Azione diretta contro l’impresa di assicurazione in RC sanitaria: criticità operative in assenza di un'efficace regolazione intertemporale

23 Ottobre 2024

Il contributo, partendo dal recentissimo provvedimento Trib. Milano, sez. I, 26 agosto 2024, in tema di azione diretta contro la compagnia assicurativa della struttura sanitaria, delinea il quadro della situazione post Decreto attuativo della legge Gelli Bianco e le conseguenze che discenderebbero dalla chiamata in causa diretta delle assicurazioni, nonostante il regime transitorio di 24 mesi per adeguare le polizze alla Legge Gelli Bianco

Premessa

Il provvedimento Trib. Milano, sez. I, 26 agosto 2024 riguarda il caso di una vittima di un presunto errore sanitario che proponeva azione civile di risarcimento del danno avanti al Tribunale di Milano nei confronti della struttura ospedaliera e della sua impresa di assicurazione, evocandoli avanti al giudice nel procedimento per ATP ex art. 696-bis c.p.c. 

Resisteva preliminarmente l'impresa di assicurazione eccependo la carenza di legittimazione attiva della parte istante in ragione della non operatività della così detta azione diretta prevista ai sensi dell'art. 12, l. n. 24/2017 (cd “Legge Gelli-Bianco”), alla luce delle disposizioni transitorie disposte dall'art. 18, D.M. n. 232/2023 che concede il termine di 24 mesi per l'adeguamento delle polizze assicurative in essere e che, per tale ragione, la polizza stipulata antecedentemente alla disciplina obbligatoria appena introdotta non prevedesse le condizioni contrattuali minime introdotte con il recente provvedimento attuativo dell'art. 10 della Legge Gelli.

Chiamato dunque a decidere sull'eccezione preliminare di carenza di legittimazione passiva e di inammissibilità dell'azione contro l'impresa assicurativa resistente, il Giudice istruttore del Tribunale di Milano è chiamato in buona sintesi ad affrontare la questione dell'applicabilità immediata della norma processuale (secondo il principio tempus regict actum) a tutte le controversie sorte successivamente al 16 marzo 2024 (data di entrata in vigore del D.M. n. 232/2023), ovvero se, alla luce della efficacia “sostanziale” delle nuove condizioni contrattuali minime e del nuovo regime delle eccezioni opponibili al terzo danneggiato alla luce di quanto previsto dall'art. 8 dello stesso D.M., disporre l'estromissione della impresa di assicurazione evocata dal danneggiato.

La questione ha oggi una assoluta rilevanza perché si scontrano due possibili valutazioni giuridiche che aprono scenari diametralmente opposti ed inconciliabili.

Da una parte, un'interpretazione sistematica e lineare delle norme – tra legge delega ed attuative – porterebbe il giudice a ritenere che la disposizione sull'azione diretta abbia una valenza strettamente processuale e che il tenore letterale dell'art. 12, comma 6, l. n. 24/2017  («Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6 dell’articolo 10 con il quale sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie»), non prevedendo deroghe ed eccezioni, abbia posto la norma in una condizione di immediata cogenza.

Dall'altra parte, vi è chi ritiene che il concerto delle disposizioni contenute nella legge (artt. 10 e 12) e nella normazione secondaria (artt. 8 e 18 del D.M. n. 232/2023) abbiano una rilevante influenza sostanziale sul regime delle coperture assicurative in essere (di fatto aggiungendo regimi minimi precedentemente non contemplati) e, soprattutto, su quello delle eccezioni opponibili al terzo danneggiato che, in precedenza, non conoscevano limiti di sorta nella struttura della domanda di manleva che l'assicurato esercitava verso il proprio garante; pertanto, tale domanda era limitata al perimetro di quanto espressamente contenuto nel patto liberamente negoziato.

La prima ipotesi interpretativa porterebbe ad una indistinta convocazione in giudizio delle imprese di assicurazione di aziende sanitarie ed operatori liberi professionisti, a prescindere dalle condizioni contrattuali in essere che inevitabilmente saranno difformi dal regime obbligatorio ora introdotto, con ciò generando presumibilmente conflitti endoprocessuali paralleli alla domanda principale, che potranno portare alla negazione della copertura assicurativa nonostante la predicabilità dell'azione diretta.

