Il pignoramento delle quote sociali: forme e casi di contrasto sulla sua ammissibilità

16 Ottobre 2024

Chi vanta un credito nei confronti di un determinato soggetto può fargli sottrarre coattivamente determinati beni, al fine di ottenere il proprio soddisfacimento, mediante il procedimento dell'espropriazione forzata. Quest'ultima può riguardare anche le partecipazioni sociali del socio debitore, seppure con determinati limiti nel caso in cui si tratti di quote di società di persone.

L'espropriazione in generale e le diverse forme di pignoramento previste dal codice di procedura civile

La quasi totalità degli ordinamenti occidentali consente a ogni creditore, per il conseguimento di quanto gli spetta, di far espropriare coattivamente i beni del debitore e conseguentemente trasformarli in denaro per il soddisfacimento del proprio credito.

Ciò è quanto previsto anche dall'art. 2910 c.c. che statuisce: “Il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal Codice di procedura civile”.

La norma citata è coerente con l'art. 2740 c.c., in base al quale il debitore risponde, per l'adempimento delle proprie obbligazioni, con tutti i suoi beni presenti e futuri, secondo le legali limitazioni di responsabilità.

L'espropriazione forzata riguarda dunque tutto il patrimonio del debitore e ha il suo centro nel pignoramento, ossia l'ingiunzione dell'ufficiale giudiziario al debitore di astenersi da qualsiasi atto volto a sottrarre alla garanzia del credito i beni e i frutti che si assoggettano all'espropriazione.

Il codice di procedura civile prevede diverse forme di pignoramento: il pignoramento mobiliare presso il debitore, il pignoramento presso i terzi e il pignoramento immobiliare.

Il pignoramento mobiliare, disciplinato dall'art. 513 c.p.c., consiste nella ricerca, da parte dell'ufficiale giudiziario, dei beni da pignorare nella dimora abituale del debitore o della sua famiglia, o negli altri luoghi a lui appartenenti, oppure sulla persona del debitore stesso, nel rispetto della dignità e del decoro.

È bene sottolineare che non tutti i beni del debitore possono essere oggetto di pignoramento: il codice di procedura civile, infatti, contiene un elenco di una serie di beni che per il loro valore morale o professionale non possono assolutamente essere pignorati oppure lo possono essere ma solo parzialmente (ad esempio, non possono essere pignorate le sedie necessarie per consumare i pasti e l'anello nuziale).

Altra forma di pignoramento prevista dal codice di procedura civile, all'art. 543 c.p.c., è il pignoramento presso i terzi, che consiste nel pignoramento dei crediti che il debitore nutre verso terzi o di cose di proprietà del debitore che si trovano nel possesso di terzi.

In tal caso, possono essere oggetto di pignoramento tutti i crediti che il debitore ha nei confronti dei terzi, anche se risultano non esigibili, condizionati e perfino eventuali, purché siano riconducibili a un rapporto giuridico già esistente (Cass. 27 ottobre 2022, n. 31844).

Il pignoramento immobiliare, invece, consiste nel pignoramento dei beni immobili di proprietà del debitore e trova la sua disciplina nell'art. 555 c.p.c.

Il creditore può decidere di valersi cumulativamente dei vari mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge: può decidere di utilizzare allo stesso tempo più mezzi di espropriazione diversi (ad esempio pignoramenti presso terzi e immobiliari) oppure più mezzi di espropriazione omogenee (ad esempio diversi pignoramenti presso terzi).

In tal caso, poiché per procedere al pignoramento l'ufficiale giudiziario deve essere necessariamente munito del titolo esecutivo, e poiché quest'ultimo è unico, il creditore deve chiedere al giudice dell'esecuzione l'autorizzazione a depositare nel giudizio di esecuzione, anziché l'originale del titolo esecutivo, una sua copia autentica (Dario Gramaglia, Manuale breve diritto processuale civile, Milano, 2022, 533).

Il pignoramento delle quote sociali

Terminata questa breve ma necessaria disamina sui tipi codificati di pignoramento previsti dal nostro codice di procedura passiamo al tema del pignoramento delle quote sociali.

In questa sede porremo l'attenzione solo sul pignoramento di quote di società a responsabilità limitata e non anche sul pignoramento delle azioni di società per azioni, che non è espressamente previsto dalla legge e appare inquadrabile nell'ambito del pignoramento dei titoli di credito.

Il pignoramento delle quote di società a responsabilità limitata, a differenza dei mezzi di espropriazione sopra elencati, trova la sua disciplina nel codice civile.

