Fallimento omisso medio: la Cassazione sul concetto “unitario” di insolvenza

Cecilia Cardani
30 Ottobre 2024

La Corte, in linea con l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite, ribadisce la natura dell’insolvenza quale concetto “unitario”, attesa l'inconsistenza di una distinzione concettuale tra l'insolvenza anteriore al concordato e l'insolvenza "nuova" quale base della declaratoria giudiziale.

Massima

Il debitore ammesso ad un concordato preventivo omologato che si renda insolvente nel pagamento dei debiti concordatari può essere dichiarato fallito prima ed indipendentemente dalla risoluzione del concordato.

La risoluzione del concordato rappresenta un rimedio “prettamente contrattuale” teso ad «eliminare gli effetti dilatori e remissori, oltre che segregativi» operante, non già come condizione di fattibilità, ai fini della rimozione dell’obbligatorietà del concordato, allo scopo di restituire al creditore anteriore la libertà di agire senza limiti concordatari, e per l’intero.

Il caso

La vicenda riguarda la dichiarazione di fallimento di una società nel corso della fase di esecuzione di un concordato preventivo liquidatorio omologato. Il fallimento è stato pronunciato dal Tribunale, su iniziativa della Procura della Repubblica, in base alla relazione del commissario giudiziale che attestava l'insolvenza della società nel pagamento dei debiti concordatari, a causa del mancato rispetto del piano di liquidazione nonché a causa del venir meno delle condizioni per onorare i crediti prededucibili sorti nell'ambito della procedura concordataria.

La società ha impugnato la sentenza di fallimento davanti alla Corte d'appello, che ha accolto il reclamo, ritenendo esistente un semplice inadempimento degli obblighi concordatari e non già anche una situazione di insolvenza. Il curatore fallimentare ha quindi proposto ricorso per cassazione.

Con l'unico motivo del ricorso principale, il curatore fallimentare ha denunciato la violazione o falsa applicazione degli artt. 5,160 e 186 l. fall., sostenendo come la Corte d'appello avesse errato nel ritenere esistente la semplice condizione di inadempimento degli obblighi concordatari anziché la correlata condizione di insolvenza, non considerando che esistevano debiti concordatari prededucibili maturati e non soddisfatti, tali da rendere impossibile l'esecuzione del concordato. Il ricorrente ha quindi asserito che la Corte d'appello sarebbe incorsa in un errore giuridico per non aver rapportato l'assunto circa l'esistenza di un inadempimento delle obbligazioni concordatarie all'immediata inerenza causale sul (nuovo) stato di insolvenza.

Con il primo motivo del ricorso incidentale, invece, la società dichiarata fallita, controricorrente e ricorrente incidentale, ha denunciato a sua volta la violazione o falsa applicazione degli artt. 186,5 e 7 l. fall., censurando l'ammissibilità della declaratoria di fallimento senza previa risoluzione del concordato preventivo omologato (i.e. omisso medio).

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha accolto il ricorso principale, rigettato il ricorso incidentale e cassato la decisione della Corte d'appello, con rinvio per nuovo esame della medesima Corte d'appello, in diversa composizione, nonché per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Le questioni

Con il provvedimento in oggetto la Corte di Cassazione si occupa di diversi profili inerenti l'ammissibilità del fallimento c.d. omisso medio. In particolare, la Corte ribadisce l'adesione all'orientamento espresso dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 4696 del 14 febbraio 2022 secondo cui, nella disciplina della legge fallimentare risultante dalle modifiche apportate dai d.lgs. n. 5 del 2006 e n. 169 del 2007, il debitore ammesso al concordato preventivo omologato, che si dimostri insolvente nel pagamento dei debiti concordatari, può essere dichiarato fallito, su istanza dei creditori, del pubblico ministero o sua propria anche prima e indipendentemente dalla risoluzione del concordato ex art. 186 l. fall.

