Pubblico impiego contrattualizzato: presupposti e condizioni per il compenso del lavoro straordinario

30 Ottobre 2024

La sentenza della Suprema Corte offre l'occasione di ripercorrere i presupposti e le condizioni per il riconoscimento della remunerazione per prestazioni straordinarie nel rapporto di lavoro di pubblico impiego in cui alle norme di legge e di contratto collettivo si aggiungono le previsioni pubblicistiche territoriali e nazionali relative al rispetto dei vincoli di bilancio della spesa pubblica.

La massima

In tema di pubblico impiego privatizzato, il disposto dell'art. 2126 c.c. non si pone in contrasto con le previsioni della contrattazione collettiva che prevedano autorizzazioni o con le regole normative sui vincoli di spesa, ma è integrativo di esse nel senso che, quando una prestazione, come quella di lavoro straordinario, sia stata svolta in modo coerente con la volontà del datore di lavoro o comunque di chi abbia il potere di conformare la stessa, essa va remunerata a prescindere dalla validità della richiesta o del rispetto delle regole sulla spesa pubblica, prevalendo la necessità di attribuire il corrispettivo al dipendente, in linea con il disposto dell'art. 36 Cost.

Il caso

La domanda di pagamento della retribuzione per lavoro straordinario nel pubblico impiego privatizzato

Un infermiere otteneva decreto ingiuntivo nei confronti di una Azienda Sanitaria Provinciale, sua datrice di lavoro, per il pagamento di retribuzione straordinaria per prestazioni rese nel servizio “dialisi estiva” nell'anno 2013, che l'ente aveva riconosciuto negli anni antecedenti e successivi.

La Corte d'Appello di Reggio Calabria, riformando la pronuncia del Tribunale di primo grado che aveva respinto l'opposizione al decreto ingiuntivo, disattendeva la domanda monitoria, revocando il decreto ingiuntivo e ritenendo che la vicenda non fosse regolata dal CCNL richiamato dal ricorrente, in quanto riguardante il personale dirigente, ma dal d.l. n. 402/2001, conv., con modif., in l. n. 1/2002, poi recepito dal CCNL 2008/2009 del comparto sanità, le cui norme prevedono la necessità di autorizzazione regionale, il ricorrere di certe condizioni soggettive e la contrattazione della tariffa, tutte circostanze la cui sussistenza non era stata allegata dal lavoratore. Inoltre, l'Azienda Sanitaria aveva ridotto il servizio e gli impegni di spesa per rispettare i vincoli di bilancio.

Contro la sentenza della Corte d'Appello il lavoratore proponeva ricorso per cassazione.

La questione

Presupposti e i requisiti per il riconoscimento della retribuzione per il lavoro straordinario nel rapporto di pubblico impiego privatizzato.

Si tratta di valutare quali siano i presupposti e i requisiti per il riconoscimento della retribuzione per il lavoro straordinario nel rapporto di pubblico impiego privatizzato, caratterizzato da peculiari presupposti e requisiti di natura pubblicistica.

La soluzione giuridica e osservazioni

Deve essere riconosciuta la retribuzione per lavoro in orario straordinario se autorizzata e svolta in modo coerente con la volontà del datore di lavoro pubblico a prescindere dalla validità della richiesta o del rispetto delle regole sulla spesa pubblica. L'autorizzazione deve essere espressa e, in presenza di alcune condizioni, può essere tacita.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore rinviando alla Corte d'Appello di Reggio Calabria che dovrà verificare l'esistenza del credito retributivo in ragione del superamento del debito orario e con riferimento, sotto il profilo della quantificazione, alle misure unitarie orarie proprie del lavoro straordinario secondo la contrattazione collettiva. Il giudice di rinvio non dovrà, invece, attribuire rilievo ai limiti orari di ricorso allo straordinario eventualmente previsti dalla medesima contrattazione, né ad altri vizi degli incarichi con cui è stato disposto l'impiego del lavoratore nel servizio di dialisi estiva.

La decisione della Corte di Cassazione in commento si inserisce nell'orientamento consolidato secondo cui in tema di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto, che presuppone la previa autorizzazione dell'amministrazione, spetta al lavoratore anche laddove la richiesta autorizzazione risulti illegittima e/o contraria a disposizioni del contratto collettivo. Tale orientamento individua infatti la fonte regolatrice di riferimento nell'art. 2108 c.c., applicabile anche al pubblico impiego contrattualizzato, interpretato alla luce degli artt. 2 e 40 del d.lgs. n. 165/2001 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e dell'art. 97 Cost.. In base al combinato disposto di tale norme, il diritto al compenso per lavoro straordinario, rispetto ai vincoli previsti dalla disciplina collettiva, sorge unicamente per effetto dell'autorizzazione datoriale che costituisce il solo elemento che condiziona l'applicabilità dell'art. 2126 c.c. (Cass. n. 23506/2022).