La seconda soluzione, esperibilità dell'azione diretta solo per le polizze emanate dopo l'entrata in vigore del decreto e quindi soggette al regime minimo obbligatorio, appare più logica sul piano sostanziale, vista la tassativa indicazione e regolazione delle eccezioni opponibili ex art. 8, D.M. n. 232/2023, ma meno legata al tenore letterale della clausola di validità temporale posta dell'art. 12, comma 6, l. n. 24/2017.

Insomma, un intoppo normativo che sconta la mancata regolazione legislativa del regime temporale, non tanto legata ai tempi di adeguamento delle nuove polizze, bensì al disallineamento fra tempo della entrata in vigore dell'art. 12 e regolazione delle altre fasi accessorie del processo, fra le quali, in ogni ipotesi eccezionale di azione diretta, quella del regime delle eccezioni opponibili appare strumentale alla linearità del rito.

Le diverse soluzioni giuridiche

Il provvedimento Trib. Milano, sez. I, 26 agosto 2024 è una delle prime decisioni, a livello nazionale, resa in tema di predicabilità dell'azione diretta appena introdotta nel nostro ordinamento dal coacervo dell'art. 12, l. n. 24/2017 (cd “Legge Gelli”) e della disciplina regolatrice entrata in vigore lo scorso 16 marzo 2024 (D.M. n. 232/2023).

La questione si porrà, presumibilmente, in tutti i procedimenti chiamati a dirimere controversie in tema di responsabilità sanitaria con citazione in giudizio dell'azienda ospedaliera o del medico libero professionista.

Assai opportuno è quindi l'esercizio di analizzare le prime importanti decisioni ordinatorie rese sul tema e trarne spunto di riflessione alla luce dei passaggi motivi delle stesse, che portano, come si vedrà, ad approdi anche diametralmente opposti.

Il Tribunale di Milano, chiamato a dirimere la riferita questione, opta per l'interpretazione letterale della legge, ritenendo infatti che l'azione diretta del danneggiato in ambito di responsabilità sanitaria, come disciplinata dalla all'art. 12, comma 6, l. n. 24/2017, in base al quale le disposizioni ivi contenute «si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6 dell'art. 10 con il quale sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie, possa considerarsi allo stato operativa atteso che il decreto ministeriale menzionato nella norma risulta pubblicato in data 1 marzo 2024 (n. 232/2023) in esso essendo ricompresi proprio i requisiti minimi delle polizze assicurative come previsti dall'art. 10, comma 6 legge 24/2017 quale presupposto per l'azione diretta del danneggiato nei confronti della compagnia assicuratrice».

Il Tribunale di Milano ritiene poi che «la norma richiamata condiziona testualmente l'operatività della azione diretta alla entrata in vigore del decreto, quale presupposto processuale, e non fa riferimento alla necessità, sostanziale, dell'avvenuto previo adeguamento delle condizioni contrattuali, restando per il vero questo ambito confinato al merito (ove potrà essere esaminato compiutamente il tema delle eccezioni opponibili anche in relazione a contratti stipulati anteriormente alla entrata in vigore del decreto)».

Per altro, osserva il Tribunale, «l'opportunità della partecipazione alla fase di accertamento tecnico preventivo delle compagnie di assicurazione è evidente, indipendentemente dalla valutazione in ordine alla capienza della sola resistente principale in regime di SIR».

Del resto, va tenuto in considerazione, l'art. 8 della Legge Gelli prevede una speciale disciplina per la conduzione procedurale dell'accertamento tecnico preventivo, disponendo che «la partecipazione al procedimento di consulenza tecnica preventiva di cui al presente articolo, effettuato secondo il disposto dell'articolo 15 della presente legge, è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all'articolo 10, che hanno l'obbligo di formulare l'offerta di risarcimento del danno ovvero comunicare i motivi per cui ritengono di non formularla».