Nel dettaglio, la Suprema Corte ha osservato che la Corte d'appello, pur avendo correttamente riconosciuto la possibilità di dichiarare il fallimento omisso medio, ne avrebbe disatteso l'essenza stessa, poiché, condividendo ed accogliendo le doglianze della società, ha riconosciuto che si sarebbe configurato unicamente un inadempimento di obbligazioni concordatarie senza l'integrazione di una “nuova insolvenza”, diversa ed ulteriore rispetto a quella già dichiarata e oggetto del ricorso allo strumento concordatario, e  sarebbe entrata in contraddizione rispetto ai riscontri fattuali operati dal Tribunale.

La Corte di Cassazione chiarisce anzitutto come, dal punto di vista logico, non possa sostenersi che non ricorra la condizione di insolvenza “nuova” in presenza dell'inadempimento o comunque dell'impossibilità di far fronte al pagamento dei crediti prededucibili sorti in costanza di concordato. Ciò in quanto i titolari dei crediti prededucibili posteriori all'omologazione del concordato non sono assoggettati alle regole del concorso e non sono legittimati a chiedere la risoluzione del concordato, di talché l'impossibilità della società in concordato ad adempiere alle suddette passività si configurerebbe in ogni caso quale insolvenza “nuova”.

La Suprema Corte, fermo quanto precede, è giunta poi ad osservare come dal principio dell'ammissibilità del fallimento omisso medio discende l'inconsistenza, a fronte della mancata esecuzione delle obbligazioni concordatarie, di una distinzione concettuale tra insolvenza “nuova” o di insolvenza “originaria”, ossia anteriore al concordato.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha quindi osservato come l’insolvenza rappresenti un concetto unitario relativo all’inadempimento sia delle obbligazioni concordatarie che delle obbligazioni sorte in corso di procedura.

Pertanto, quello della – previa – risoluzione del concordato dovrà essere qualificato come rimedio di carattere prettamente contrattuale, volto ad eliminare gli effetti dilatori e remissori, oltre che segregativi della procedura medesima.

In altre parole, nei casi in cui lo stato di insolvenza si qualifichi come perdurante anche dopo l’omologa del concordato, la risoluzione del concordato medesimo opererà, non già quale condizione di fattibilità, bensì al diverso fine di rimuovere il carattere obbligatorio del concordato per i creditori anteriori, restituendo quindi ai medesimi la libertà di agire facendo valere il proprio credito per l’intero e non già nella misura falcidiata dalla proposta concordataria.

Osservazioni

La decisione della Corte di Cassazione si pone in linea con l'orientamento affermato dalle Sezioni Unite (pronuncia Cass. 14 febbraio 2022, n. 4696) che hanno sostenuto la perfetta percorribilità del fallimento omisso medio ed escluso, dal punto di vista processuale, la ricostruzione del rapporto tra art. 186 l. fall. e le regole generali dettate dagli articoli 5 e 6 l. fall. in termini di specialità.

Per completezza, occorre dare atto che il legislatore, nell'ambito del codice della crisi, ha inteso prendere posizione sull'istituto della liquidazione giudiziale omisso medio, con l'introduzione della nuova regola dell'art. 119, comma 7, c.c.i.i., secondo cui: «Il tribunale dichiara aperta la liquidazione giudiziale solo a seguito della risoluzione del concordato, salvo che lo stato di insolvenza consegua a debiti sorti successivamente al deposito della domanda di apertura del concordato preventivo».

Le questioni connesse al tema in esame non possono comunque dirsi allo stato superate, essendo attualmente dibattuto quale sia l'esatto perimetro applicativo della norma di cui all'art. 119, comma 7, c.c.i.i., anche dal punto di vista processuale e temporale e con particolare riguardo al caso dei concordati preventivi introdotti ed omologati nella vigenza della legge fallimentare ma ancora in corso di esecuzione al momento dell'apertura della liquidazione giudiziale.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.