Con particolare riferimento al comparto sanità, la Corte precisa che il riconoscimento del diritto a prestazioni c.d. "aggiuntive" - ai sensi dell'art. 1 del d.l. n. 402/2001 richiamato ratione temporis dalla contrattazione collettiva di comparto - è subordinato al ricorrere dei presupposti (i) dell'autorizzazione regionale, (ii) della presenza in capo ai lavoratori di requisiti cc. dd. soggettivi e (iii) della determinazione tariffaria.

Tuttavia, i tre elementi sopra individuati non costituiscono presupposti né condizioni del diritto del lavoratore alla retribuzione straordinaria, ma piuttosto condizioni di responsabilità amministrativa-contabile.

Come nel rapporto di lavoro privato, il diritto del lavoratore al compenso per lavoro straordinario nella misura prevista dalla contrattazione collettiva, sorge, infatti, pur in mancanza dei menzionati presupposti, purché sussista il consenso datoriale che è il solo elemento che condiziona l'applicabilità dell'art. 2126 c.c., in relazione all'art. 2108 c.c. Il superamento dei limiti e delle regole riguardanti la spesa pubblica rileva, invece, ai soli fini della responsabilità dei funzionari verso la pubblica amministrazione (Cass. n. 18063/2023; analogamente, sempre sul servizio di dialisi estiva della ASP di Reggio Calabria, v. Cass. nn. 17641/2023 e 11946/2024).

Tale principio generale è stato, peraltro, ritenuto valido e rilevante anche nel decidere a favore dei lavoratori in fattispecie limitrofe, quali quelle della remunerazione a titolo di straordinario delle prestazioni rese a titolo di compenso incentivante (Cass. 25969/2023) o quella delle prestazioni rese a favore di terzi con il consenso dell'amministrazione di appartenenza (Cass. 27842/2023), laddove vi sia superamento del debito orario.

Quanto alla nozione di “consenso datoriale” la decisione della Suprema Corte precisa che per autorizzazione, nell'ambito del lavoro straordinario, si intende il fatto che le prestazioni lavorative non siano svolte insciente vel prohibente domino, ma effettuate con il consenso del datore di lavoro, espresso o implicito in base a comportamento concludente.

Sotto tale ultimo profilo, con particolare riferimento alla necessità dell'autorizzazione datoriale, la giurisprudenza di legittimità, muovendo proprio dalla unicità della condizione in questione ai fini della riconoscibilità del diritto alla retribuzione maggiorata, aveva già avuto occasione di escludere la remunerabilità della prestazione di lavoro frutto di libera determinazione del singolo dipendente e non strettamente collegato a esigenze di servizio preventivamente vagliate, sul piano della necessità ed utilità per la P.A., dal dirigente responsabile (ex multisCass. 23506/2022).

Più discusse sono le caratteristiche dell'autorizzazione in questione.

Secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente l'autorizzazione datoriale allo svolgimento del lavoro straordinario deve essere preventiva ed espressa: “Non può esser riconosciuto alcun compenso al pubblico dipendente per lavoro straordinario, quando manchi una preventiva formale autorizzazione da parte della P.A. datrice di lavoro, solo in questo modo essendo possibile verificare nel rispetto dell'art. 97 Cost., la reale esistenza delle ragioni di pubblico interesse che rendono opportuno il ricorso a prestazioni lavorative eccezionali” (Consiglio Stato Sez. V, 8 marzo 2001, n. 1352; Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 febbraio 1994, n. 139; Consiglio di Stato, sez. V, 17 febbraio 1994, n. 587; Consiglio di Stato, sez. V, 11 novembre 1994, n. 1277; Consiglio. di Stato, sez. V, 27 dicembre 1999, n. 2160).

Esiste, tuttavia, un orientamento che ammette l'autorizzazione implicita a determinate condizioni come in occasione di specifiche e individuate attività alle quali il dipendente deve obbligatoriamente partecipare connesse ad esigenze organizzative cogenti, ovvero nell'espletamento di un determinato servizio indispensabile che l'Amministrazione è obbligata a garantire trattandosi di assolvimento di compiti irrinunciabili (Consiglio di Stato, sentenza n. 3945/2001). In queste situazioni, qualora l'attività lavorativa “sia stata richiesta dal datore di lavoro oltre il debito orario ed integri gli estremi del lavoro straordinario, il personale deve essere specificamente compensato, nei termini stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale (o da quella integrativa che alla prima si conformi)”, con la precisazione che “Non è di ostacolo a siffatto esito la mancanza (…) di una autorizzazione formale o di uno o più atti separati che ne disciplinino nel dettaglio l'esecuzione ed il compenso” (Cass. 27878/2023).

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