Infortunio in itinere: riconoscimento della tutela anche durante la fruizione di un permesso per motivi personali
31 Ottobre 2024
Massima Nell'ottica del contemperamento di interessi non può sostenersi che il lavoratore, mentre esercita un diritto alla sospensione dell'attività lavorativa riconosciuto dalla legge per il godimento di diritti costituzionalmente garantiti, non sia tutelato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro. Il caso Infortunio in itinere durante la fruizione di un permesso personale La ricorrente, dipendente dell'Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli, in seguito alle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 adottate nel 2020, svolgeva la prestazione lavorativa in modalità “smart working”, alternando presenza in sede e presso la propria abitazione, sulla base di una programmazione bisettimanale. In data 23 settembre 2020, mentre stava svolgendo la prestazione dalla propria abitazione, comunicava all'Ufficio di appartenenza di dover usufruire di un permesso personale per andare a prendere a scuola la figlia di sette anni. Nel tragitto da casa a scuola, percorso a piedi, rovinava improvvisamente al suolo, provocandosi una seria distorsione alla caviglia destra. Recatasi al Pronto Soccorso denunciava l'infortunio in itinere, che veniva, però, rigettato dall'INAIL. La questione Le motivazioni del mancato riconoscimento dell'infortunio in itinere da parte dell'INAIL L'INAIL rigetta la domanda perché non riconosce il “rischio lavorativo”, in quanto la caduta verificatasi per strada sarebbe riconducibile al “rischio generico incombente su tutti i cittadini e comune ad altre situazioni del vivere quotidiano”. Inoltre, non si tratterebbe di un infortunio in itinere, perché è avvenuto mentre la lavoratrice godeva di un permesso per motivi personali. Secondo l'Istituto, durante la fruizione di permessi cessa ogni legame con l'attività lavorativa, non essendo configurabile alcun percorso necessitato, tantomeno predeterminato o predeterminabile. Alla luce di ciò, l'evento infortunistico verificatosi non può essere indennizzato. Le soluzioni giuridiche La decisione del Tribunale di Milano e i precedenti di legittimità Il Tribunale di Milano accoglie il ricorso della lavoratrice, dichiarando la sussistenza dell'occasione di lavoro posta alla base dell'infortunio verificatosi e accertando – mediante consulenza tecnica d'ufficio – la presenza di postumi invalidanti tali da determinare un grado di menomazione permanente dell'integrità psico-fisica pari all'8%. Di conseguenza, condanna l'INAIL a corrispondere alla ricorrente un indennizzo, oltre al pagamento delle spese di lite e della CTU. La pronuncia milanese non è isolata, in quanto si colloca nel solco di un orientamento già tracciato dalla Corte di cassazione (v. Cass. n.10750/2001; Cass. n. 17167/2006; Cass. n. 15973/2007; Cass. n. 6211/2008). Recentemente, con l'ordinanza dell'8 settembre 2020, n. 18659, la Suprema Corte ha affermato che l'infortunio in itinere è ricompreso nella tutela INAIL anche quando il lavoratore percorra il tragitto in fruizione di un permesso per motivi personali. Al riguardo, proprio una circolare INAIL (circ. 18.12.2014, n. 62) ha riconosciuto l'indennizzabilità dell'infortunio in itinere occorso al lavoratore nel tragitto casa-lavoro, interrotto o deviato per accompagnare il proprio figlio a scuola. D'altronde, l'art. 12 del d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 prevede l'esclusione della tutela dell'infortunio in itinere nel “caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate […]. L'interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti”. Osservazioni Il contemperamento tra diritti costituzionalmente tutelati Il punto cruciale della pronuncia in commento è proprio il riconoscimento del fatto che “la fruizione di un permesso di lavoro per motivi personali non interrompe ex sé il nesso rispetto all'attività lavorativa”, perché potrebbe trattarsi di una interruzione o deviazione necessitata ai sensi dell'art. 12 del d. lgs. n. 38/2000. I permessi retribuiti, infatti, sono riconosciuti dall'ordinamento in ipotesi tassative, previste dalla legge o dai contratti collettivi, per le quali l'ordinamento ha già operato un bilanciamento di interessi, stabilendo la prevalenza di specifici interessi costituzionalmente garantiti del lavoratore nei confronti dell'interesse del datore di lavoro alla continuità produttiva (permessi per l'assistenza ai disabili, permessi e congedi per ragioni familiari, permessi per motivi di studio o per visite mediche…). In tali ipotesi, la sospensione dell'attività lavorativa non dipende da scelte voluttuarie del dipendente, ma è di volta in volta giustificata da ragioni connesse all'esercizio di diritti personali del lavoratore, che, in caso contrario, verrebbero sacrificati. Come sottolinea il Tribunale di Milano, “nell'ottica di tale contemperamento di interessi non può sostenersi che il lavoratore, mentre esercita un diritto alla sospensione dell'attività lavorativa riconosciuto dalla legge, non sia tutelato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro”. E. nel caso di specie, la lavoratrice ha usufruito del permesso personale per l'espletamento delle sue funzioni genitoriali (andare a prendere la figlioletta a scuola), per cui rientra pienamente nella previsione delle interruzioni o deviazioni necessitate “da esigenze essenziali e improrogabili” di cui all'art. 12 d. lgs. n. 38/2000. Riferimenti bibliografici essenziali
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