La presenza obbligatoria dell'impresa di assicurazione (che, si badi bene, non corrisponde ad un conforme obbligo di partecipazione al giudizio di merito, essendo questa una mera facoltà dell'attore) determina un doppio piano processuale distinto fra lo strumento di ADR obbligatorio e l'eventuale giudizio ordinario in ipotesi di mancata conciliazione, al punto che l'impresa di assicurazione quando non abbia formulato l'offerta di risarcimento nell'ambito del solo procedimento di consulenza tecnica preventiva, è soggetta alla segnalazione all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) «per gli adempimenti di propria competenza», mentre, in caso di mancata partecipazione alla procedura di ATP, il giudice «con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall'esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione».

Anche per questa ragione, appare dunque, come si dirà nelle nostre conclusioni, come la previsione di un doppio livello di vincolatività dell'azione contro l'impresa di assicurazione voluta dalla legge quadro del 2017, ponga le basi per una distinta valutazione anche delle regole di partecipazione diretta dell'impresa a seconda che sia evocata in un giudizio per ATP ovvero in un procedimento ordinario.

Resta da dire che, in linea con quanto deciso dal Tribunale di Milano nel provvedimento in commento, hanno preso posizione in modo analogo altri due giudici, sulla scorta delle medesime motivazioni legate al “principio tempus regit actum” (Trib. Cagliari, ord., 30 luglio 2024) e perché «l'emanazione del D.M. n. 232/2023 appare ad una prima valutazione condizionare l'effettiva entrata in vigore dell'art. 12, l. n. 24/2017, senza che possa assumere una influenza decisiva in proposito la previsione di cui all'art. 18 del DM, nella parte ci cui concede agli assicuratori un termine ulteriore per l'adeguamento dei contratti assicurativi» (Trib. Milano, ord., 10 settembre 2024).

Di segno esattamente opposto è l'ordinanza resa dal Tribunale di Bergamo in data 9 ottobre 2024 (RGn. 4619/24) nella quale il GU, decretando l'estromissione della compagnia di assicurazione da una procedura ex art. 696-bis c.p.c., ha ritenuto che «la stipula di nuove polizze assicurative o l'adeguamento delle preesistenti al regolamento stesso non può dunque ritenersi un fatto secondario rispetto all'assetto organizzativo delineato dalla normativa in questione, ma è elemento fondamentale per l'attuazione di esso. Tanto più laddove una quota del rischio sia condotta in autoritenzione».

Certamente, dunque, per il giudice bergamasco, la disciplina speciale introdotta con l'art. 12, l. n. 24/2017 non può essere ritenuta norma di natura meramente processuale.

Non può non essere condiviso, a riguardo ai presupposti di esperibilità dell'azione diretta contro l'impresa di assicurazione dell'assunto responsabile, il passaggio per il quale «nell'ambito dunque di tale contesto, l'esistenza di contratti assicurativi stipulati dalle strutture o dagli operatori sociosanitari precedentemente alle indicazioni di cui alla decretazione attuativa non può ritenersi ex se idonea ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi proposti dalla normativa citata, tanto più laddove la compagnia assicuratrice dichiari che la polizza non è ancora adeguata ai requisiti di cui alla decretazione attuativa».

Su una posizione intermedia, infine, si pone il Tribunale di Bologna (ord. 14 ottobre 2024, Dott.ssa Matteucci) il quale, chiamato ad analoga decisione, ha ritenuto che l'art. 8 del DM 232/23, che disciplina le eccezioni opponibili al terzo danneggiato attore in azione diretta, consista in verità in una «norma sostanziale che non risulta applicabile retroattivamente, anche perché poggiante sulla sottoscrizione di apposita clausola contrattuale; anche per tale ragione pare di potere escludere la automatica e meccanica configurabilità di azione diretta a far tempo dal 1° marzo 2024 (tanto più che lo stesso D.M. prevede all'articolo 18 un regime transitorio in forza del quale le Compagnie hanno a disposizione un periodo di 24 mesi per adeguare i contratti alla nuova disciplina; ipotizzare la immediata azione diretta farebbe gravare rischiosamente sulle Compagnie nuovi ed enormi oneri non supportati finanziariamente, con conseguente ricaduta negativa sull'intero sistema assicurativo e quindi sul complessivo sistema economico)».