L'articolo di riferimento è infatti il 2471 c.c., che prevede: “La partecipazione può formare oggetto di espropriazione. Il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese”.

Come si può notare, la norma non rinvia in modo specifico a nessuna delle procedure esecutive disciplinate dal codice di procedura civile. Dunque, ci si è dovuti interrogare su quale forma di pignoramento normata dalle nostre articolate regole procedurali debba essere seguita in questi casi.

Prima della riforma di diritto societario del 2003, che ha modificato l'art. 2471 c.c., sia la dottrina sia la giurisprudenza ritenevano fosse applicabile la disciplina del pignoramento presso i terzi.

Parte della dottrina affermava, infatti, che alla quota sociale si sarebbe dovuta riconoscere la natura di un diritto di credito. Altra parte della dottrina giungeva alla stessa conclusione, individuando nella quota sociale una situazione giuridica complessa, consistente nella titolarità del rapporto contrattuale che lega il socio alla società, e cioè in una pluralità di diritti e obblighi derivanti dal contratto sociale (G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli, Codice Civile commentato on line, 3).

Dal canto suo, la giurisprudenza affermava invece che la quota di una società a responsabilità limitata era, per sua natura, un bene immateriale assimilabile ai beni mobili di cui all'art. 812 c.c. E ciò perché, a differenza delle azioni di una società per azioni, la quota non è trasposta in un documento “fisico”, come il certificato azionario. Ciononostante, la stessa giurisprudenza individuava la forma di esecuzione su di una quota di società a responsabilità limitata nel pignoramento presso i terzi, essendo necessaria la collaborazione degli organi sociali ai fini dell'individuazione della quota sociale (Cass. 12 dicembre 1986, n. 7409).   

In seguito alla riforma di diritto societario del 2003 e alle modifiche apportate all'art. 2471 c.c., si considera invece superata la tesi per cui il pignoramento delle quote sociali debba seguire la disciplina dell'esecuzione presso i terzi. Questo perché il legislatore del 2003, nel riformare l'art. 2471 c.c., non ha espressamente richiamato la disciplina di cui agli artt. 543 ss. c.p.c., né ha previsto la necessità di fissare un'udienza per invitare la società a rendere la propria dichiarazione, come invece avviene nel caso del pignoramento presso terzi. Si tratta di elementi di non poca importanza che il legislatore avrebbe dovuto inserire nella norma se avesse voluto sottoporre il pignoramento della quota alle regole del pignoramento presso terzi (G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli, Codice Civile commentato on line, 4).

Tale interpretazione è stata anche affermata in giurisprudenza. In particolare, si è sostenuto che il creditore può reperire nel Registro delle Imprese tutte le informazioni necessarie all'esecuzione, senza necessità di fissare l'udienza ex art. 543 c.p.c. per ottenerle dall'organo sociale (Trib. Rimini 12 maggio 2016).     

Allo stato, quindi, in base all'opinione prevalente, il pignoramento delle quote sociali si esegue tramite una procedura ad hoc, del tutto nuova rispetto a quella dell'espropriazione presso i terzi. Essa prevede, innanzitutto, la notifica di un atto complesso, che deve contenere l'indicazione delle generalità del creditore e del debitore, il credito per cui si procede, il titolo esecutivo e il precetto, il valore nominale della quota oggetto di espropriazione, gli elementi di individuazione della società e, infine, l'ingiunzione dell'ufficiale giudiziario ex art. 492 c.p.c.

Tale atto deve essere notificato: (i) al debitore, per consentirgli il diritto di difesa, e (ii) alla società, che deve essere messa a corrente del procedimento esecutivo in corso, in considerazione degli effetti che la vendita coattiva della quota o la sua assegnazione della stessa producono verso la compagine societaria.

Successivamente, il pignoramento delle quote sociali dovrà essere iscritto ai sensi dell'art. 2471 c.c. nel Registro delle Imprese, a cura del creditore procedente, anche tramite l'ufficiale giudiziario.

Dal momento della notifica dell'atto di pignoramento al debitore inizia pertanto a decorrere il termine di quarantacinque giorni di cui all'art. 497 c.p.c., per il deposito, da parte del creditore, dell'istanza di vendita o di assegnazione della quota. Nel caso in cui venga proposta tale istanza, segue quindi la fissazione dell'udienza ex art. 530 c.p.c., per l'audizione delle parti e per eventuali opposizioni. All'esito dell'udienza, il giudice dell'esecuzione può disporre, con ordinanza, l'assegnazione al creditore della quota sociale, oppure la sua vendita.

