imprevedibili le lesioni riscontrate dal paziente e valutando un alternativo trattamento conservativo inutile poiché non in grado di curare il paziente. Tizio impugnò la sentenza in Cassazione. La Cassazione ha accolto il ricorso e censurato la sentenza impugnata in ordine al percorso logico controfattuale operato dal giudice di secondo grado per accertare il nesso causale. Difatti, ha chiarito la Corte, nell'accertamento del nesso causale è fondamentale mettere in relazione la condotta alternativa lecita all'evento lamentato dal danneggiato e concretamente verificatosi, e non già rispetto ad un evento diverso. Se il danno di cui ci si lamenta è costituito dalla paralisi permanente, l'indagine causale va effettuata ponendo in relazione questo danno con la condotta alternativa lecita, ossia chiedendosi se tale danno fosse evitabile sostituendo la condotta posta in essere con una condotta alternativa. Al contrario, i giudici di appello hanno effettuato l'indagine controfattuale considerando quale evento l'inefficacia terapeutica del trattamento anziché il danno subito e, dunque, un evento diverso non lamentato dal ricorrente. Inoltre, la scelta del tipo di intervento medico da effettuare, se chirurgico o meno, non va valutata rispetto alla possibilità di guarigione, ma rispetto all'evento concretamente verificatosi di danno permanente subìto dal paziente. Quindi il giudizio controfattuale va effettuato chiedendosi se l'intervento conservativo, in luogo di quello chirurgico, avrebbe evitato o meno i danni permanenti al paziente, non se lo avrebbe curato dalla patologia. |