Tuttavia il Tribunale di Bologna ritiene che «si potrebbe anche ammetterela citazione diretta, quantomeno in questa sede ex art. 696-bis c.p.c. finalizzata a esiti conciliativi (demandando alle cause di merito, e al consolidarsi di orientamenti in un senso piuttosto che nell'altro, una definitiva e stabilizzata presa di posizione), facendo applicazione dei principi dettati dal Tribunale di Milano, Giudice dott.ssa Boroni, mediante l'ordinanza 26 agosto 2024 pronunciata nell'ambito del procedimento ex art. 696-bis c.p.c.».

Annotazioni critiche

Vi è chi ritiene che la diretta aggredibilità delle compagnie assicurative, secondo un modello di azione che replicherebbe lo schema della RC auto, finirà per allontanarle ulteriormente dal mercato: ciò in quanto l'azione diretta aggraverebbe la posizione dell'assicuratore (che si troverebbe direttamente esposto alle pretese - anche giudiziali  - dei terzi, con applicazione del regime della non opponibilità delle eccezioni contrattuali) e che si stimolerebbe così una litigiosità che sarebbe “agevolata” dalla possibilità di agire frontalmente verso l'impresa assicurativa, quale tasca capiente (tenuta inoltre a trattare le posizioni liquidative con rigore e rispetto delle legittime aspettative dei pazienti ad una gestione  della pratica corretta e celere).

Invero, va detto innanzitutto che, nel sistema odierno della nuova assicurazione obbligatoria sanitaria, ciò che manca, anche nello schema del decreto attuativo, è la previsione di una vera e propria procedura liquidativa che – ritagliata sulle specifiche problematiche istruttorie della RC sanitaria - regoli gli obblighi di cooperazione tra le parti al fine di consentire all'impresa di addivenire ad una congrua offerta o ad un motivato rigetto entro un determinato lasso di tempo.

Se l'intenzione era quella di attingere al sistema della RCA obbligatoria (collaudato da decenni di normazione e di interpretazione giurisprudenziale delle regole) sarebbe stato opportuno introdurre, prima della condizione di procedibilità della domanda, una condizione di proponibilità assolta attraverso l'adempimento, da parte del danneggiato, di una serie di obblighi, anche istruttori, idonei a consentire la formulazione di una congrua offerta o di un motivato rigetto da parte dell'impresa assicurativa (o della struttura, se in autoritenzione).

Ciò premesso, la l. n. 24/2017 ha ideato la facoltà di agire in giudizio contro l'impresa di assicurazione come un meccanismo idoneo ad agevolare certamente la vittima, che potrà agire verso un soggetto patrimonialmente capiente, ma anche di consentire alle imprese di assicurazione di gestire compiutamente i sinistri, come avviene nell'RCA, con regole di “ingaggio” con la vittima chiare e lineari tenendo a mente che, a differenza del mondo auto, le coperture assicurative in sanità presentano molte limitazioni (che oggi sono eccezioni opponibili ex art. 8, D.M. n. 232/2023) e peculiarità che pure devono essere linearmente gestibili nel contraddittorio del processo.

La ratio della l. n. 24/2017, insomma, era quella di agevolare l'incontro fra danneggiato ed impresa di assicurazione nel quadro delle regolazioni peculiari delle coperture assicurative sanitarie, per le quali è stato introdotto un elenco di condizioni minime garantite che devono regolare sempre la matrice della esposizione della impresa verso l'attore.

Si vuol dire che se – come pare a proposito della difficile interpretazione della esperibilità oggi dell'azione diretta – il perimetro delle regole fra assicuratore, assicurato e danneggiato non risultasse lineare, si verrebbero a creare delle complessità procedurali che, invece che agevolare le transazioni, le renderebbero ancor più complicate, con perdita di una delle ispirazioni stesse della l. n. 24/2017.