L'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione dispone la vendita della partecipazione deve essere notificata dal creditore alla società. In tal modo, la società può invitare i soggetti graditi a partecipare alla vendita, ovvero individuare un terzo preferito da presentare all'organo esecutivo per sostituire l'aggiudicatario, nel caso in cui sussistano dei limiti statutari al trasferimento della partecipazione.

La vendita può avvenire tramite commissionario, ai sensi dell'art. 532 c.p.c., oppure all'incanto. Trova applicazione la vendita all'incanto nel caso in cui esistano vincoli alla trasferibilità delle partecipazioni e laddove non venga raggiunto alcun accordo tra il creditore, il debitore e la società sulle modalità di vendita della partecipazione. Il tentativo di raggiungere un eventuale accordo tra le parti è ritenuto, da una parte della dottrina, un passaggio necessario alla vendita, e si ritiene che debba avere a oggetto le modalità di attuazione della vendita e l'individuazione dell'acquirente.

La vendita all'incanto perde però la propria efficacia qualora, entro dieci giorni dall'aggiudicazione, la società presenti un altro soggetto disposto ad acquistare la quota allo stesso prezzo pagato dall'aggiudicatario. Tale disposizione è certamente volta a conciliare due diversi interessi in gioco: da un lato quello del creditore a ottenere il proprio soddisfacimento sulla quota sociale, dall'altro quello della società di evitare l'ingresso nella stessa di soggetti non graditi (G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli, Codice Civile commentato on line, 5 e 69).       

I casi di contrasto sull'ammissibilità del pignoramento delle quote sociali

Il pignoramento delle quote sociali può certamente riguardare le quote di una società a responsabilità limitata. In tal caso, oltre alla quota di partecipazione del socio, possono essere pignorati anche gli utili stessi.

Non è altrettanto pacifico se il pignoramento delle quote sociali possa avere a oggetto le quote delle società di persone.

Il dubbio sulla pignorabilità o meno delle quote delle società di persone sorge soprattutto per l'esigenza di rispettare il principio dell'intuitus personae, che caratterizza la partecipazione alla compagine societaria nelle società di persone. L'intuitus personae consiste infatti nella essenzialità delle caratteristiche personali dei soci, che hanno rilievo, in primis, alla costituzione della società e poi anche in tutte le eventuali modifiche che vengono apportate all'atto costitutivo.

Il pignoramento delle quote personali si porrebbe, pertanto, in conflitto con tale principio, in quanto, tramite l'assegnazione o la vendita, si verificherebbe la sostituzione del creditore procedente o di un terzo soggetto al socio originario.

Ancora, l'espropriazione della quota di una società di persone darebbe luogo a un mutamento coattivo della compagine societaria, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 2252 c.c., in base al quale, salvo diverso accordo, il contratto sociale può essere modificato esclusivamente con il consenso di tutti i soci (L.P. Comoglio e R. Vaccarella con la collaborazione di M.C. Giorgetti, G. Finocchiaro, A. Scala, Codice di Procedura Civile commentato on line, 12).

Nel tempo, vi sono state diverse pronunce giurisprudenziali che si sono espresse contro il pignoramento delle quote nelle società di persone. In particolare, la giurisprudenza di merito, ormai consolidata, afferma che i creditori particolari del socio non possono pignorare le quote sociali finché la società di persone è in vita. Ciò comporterebbe infatti la modificazione coattiva del rapporto sociale, con la sostituzione del creditore procedente o di un terzo al socio esecutato, incompatibile con i caratteri personalistici di tale tipologia societaria (Trib. Rimini, 12 maggio 2016, Trib. Roma, 17 maggio 2004, App. Milano, 23 marzo 1999).

A sostegno dell'espropriazione forzata delle quote di società di persone vi è, invece, l'argomentazione per cui l'art. 2252 c.c. prevede la possibilità che possa essere modificato il contratto sociale anche senza il consenso unanime dei soci, purché vi sia tra questi un diverso accordo. Conseguentemente, non sussisterebbe un divieto assoluto di espropriazione coattiva della quota sociale (L.P. Comoglio e R. Vaccarella con la collaborazione di M.C. Giorgetti, G. Finocchiaro, A. Scala, Codice di Procedura Civile commentato on line, 12 e 13).