Il caso in esame serve a chiarire il nostro pensiero.

Il tribunale di Milano, come detto, ha ritenuto sussistente l'azione diretta per qualunque fatto e qualunque sia la data di emissione della polizza coinvolta sul presupposto che le disposizioni  contenute nell'art.12, l. n. 24/2017 «si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6 dell'art. 10 con il quale sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie e che la disposizione possa considerarsi allo stato operativa atteso che il decreto ministeriale menzionato nella norma risulta pubblicato in data 1 marzo 2024 (n. 232/2023) in esso essendo ricompresi proprio i requisiti minimi delle polizze assicurative come previsti dall'art. 10, comma 6 l. n. 24/2017 quale presupposto per l'azione diretta del danneggiato nei confronti della compagnia assicuratrice».

Questo passaggio, che costituisce l'impianto della decisione, non appare pienamente lineare in quanto la decorrenza del 16 marzo 2024 riguarda prima di tutto il lasso di tempo a decorrere dal quale le imprese di assicurazione dovranno adeguare al nuovo regime contrattuale le polizze preesistenti, ovviamente solo ove le stesse vadano a scadenza nel termine ultimo di adeguamento previsto a 24 mesi.

Qualcuno potrebbe persino sostenere che – nel mancato coordinamento del regime temporale discendente dal concerto dell'art. 12 comma 6, l. n. 24/2017 e dell'art. 18 del DM attuativo – si possa parlare persino di piena entrata in vigore dell'obbligo assicurativo solo trascorsi i 24 mesi di “mora”, vale a dire dal 16 marzo 2026.

Solo dopo tale data, infatti, l'obbligo assicurativo sarà pienamente cogente, al punto che il giudice potrà interpretare il regime contrattuale emendandolo alla luce delle disposizioni che per allora saranno vincolanti per ogni polizza in essere o di nuova emissione.

L'unica disposizione ad oggi veramente cogente ed imperativa, con riguardo alla conformità del regime minimo obbligatorio, è dalla legge riferita ai contratti che avranno una durata superiore ai 24 mesi, per i quali scatterà l'obbligo di adeguamento automatico (valido anche in assenza di un testo di polizza sottoscritto fra le parti) “in conformità ai requisiti minimi” (art. 18, comma 2, D.M. n. 232/2023).

Il disallineamento è anche di natura attuariale e di razionalità del rapporto sinallagmatico che ha retto il precedente contratto.

Quei contratti (stipulati prima del 16 marzo di quest'anno e pienamente validi ed efficaci per legge sino alla loro naturale scadenza a patto che la stessa non superi la data del 15 marzo 2026) contengono infatti, il più delle volte, limitazioni di garanzia che, legittimamente stabilite al tempo della loro stipula (in mancanza del DM), hanno certamente influito sulla (minor) quotazione del premio: il che dovrebbe, razionalmente, far salva la possibilità di continuare ad opporle al danneggiato, anche se non espressamente “sottoscritte” dall'assicurato né comunque conformi a quanto oggi è stato stabilito dall'art. 8 del D.M. n. 232/2023.

In conclusione

Il Tribunale di Milano ritiene poi che «la norma richiamata [art. 12, comma 6, l n. 24/2017, ndr] condiziona testualmente l'operatività della azione diretta alla entrata in vigore del decreto, quale presupposto processuale, e non fa riferimento alla necessità, sostanziale, dell'avvenuto previo adeguamento delle condizioni contrattuali, restando per il vero questo ambito confinato al merito (ove potrà essere esaminato compiutamente il tema delle eccezioni opponibili anche in relazione a contratti stipulati anteriormente alla entrata in vigore del decreto)».

Ci sia sul punto consentita una doppia considerazione

La prima considerazione è che palesemente l'intero corpo normativo (legge e decreto attuativo) ha una rilevantissima funzione sostanziale (come correttamente rammentato dall'estensore dell'ordinanza del Tribunale di Bergamo sopra citata), atteso che l'obbligo assicurativo (per le aziende sanitarie prima inesistente) sorge con la norma stessa e che tutte le condizioni minime divenute obbligatorie impattano in modo più che sostanziale sulla natura e sulle regolazioni economiche che sono a base di un qualunque contratto assicurativo (alea contro premio assicurativo).

Sostenere che la norma abbia solo valenza processuale equivale, a nostro giudizio, ad estrarla dal contesto disciplinare (del tutto sostanziale) che regola il rapporto binario assicurato/assicuratore e che diventa, con lo strumento dell'azione diretta, trilaterale, con l'aggiunta della figura del danneggiato.

Non esiste – a ben vedere – un regime esclusivamente processuale, legato alla facoltà di agire contro l'assicuratore del responsabile, che possa essere estratto dalla disciplina sostanziale, che regola i requisiti minimi di legge (ad esempio i massimali, ex art. 4, D.M. n. 232/2023) e le eccezioni opponibili o non opponibili alla parte istante (art. 8, D.M. n. 232/2023).

In un giudizio radicato contro una azienda sanitaria, ad esempio, potrà l'assicuratore opporre al danneggiato un massimale di polizza largamente inferiore (ad esempio € 1 milione) a quello minimo di legge e che non preveda il limite annuo cumulativo (€ 15 milioni per le strutture che svolgano attività chirurgica) in quanto previsto da una polizza contratta prima del 16 marzo e quindi all'epoca perfettamente legittima?

Ecco che i due piani, quello sostanziale e quello processuale, si allineano e si completano nella prassi pressoché quotidiana, atteso che la maggior parte delle polizze ad oggi in essere non è allineata ai nuovi regimi minimi obbligatori.

La seconda considerazione circa il passaggio centrale della ordinanza in commento, è su quello che appare un “rinvio” della questione al merito del giudizio che potrà aver seguito esaurita la fase dell'accertamento tecnico preventivo.

Il Tribunale di Milano, in effetti, ha piena contezza della questione circa l'opponibilità al danneggiato di eccezioni contrattuali regolate da polizze contratte antecedentemente all'obbligo, ma ritiene che la stessa potrà essere valutata nell'eventuale giudizio di merito «ove potrà essere esaminato compiutamente il tema delle eccezioni opponibili anche in relazione a contratti stipulati anteriormente alla entrata in vigore del decreto».

Questa può essere una chiave di lettura della decisione in commento (analoga alla riflessione compiuta dal Tribunale di Bologna nell'ordinanza pure più sopra citata), specie se si considera la successiva locuzione per la quale «l'opportunità della partecipazione alla fase di accertamento tecnico preventivo delle compagnie di assicurazione è evidente, indipendentemente dalla valutazione in ordine alla capienza della sola resistente principale in regime di SIR».

La fase del procedimento per ATP svolge, infatti, un ruolo facilitativo alla conciliazione fra le parti, ove la presenza dell'assicuratore (che sia tenuto a dare capienza finanziaria, nei limiti di polizza, al rischio assicurato) costituisce spesso elemento prodromico alla intesa transattiva, potendo lo stesso attivamente partecipare alle fasi di indagine peritale e di discussione circa le possibili soluzioni.

Questione distinta, ed in effetti solo rinviata dalla decisione del Tribunale, sarà quella di ammettere l'azione diretta anche nel giudizio ordinario, quando l'assicurato sia garantito da una polizza contratta in assenza dei vincoli obbligatori oggi introdotti dalla normazione di attuazione dell'art. 10 l. n. 24/2017.

Una facoltà di tale genere, concessa in modo indiscriminato, a nostro modo di vedere stravolgerebbe il sistema di regolazione delle coperture assicurative anche in ottica processuale, accelerando, con distonie e criticità insolubili, uno scenario non regolato dalla legge nella fase transitoria, con la conseguente rottura dell'equilibrio tra il nuovo sistema dell'assicurazione obbligatoria e quello delle regole legittimamente generate dal mercato nella vita antecedente l'obbligo.

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