Pertanto, sarebbe ammissibile il pignoramento delle quote delle società di persone, anche prima dello scioglimento della stessa, nel caso in cui l'atto costitutivo preveda la loro libera trasferibilità con il solo consenso del cedente e del cessionario, salvo il diritto di prelazione in favore degli altri soci (Cass. 7 novembre 2002, n. 15605).

Ma ancora, recentemente, il Tribunale di Chieti ha addirittura affermato che la quota delle società di persone può essere oggetto di pignoramento dei creditori particolari del socio, prima dello scioglimento della società e del rapporto sociale stesso, anche quando è possibile la trasferibilità della quota ma è limitata dalla presenza del diritto di prelazione in favore degli altri soci.

Questo perché il diritto di prelazione in favore degli altri soci va solo a limitare le possibilità di scelta dell'aspirante socio, ma non va certamente a incidere sul potere di uscita del socio dalla società di persone. I soci titolari del diritto di prelazione, infatti, possono offrire un preventivo giudizio di compatibilità delle attitudini personali del cessionario, tenendo conto degli interessi del gruppo, ma non possono impedire la cedibilità della quota, e dunque l'uscita del cedente dalla società, anche nel caso in cui la sua partecipazione all'interno della società sia di fondamentale rilevanza e a prescindere dei motivi che possano averla determinata, i quali non possono essere per nessuna ragione sindacati (Trib. Chieti, 6 luglio 2018, n. 92).

Alla luce di quanto esposto, anche le quote di società di persone appaiono pignorabili, seppure con determinati limiti. Infatti, per addivenire a tale espropriazione è necessario che l'atto costitutivo della società preveda la possibilità che le quote sociali possano essere trasferite con il solo consenso del socio alienante e del terzo acquirente.

Ciò porta gli autori a soffermarsi sul seguente possibile caso: nell'atto costituivo di una società di persone è originariamente prevista la possibilità del trasferimento delle quote sociali con il solo consenso del socio alienante e del terzo acquirente.

Poniamo che uno dei soci, consapevole dei propri debiti e del rischio di subire un procedimento esecutivo, e d'accordo con gli altri soci, modifichi lo statuto, prevedendo per la trasferibilità delle quote sociali il consenso unanime dei soci.

Ci si chiede se contro tale atto possa essere esercitata l'azione revocatoria ordinaria da parte del creditore. L'azione revocatoria ordinaria consentirebbe infatti al creditore di agire in giudizio chiedendo che venga dichiarata inefficace la modifica dello statuto volta a ostacolare l'avvio dell'esecuzione forzata.

Ricordiamo che tale azione è esercitabile dal creditore solo con: (i) l'esistenza di un credito nei confronti del debitore; (ii) l'eventus damni, ossia la lesione che l'atto del debitore comporta alle ragioni del creditore e (iii) la scientia damni, e cioè la consapevolezza del debitore di arrecare un pregiudizio agli interessi del creditore.

Nel caso prospettato dagli autori sembrerebbero sussistere i suddetti presupposti. Infatti, l'atto ipotizzato andrebbe certamente a ledere gli interessi del creditore, impedendogli di fatto di procedere al pignoramento delle quote sociali e chiaramente tale atto verrebbe posto in essere dal debitore con la consapevolezza di arrecare un pregiudizio al creditore, essendo a conoscenza del credito di quest'ultimo.

Sembrerebbe, pertanto, esperibile l'azione revocatoria ordinaria da parte del creditore procedente ma, probabilmente, dato che si tratta di un atto che ha effetto anche nei confronti di terzi (gli altri soci), dovrebbe essere provata la scientia damni degli altri soci che hanno contribuito all'atto eventualmente revocabile.

Considerazioni conclusive

L'esecuzione forzata può dunque riguardare anche le partecipazioni sociali. Nel caso delle società a responsabilità limitata, è sempre possibile addivenire al pignoramento delle quote sociali. Nel caso delle società di persone appare possibile, anche prima dello scioglimento della stessa, solo se l'atto costitutivo preveda la libera trasferibilità delle quote con il solo consenso del cedente e del cessionario e sempre che il cedente non decida di compiere un atto dispositivo nei confronti del cessionario, modificando l'atto costitutivo della società e prevedendo per la trasferibilità delle quote sociali il consenso unanime dei soci. In tal caso i tempi per addivenire al soddisfacimento del credito si allungherebbero, dovendo il creditore anche agire in giudizio al fine di far dichiarare inefficacie nei suoi confronti l'atto dispositivo del debitore.   

Appare chiaro come la società di persone offra maggiori garanzie al debitore di protezione della propria partecipazione in caso di esecuzione forzata.     

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